Il prossimo anno voteremo per le europee e per il rinnovo di alcune amministrazioni locali (auspicabilmente non di quelle provinciali). Non è da escludere che si vada alle urne anche per le politiche. Alla vigilia di ogni campagna elettorale, politici, esperti ed elettori si pongono una domanda: la pubblicità elettorale funziona? I messaggi cartacei che inondano la posta, le telefonate di propaganda, le pubblicità televisive e le campagne sui social media: tutti questi strumenti con cui i politici cercano di convincerci a votarli sono efficaci? E, se sì, per quali ragioni? Come elettori, siamo in grado di estrarre informazioni da questi messaggi “di parte” e aggiustare le nostre percezioni sui candidati? Le mutate percezioni influenzano le nostre scelte di voto?
Grazie a uno studio unico nel suo genere, realizzato durante la campagna elettorale per le elezioni del comune di Arezzo nel 2011, siamo in grado di dare una risposta statistica ad alcune di queste domande. (1) In collaborazione con il sindaco uscente in corsa per la rielezione, Giuseppe Fanfani, abbiamo diviso la città in quattro aree identiche. Abbiamo quindi realizzato un “esperimento sul campo”, lasciando che il candidato inviasse messaggi di propaganda diversi (per posta e attraverso telefonate) ad aree delle città selezionate casualmente. (2)
Gli strumenti di propaganda utilizzati dal candidato sono stati due: cartoline colorate spedite per posta; e telefonate di propaganda realizzate da volontari. Le cartoline contenevano la foto del candidato (con la scritta “Fanfani sindaco”), uno slogan elettorale e tre punti con informazioni volte a corroborare lo slogan. Le telefonate consistevano in una breve conversazione di due minuti in cui i volontari prendevano contatto con gli elettori, seguita da un messaggio registrato di trenta secondi con la voce del candidato che leggeva il testo di messaggi identici a quelli delle cartoline. (3)
Per quanto riguarda lo slogan elettorale, ne sono stati predisposti due: un messaggio incentrato sulle qualità del candidato come sindaco uscente: “competenza e impegno” (con punti che richiamavano i maggiori successi dell’amministrazione); un messaggio più politico-ideologico: “ascolto e solidarietà” (incentrato sull’offerta di servizi pubblici per l’infanzia, alloggi e mense per i poveri).
Tutti i messaggi erano informativi e basati su politiche realizzate dall’amministrazione uscente.
Le 95 sezioni elettorali del comune di Arezzo sono state quindi divise in quattro gruppi casuali:
1) 24 sezioni hanno ricevuto il messaggio sulla competenza;
2) 24 sezioni hanno ricevuto il messaggio politico-ideologico;
3) 24 sezioni hanno ricevuto entrambi i messaggi;
4) 23 sezioni non hanno ricevuto nessun messaggio (gruppo di controllo).
I primi tre gruppi sono stati ulteriormente divisi – sempre casualmente – in due: 12 sezioni hanno ricevuto il messaggio cui erano state assegnate sia per posta sia per telefono, le altre 12 sezioni solo per posta. Si è trattato di un esperimento su larga scala, perché tutte le famiglie hanno ricevuto una cartolina e un quarto delle famiglie ha ricevuto anche una telefonata. Naturalmente, la campagna del candidato ha sostenuto i costi diretti di questo sforzo di propaganda, mentre il nostro supporto si è limitato agli aspetti tecnici, legati al disegno degli strumenti comunicativi e dell’esperimento sul campo.
Il nostro gruppo di ricerca ha poi realizzato due sondaggi telefonici su un campione casuale di elettori, per misurare le loro caratteristiche, le percezioni sulla competenza e sul posizionamento ideologico dei principali candidati (sia prima sia dopo la ricezione dei messaggi) e le loro scelte di voto (rilevate il giorno dopo le elezioni).
I quattro gruppi, data l’estrazione casuale delle sezioni elettorali, erano statisticamente indistinguibili rispetto alle loro caratteristiche osservabili prima dell’esperimento: risultati nelle passate elezioni politiche, amministrative, europee e nei referendum, ampiezza della sezione, caratteristiche socio-economiche delle celle censuarie. Questo disegno sperimentale ci ha permesso di stimare gli effetti dei diversi strumenti (posta e telefonate) e dei diversi messaggi (competenza e ideologia) sia sui voti reali nelle sezioni elettorali, sia sui voti dichiarati.
GLI EFFETTI DELLA PROPAGANDA ELETTORALE
I dati aggregati, a livello di sezione elettorale, mostrano con precisione statistica che le telefonate di propaganda, unite alle cartoline, hanno aumentato i voti per il candidato di 2,7 punti percentuali: un effetto di circa il 5 per cento rispetto ai suoi voti. La propaganda realizzata soltanto attraverso le cartoline, invece, non ha sortito alcun effetto. Il messaggio sulla competenza, rispetto al gruppo di controllo, è stato più efficace di quello politico-ideologico, anche se la differenza non è significativa sul piano statistico.
I dati individuali, ottenuti dal sondaggio post-elettorale, confermano i risultati dei dati aggregati, fornendo qualche indicazione in più.L’ampiezza del campione (circa 1.500 intervistati) permette di concludere con maggiore precisione che il messaggio sulla competenza si è rivelato molto più efficace di quello politico-ideologico, incrementando i voti del candidato. Forse sorprendentemente per alcuni, abbiamo trovato anche un effetto significativo sulle percezioni degli elettori rispetto alla competenza e al posizionamento ideologico di Fanfani e della sua principale sfidante, l’ex sottosegretario Maria Grazia Sestini. Percezioni che abbiamo raccolto attraverso una metodologia innovativa che ci ha permesso di misurarne anche l’incertezza.
Gli elettori hanno rivisto le loro percezioni sui candidati proprio sulla base dei messaggi “di parte” che ricevevano da uno di loro. Gli individui raggiunti dal primo messaggio hanno percepito Fanfani come più competente e l’incertezza su questa valutazione si è ridotta. Gli individui raggiunti dal secondo messaggio l’hanno percepito come più a sinistra e, di nuovo,l’incertezza è diminuita.
Il secondo messaggio – quello ideologico – ha prodotto anche interessanti “effetti incrociati” sulla percezione della Sestini, che è stata percepita più a destra dagli elettori che hanno ricevuto il messaggio “solidarista” di Fanfani.
Il messaggio che ha spostato più voti – quello sulla competenza – si è rivelato particolarmente efficace sugli elettori che non avevano alcuna percezione sulla competenza del candidato prima della campagna elettorale. Nonostante si trattasse del sindaco uscente e di una personalità nota in città, infatti, molti elettori non sapevano come valutarne le capacità e mostravano ampi margini d’incertezza. Il messaggio sulla competenza e sui risultati dell’amministrazione ha ridotto proprio questa incertezza, portando voti al candidato.
Infine, le stime di un modello strutturale, che abbiamo usato sia per disegnare l’esperimento sia per quantificarne le dinamiche, mostrano che questi strumenti di propaganda hanno portato al sindaco uscente 1,8 punti percentuali (rispetto a un margine di vittoria al primo turno di 1,4 punti). E che in caso di una campagna tutta fondata sul messaggio politico-ideologico non avrebbe vinto al primo turno, mentre avrebbe vinto con un margine ancora maggiore con una campagna incentrata sulla sua performance come sindaco.
INDICAZIONI PER CHI GESTISCE CAMPAGNE ELETTORALI
Dal nostro esperimento si possono trarre quattro indicazioni per chi gestisce campagne elettorali. In primo luogo, alcuni strumenti di propaganda funzionano meglio di altri. In particolare, gli strumenti che contengono una qualche forma di contatto personale, come le telefonate condotte da volontari o il porta a porta, producono effetti maggiori sulle scelte di voto. È quanto emerge anche dagli esperimenti condotti negli Stati Uniti o in Francia.
Nelle elezioni amministrative, la competenza del candidato è più efficace nel convincere gli indecisi rispetto a messaggi programmatici o ideologici, anche se ovviamente l’impatto di questa valutazione varia a seconda del contesto e del candidato. Messaggi sulla competenza dello sfidante potrebbero rivelarsi ancora più efficaci, vista la vastissima incertezza registrata nei sondaggi su questo aspetto. Il perché è intuitivo: la componente ideologica è suffragata da informazioni facilmente disponibili, come il partito politico (o la corrente) d’appartenenza. Non la competenza. In elezioni a doppio turno, può essere vantaggioso condurre esperimenti per capire l’efficacia di strumenti o messaggi diversi. A differenza dei focus group, infatti, gli esperimenti operano in contesti “reali” e non “simulati”, producendo risultati più facilmente generalizzabili. E proprio questi risultati possono essere usati per riorientare la campagna elettorale tra il primo e il secondo turno, aumentandone l’efficacia a parità di spese. Certo, per farlo, servono candidati lungimiranti e aperti all’uso di metodi scientifici nell’analisi dei dati.
(1) Si veda: C. Kendall, T. Nannicini e F. Trebbi (2013), “How Do Voters Respond to Information? Evidence from a Randomized Campaign”, NBER Working Paper N. 18986.
(2) Esiste un’ampia letteratura sperimentale negli Usa sugli effetti delle campagne elettorali, in particolare quelle condotte con l’intento di mobilitare gli elettori e portarli a votare. Si veda: D.P. Green, A.S. Gerber (2004), Get Out the Vote! How to Increase Voter Turnout, Brookings Institution Press. Il nostro esperimento, tuttavia, è il primo che stima l’effetto di messaggi diversi inviati da un candidato politico sui voti reali a livello di sezione elettorale.
(3) Tutte le cartoline (grafica e testo) e i messaggi telefonici registrati dal candidato sono raccolti nel sito web dell’esperimento.