Il 2013 egizianoEgitto, fallita la democrazia è tornata la violenza

Torna il terrorismo in Egitto

IL CAIRO – Il 2013 è stato un anno sanguinoso per l’Egitto. È iniziato con l’approvazione nel gennaio scorso della Costituzione voluta dagli islamisti. Da quel momento in poi, la discesa dei Fratelli musulmani verso il baratro della clandestinità è stata inesorabile. Il presidente eletto Mohammed Morsi ha attuato una politica economica incentrata su privatizzazioni e finanza islamica. In questo modo ha disatteso le richieste di giustizia sociale che venivano da ampi strati della popolazione egiziana. Non solo, escludendo gran parte dei movimenti laici dalla gestione politica, ha polarizzato il discorso politico.

Tutto questo fino al 30 giugno scorso, quando una grande manifestazione, organizzata dal movimento di raccolta firme per le dimissioni di Morsi Tamarrod (ribelli), e sostenuta da esercito, polizia, giudici, movimenti laici e uomini del vecchio regime ha capovolto la transizione democratica del Paese. Il tre luglio 2013 l’esercito ha messo in atto il suo ultimatum contro Morsi procedendo al controverso golpe che ha riportato indietro l’Egitto agli anni della repressione e dello stato di emergenza imposti dall’ex presidente Hosni Mubarak.

Il terrorismo arriva in Egitto

Il terrorismo è tornato davvero nelle città egiziane. Tre gravi esplosioni negli ultimi due giorni hanno provocato 16 morti a Mansoura, città del Delta del Nilo, e vari feriti alle porte dell’Università Al Azhar. Altri tre ordigni sono stati rinvenuti a due passi da piazza Rabaa al Adaweya dove ha avuto luogo per oltre 40 giorni il sit-in islamista fino allo sgombero del 14 agosto scorso che ha provocato oltre 700 morti.

Subito dopo l’attentato alla sede dei Servizi di sicurezza e di polizia di Mansoura, Ansar Beit al-Maqdisi, gruppo jihadista del Sinai, ha rivendicato l’attacco. Poche ore dopo, l’ex primo ministro dell’anno di presidenza Morsi, Hisham Qandil è stato tratto in arresto nella prigione di Torah. L’accusa per Qandil riguarda la mancata nazionalizzazione della Tanta Oil Company nonostante una sentenza in questo senso della Corte amministrativa del Cairo.

In seguito a questi episodi e dopo mesi di annunci, il governo egiziano ha ufficialmente dichiarato «organizzazione terroristica» i Fratelli musulmani, vietando manifestazioni promosse dai suoi sostenitori, inasprendo censure e provvedimenti contro i suoi seguaci. Il vice premier Hossam Eissa ha aggiunto che chi appartiene al movimento subirà punizioni. «L’Egitto prova orrore per l’odioso crimine perpetrato dai Fratelli musulmani», ha commentato Eissa. Non è chiaro se il primo partito del Paese, emanazione della Fratellanza, Libertà e giustizia verrà bandito dalla scena politica, mentre l’organizzazione non governativa registrata ufficialmente lo scorso anno è stata già dichiarata illegale da una sentenza dello scorso settembre. Gli islamisti hanno fatto subito sapere che le manifestazioni continueranno nonostante le censure governative. Non solo, poche ore prima i Fratelli musulmani avevano annunciato che oltre 450 membri della confraternita detenuti, fra cui alcuni stretti collaboratori del presidente deposto Mohamed Morsi, hanno iniziato lo sciopero della fame. I detenuti protestano contro il «trattamento disumano» a cui sono sottoposti. 

Quarto processo contro Morsi e gli effetti della legge anti-proteste

Con il 2014, saranno evidenti i primi effetti della legge anti-proteste, approvata dopo la fine dello stato di emergenza del novembre scorso e che vieta manifestazioni non autorizzate. La legge ha già mietuto le prime vittime: gli attivisti di 6 aprile Ahmed Maher, Ahmed Douma e Mohamed Adel. Sono stati condannati a tre anni per aver organizzato una manifestazione non autorizzata nel centro del Cairo. L’Unione europea ha espresso preoccupazione per la sentenza di condanna contro i tre attivisti egiziani. L’Alto rappresentante per la politica Estera dell’Ue, Catherine Ashton ha auspicato una revisione della condanna in appello e ha criticato la norma che limita le manifestazioni (che ha di fatto sostituito lo stato di emergenza, conclusosi nel novembre scorso). Critiche dall’Ue sono arrivate anche per le perquisizioni e gli arresti sommari degli attivisti socialisti dell’Ecesr, Centro di ricerca economica, guidato dall’ex candidato alle presidenziali Khaled Ali.

A partire da gennaio, saranno ben quattro i processi che dovrà affrontare l’ex presidente Morsi. Per settimane è stato tratto in arresto senza un’accusa certa e in località segreta. L’imputazione più vicina in ordine di tempo è stata avanzata dal procuratore egiziano Hassan al Samir che ha accusato Morsi di evasione dalla prigione di Wadi Natroun, a nord del Cairo. L’imputazione è stata formulata anche ad altre 129 persone, 68 delle quali apparterebbero al movimento palestinese Hamas.

Ma questo è solo l’ultimo procedimento contro l’ex presidente. Il terzo processo, in cui Morsi rischia la pena di morte riguarda accuse di spionaggio e cospirazione con organizzazioni terroristiche straniere. Secondo i giudici, Morsi avrebbe dato vita a un’alleanza con i movimenti palestinese Hamas e sciita libanese Hezbollah. È partito il dibattimento per le accuse di corruzione nella gestione politica dopo un anno al potere dei Fratelli musulmani. Mentre l’8 gennaio si aprirà la seconda udienza del processo in cui Morsi è accusato di aver incitato alla violenza contro i manifestanti negli scontri di Ittihadeya, quando lo scorso dicembre morirono 7 persone al Cairo.

L’evasione contestata a Morsi riguarda la fuga dal carcere del 28 gennaio 2011 quando le forze di polizia sparirono dalle strade del Cairo e centinaia di detenuti invasero i quartieri popolari della città. Molti di loro erano ex esponenti della Fratellanza e salafiti che avevano passato anni in prigione prima di ottenere la libertà. Anche svariati criminali vennero liberati dal carcere quella notte e, in accordo con uomini del dissolto Partito nazionale democratico, hanno continuato per mesi a perpetrare azioni di piccola criminalità, innescando la necessità del ritorno alla stabilita. Samir ha definito l’evasione di quella notte come il «crimine terroristico più pericoloso che il paese abbia mai visto». Il procuratore ha riferito anche della detenzione di tre poliziotti, arrestati al Cairo e condotti nella Striscia di Gaza. L’episodio, secondo i giudici, sarebbe collegato alla fuga dell’ex presidente Morsi dal carcere. Varie indagini sono state aperte in merito dalla polizia.

Il rappresentate regionale di Human Rights Watch, Sarah Leah Whiston ha definito le accuse «assolutamente fantasiose». «Il governo vuole sterminare i Fratelli musulmani come gruppo di opposizione politica», prosegue la nota. Il sito della Fratellanza Ikwanonline e il governo in esilio a Parigi hanno parlato di imputazioni «ridicole e fabbricate da una magistratura alleata dei militari golpisti».

Nel 2014 in Egitto si svolgeranno tre tornate elettorali. Il referendum costituzionale del 14 e 15 gennaio sarà il primo banco di prova per i militari. La Costituzione da loro voluta non tocca i privilegi dell’esercito e neppure amplia significativamente i diritti sociali nel Paese. Tuttavia, in seguito all’annunciato boicottaggio degli islamisti si prefigura l’approvazione della Costituzione. A quel punto sono aperte le strade per le elezioni presidenziali e parlamentari. Per le prime già si prefigura la discesa in campo del Capo delle Forze armate Abdel Fattah Sisi, un militare a guida della Repubblica riprodurrebbe la relazione tra élite politica e militare delle presidenze Nasser, Sadat e Mubarak. Ma alle parlamentari la Fratellanza potrebbe di nuovo far sentire la sua voce, ottenendo seggi tra i candidati indipendenti. Lo scontro tra militari e islamisti prosegue senza tregua e potrebbe segnare un Paese già gravemente colpito da anni di crisi economica e stato di emergenza.