Uno scenario chiaroscurale. È questo quello dipinto dalla Commissione europea in merito all’Italia. L’impressione è che, ancora una volta, sia stata data al governo di Enrico Letta una fiducia a tempo. Del resto, l’attenzione di Bruxelles su Roma resta massima. Nessuna deriva sui conti pubblici, nessuno slancio sulla spesa, spazi di manovra ridotti al lumicino e completamento della spending review. Sono queste le linee guida. Certo, uno scenario ben differente rispetto a quello di due anni fa, quando dalla Commissione Ue arrivano moniti pesantissimi verso l’Italia. Non per questo, però, si può tirare un sospiro di sollievo.
Sul versante delle statistiche, le novità sono poche. I dati della Commissione europea lasciano intravedere un piccolo spazio per l’ottimismo sotto il profilo della ripresa economica. Un sussulto ci sarà, seppure lieve, nel 2014, con la crescita del Pil dello 0,7 per cento. Meglio andrà nel 2015, quando il Pil italiano registrerà un incremento di 1,2 punti percentuali. La Commissione ha voluto usare molta cautela nel trattare i dati sul deficit, che sia per l’anno in corso sia per il biennio successivo sarà sotto quota 3 per cento. Un vero e proprio sospiro di sollievo per il governo di Enrico Letta, che così potrà contare sulla dote, circa 4 miliardi di euro, ottenuta dopo la chiusura della procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Il debito pubblico resterà oltre il 130% del Pil fino almeno al 2016. Con buona pace del Fondo monetario internazionale (Fmi), che ipotizzava un calo sostenuto già a partire dal 2015.
Tuttavia, c’è un ottimismo che non va a genio alla Commissione Ue. Si tratta di quello ostentato da Fabrizio Saccomanni, che ancora oggi ha smentito le stime della Commissione, ricordando al commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn che il Pil italiano crescerà di 1,1 punti percentuali nel 2014, 4 decimali in più rispetto le previsione di Palazzo Berlaymont. Bruxelles vorrebbe più realismo da parte del Tesoro. Sul fronte della domanda interna, infatti, ci sono i maggiori problemi. Nel 2014 crescerà dello 0,5 per cento. Troppo poco per poter sperare in una ripresa esente da shock esogeni. Questi potrebbero presentarsi sotto diverse forme. Le esportazioni cresceranno del 3,6% nel 2014 e del 4,8% nell’anno successivo. Ma in caso di calo della domanda globale, gli sviluppi per l’Italia potrebbero essere significativi. In quest’ottica molto dipenderà dal ritiro della liquidità erogata dalla Federal Reserve tramite il Quantitative Easing (QE). Dalla Commissione europea ne sono consapevoli e sanno che eventuali shock esterni potranno danneggiare le economie più vulnerabili, come l’Italia. Ne è convinta anche HSBC, la quale nell’ultimo global outlook ha notato che le conseguenze dell’assottigliamento del QE potranno essere rilevanti anche per l’eurozona. Traduzione: la ripresa italiana, tanto tiepida quanto dipendente dall’export, può essere vanificata in fretta. È questo il rischio maggiore, nel medio periodo.
Non sembra preoccupare, invece, il costo della spesa per interessi passivi sul debito. La Commissione europea non ha dubbi: con l’attuale calma dei mercati finanziari, i rendimenti dei titoli di Stato italiani non dovrebbero incidere troppo sul bilancio dello Stato. Nello specifico, secondo i dati del Tesoro, per il prossimo anno questo capitolo di spesa è stimato aggirarsi intorno agli 80 miliardi di euro. Meno, molto meno, che le previsioni di inizio anno. Merito di Mario Draghi, soprattutto, e delle sue Outright monetary transaction (Omt), le operazioni di mercato aperto con le quali la Banca centrale europea (Bce) può intervenire a supporto di uno Stato sotto pressione sul mercato obbligazionario.
Di fronte a questi numeri, chiaroscurali appunto, c’è una certezza. La fiducia di Bruxelles nei confronti di Letta è ancora elevata, ma a patto che la road-map sia rispettata. Ed è anche merito di Carlo Cottarelli, il responsabile della spending review arrivato dal Fondo monetario internazionale, se l’Ue ha deciso di essere così soft con l’Italia. Il lavoro di Cottarelli è visto di buon occhio dai funzionari della Commissione, che si attendono un monitoraggio serrato della spesa pubblica e una sua razionalizzazione. «È un bene per l’Italia che sia arrivato Cottarelli, che è un segnale di stabilità e credibilità che fa bene al Paese», afferma una fonte diplomatica italiana a Linkiesta. La Commissione potrà anche non digerire l’ottimismo di Saccomanni, l’opacità nelle coperture della Legge di stabilità, o la poca azione sul fronte degli investimenti per sostenere la domanda interna, ma almeno non ha staccato la spina all’Italia.