L’Intervista“L’Ucraina è stanca di corruzione e malgoverno”

Intervista a Massimiliano Di Pasquale

Mentre l’euroscettismo conquista sempre maggiori consensi nei paesi dell’eurozona, tanto da sconvolgere l’assetto politico di interi paesi, in Ucraina la piazza continua l’agitazione per l’Europa. Stavolta per entrarci. Ma cosa sta succedendo a Kiev, ormai da più di una settimana? Massimiliano Di Pasquale, scrittore, fotogiornalista, membro dell’Aisu (Associazione Italiana di Studi Ucraini) e autore di diversi libri sull’Ucraina, spiega che questa volta non siamo di fronte alla solita contrapposizione tra filorussi e filo-occidentali ma a qualcosa di più unificante, di diverso. La scintilla che ha acceso la protesta? Il rifiuto da parte del Presidente ucraino Viktor Yanukovych di firmare un accordo di libero scambio con l’Unione Europea a Vilnius il 29 novembre, dopo averlo inizialmente promesso.

Massimiliano Di Pasquale, cosa sta scatenando una rivolta così grande?
Innanzitutto la situazione politica: da quando è stato eletto nel 2010, il presidente Yanukovych ha deluso ogni aspettativa, compresa la speranza di ottenere qualche concessione e agevolazione da Mosca. Mentre in questi tre anni, tanto per fare un esempio, il figlio del presidente, Oleksandr, da signor nessuno è diventato uno degli uomini più ricchi del Paese. Troppa corruzione e un restringimento dei diritti democratici hanno stancato gli ucraini. Anche se ultimamente aveva dato qualche timido segnale di apertura verso Bruxelles, quest’ultima giravolta del governo ucraino sull’Accordo di libero scambio con l’Ue ha fatto perdere la pazienza. E ha fatto sì che gli ucraini tornassero in piazza dopo nove anni dalla rivoluzione arancione. Spiegazione per la marcia indietro di Kiev ce ne sono: il Presidente si è incontrato segretamente una settimana fa con Putin, il quale gli ha promesso il suo sostegno, anche economico, per la campagna elettorale del 2014, che si preannuncia molto dura. In questi mesi c’è stato uno scollamento anche con i membri del suo Partito delle regioni in Parlamento. A spingere Mosca a questo passo, la volontà di far entrare anche l’Ucraina nella “piccola Unione Sovietica” che Putin ha in mente, l’Unione doganale euro-asiatica. Un piccolo impero nel quale si vocifera che possa entrare anche la Siria e dove già sono entrati Bielorussia e Kazakistan  Ecco perché tutto il paese è sceso in piazza, per chiedere di aderire alla Ue. Perché in questi ultimi anni, a differenza che per la famiglia di Yanucovych, in Ucraina l’economia è andata maluccio.

Quali altre misure in campo economico hanno contribuito all’attuale status quo?
Durante l’epoca del presidente Yushenko (tra 2005 e 2010, ndr), specialmente a Kiev, c’era stato un fiorire di piccole e medie imprese: ristoranti, pizzerie, piccoli centri commerciali. E non per merito di Yushenko, questo va detto. Con l’avvento di Yanucovych e della sua coalizione di governo con i comunisti, però, questa tendenza è stata stroncata a colpi di tasse, mentre gli oligarchi che hanno sostenuto e finanziato il partito delle Regioni hanno ricevuto numerosi sgravi fiscaliQueste misure hanno colpito la classe media imprenditoriale, per lo più europeista, e hanno favorito i proprietari degli obsoleti impianti di estrazione e lavorazione del carbone nel bacino del Don. La corruzione poi non è stata nemmeno minimamente combattuta, facendo aumentare la disaffezione anche in chi aveva votato Yanukovich.

Quindi queste manifestazioni non coinvolgono solo i sostenitori della rivoluzione arancione?
No. Anche chi ha eletto Yanucovych è fortemente deluso da lui. Ci sono state manifestazioni anche a Odessa, a Donetsk e a Dnepropetrovsk, città abitate in gran parte da russi. Persino a Simferopoli, capitale della Crimea, regione storicamente russa fino al 1961 (quando Nikita Krusciov la cedette all’Ucraina, ndr) c’è stata una piccola manifestazione di un centinaio di persone per l’adesione alla Ue. A proposito di Crimea, nel 2010 Yanukovych ha ceduto in affitto la base navale di Sebastopoli alla Russia fino al 2054, con la promessa di un forte sconto sul costo del gas da parte di Gazprom. Sconto che non è stato poi ottenuto.

Come sta reagendo Mosca nei confronti di queste proteste?
Putin negli ultimi anni ha trattato molto male e con diffidenza l’alleato ucraino. Con il confine cintato con filo spinato, e la minaccia costante di tagliare le forniture di gas e petrolio. Per questo Putin non ha molti fan nel paese, se non chi lavora nelle aziende dell’indotto della base navale di Sebastopoli, o nelle miniere sussidiate del Donbass. O chi simpatizza per il partito comunista  Yanucovych, che in questi anni ha tentato una “politica dei due forni” per non scontentare troppo l’opposizione filo-occidentale. In questo modo si è però rivelato anche peggio del suo mentore Leonid Kuchma, ex presidente ucraino dal 1994 al 2004, che ultimamente si è schierato a favore dell’adesione alla Ue, insieme al primo presidente Leonid Kravchuk e all’ex presidente Viktor Yushenko. Ma Mosca si è anche spinta a boicottare il cioccolato prodotto dalla Roshen, azienda dolciaria ucraina leader nel settore.

Con quali motivazioni il governo russo ha avviato questo boicottaggio?
Nel luglio scorso girava la voce che la cioccolata e i dolci prodotti dalla Roshen contenesseeo benzopirene, una sostanza nociva. Poi a ottobre l’ambasciatore russo a Kiev, Michail Zurabov, dopo aver verificato che i dolci erano sicuri, si è scusato con l’azienda, ribadendo tuttavia che tutti i prodotti della fabbrica avevano problemi e necessitavano di maggiori «certificazioni». Il danno economico alle esportazioni comunque era già stato fatto. Non è senza motivo questa mossa: il proprietario della Roshen, Petro Poroshenko, era uno dei finanziatori di Viktor Yushenko e proprietario di Canal 5, rete privata che trasmise in diretta la rivoluzione arancione. Insomma, un avvertimento, se vogliamo, a chi vuole aderire all’Unione Europea.

Martedì 26 novembre in Italia si è firmato l’accordo di libero scambio con la Russia. Come si sta posizionando il governo italiano verso la protesta ucraina?
La dice lunga l’assenza completa della notizia delle rivolte dai telegiornali Rai di questi giorni. Forse si è trattato di una semplice disattenzione, ma quantomeno può destare sospetti il fatto che la notizia non esca proprio nei giorni della visita di Putin in Italia. Ma ciò non mi stupisce affatto: nonostante la comunità di ucraini in Italia sia una delle più grandi d’Europa, la nostra politica estera è costantemente filorussa. Se Berlusconi è uno dei migliori amici di Putin, Romano Prodi ha sempre sostenuto che un’adesione dell’Ucraina all’Ue è improbabile tanto quanto quella della Nuova Zelanda.

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