In tempi in cui la maggior parte dei produttori di contenuti scappano dal mondo fatto di carta di libri, riviste e giornali, c’è ancora chi va controcorrente e dall’immaterialità del web diventa di carta, di carta patinata, in questo caso. Stiamo parlando di Gianni, il grande libro che il deboscio ha dato alle stampe circa un mese fa, 200 e passa pagine di entrate a gamba tesa sul mondo che ci circonda, edite dalla casa editrice Visiogeist.
Prima di procedere, ci sono tre cose che dovete sapere se non avete mai sentito parlare del deboscio.
1. il deboscio si scrive minuscolo.
2. il deboscio è un progetto che non sarebbe potuto nascere da nessun’altra parte se non a Milano, perché il deboscio è la reazione di Milano a Milano.
3. se volete entrare nel mondo del deboscio e goderne, dovete prima abbandonare qualsiasi traccia di buonismo, moralismo e ottimismo che alberga in voi, vi sarebbe solo d’impiccio.
Breve fenomenologia del deboscio
Se l’intero mondo della cultura italiana – nell’accezione più allargata del termine, da internet alla tv, dalle riviste ai social network – fosse un organismo pluricellulare complesso, il deboscio me lo immaginerei con la funzione dell’apparato digerente, mentre inghiotte tutto ciò che viene prodotto quotidianamente, lo digerisce e lo risputa fuori sotto forma di grafiche, infografiche, fotomontaggi, meme, liste, mappe, adbusting di loghi e di pubblicità di ogni tipo. Ecco qualche esempio.
Lo sporco lavoro del deboscio – un lavoro prezioso – non limita il suo campo agli anni zero del Duemila, ma va ben oltre. Le sue radici sono profondamente ancorate al periodo in cui si è iniziato a costruire lo sfacelo social-culturale che stiamo vivendo in questi anni, ovvero gli anni Ottanta, il vero inizio dell’epoca berlusconiana – che tutti si ostinano a chiamare ventennio, come se non fosse l’inizio degli anni Ottanta il momento in cui tutto è iniziato.
Un lavoro prezioso, dicevo, perché l’ironia dissacrante e il disilluso cinismo attraverso il quale il deboscio filtra la realtà è l’unica arma per intaccare sul serio i grotteschi vizi intellettuali che ci ammorbano: il buonismo, il moralismo e il benpensantismo, sopra tutti. E così il bersaglio non è, come per molta satira stantia, la classe politica, da Berlusconi in poi. In fondo il bersaglio del deboscio siamo soprattutto noi, i nostri cliché, le nostre abitudini e mode intellettuali.
Che cos’è Gianni?
Gianni è il quarto libro de il deboscio. È un libro di grafica che indaga il genere della fanzine con un taglio parodistico. Gioca con i tormentoni attuali che le sono cari, e li mescola alla subcultura Mediaset che ci ha frullato il cervello.
(Tra l’altro, perché si chiama così?)
Volevamo dare un nome proprio, e il primo nome che di solito ti viene in mente è Gianni.
Come è nato il deboscio, è perché?
È nato nel 2002 come sito. Avevamo semplicemente bisogno di un contenitore di progetti che poi sarebbero diventati reali.
Che fasi ha avuto dall’inizio a oggi?
All’inizio era strutturato come sito statico con i vari progetti. Quasi da subito però c’erano l’etichetta editoriale, quella di abbigliamento, quella musicale. In seguito è diventato un blog/community e dal 2010 siamo arrivati alla forma attuale.
Da dove ha origine la vostra disillusione?
Probabilmente siamo anime anziane.
C’è ancora qualcosa da salvare?
Il bollito misto piemontese, Gigi d’Agostino, Vincenzo Agnetti.
Cosa ne pensi del politically correct?
Penso che sia una fase superata. Tornerà, ma per il momento Internet ne ha decretato la scomparsa, per fortuna.
Cos’è per te il cattivo gusto?
Il cattivo gusto è là dove si nota l’intenzionalità dell’azione, compiuta per ricercare un effetto immediato. L’intenzionalità è di cattivo gusto. Fare le cose non gratuitamente ma per un fine immediato, che poi tra l’altro se andiamo a vedere è quasi sempre meschino.
Cosa ti fa ridere?
Alessandro Gori, Renato Pozzetto e Antonio Rezza.
Cosa ti fa arrabbiare?
Il cambio di programma.
Perché si può ridere di tutto?
Perché non abbiamo molto tempo.
Cosa ne pensi del neobuonismo alla Saviano, Gramellini o Fazio?
Non penso niente, anche perché non li seguo. Però ognuno si ritaglia uno spazio e confeziona un prodotto con quello che può. C’è spazio per tutti.
Secondo il Time il personaggio dell’anno è il papa, secondo il deboscio?
Papa Francesco? Allora per me è il Televideo.