«Non farò torti a nessuno». Bisogna partire da questa frase di Silvio Berlusconi, vero e proprio mantra del Cavaliere nei colloqui privati, per capire l’umore spesso altalenante dei figli di primo e secondo letto sui destini dell’Impero patrimoniale di Arcore. Perché il leader di Forza Italia, decaduto dal senato e più che mai paranoico su possibili perquisizioni o arresti, lo va ripetendo da anni: nel momento della dipartita verso il mausoleo del maestro Pietro Cascella non scontenterà né Marina e Piersilvio né Barbara, Eleonora e Luigi. Sul punto si è scritto molto, tra le quote che spettano a ognuno e le varie holding che controllano il patrimonio, gli incarichi dei figli nell’uno o nell’altro settore, da Mediaset a Fininvest, dal Milan a Mediolanum.
Non c’è bisogno di scomodare Lev Tolstoj («Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo») per capire che Berlusconi si ritrova una classica famiglia all’italiana, spacchettata in due matrimoni, tra fratelli e sorellastre, invidie e rancori, problemi relazionali di ogni tipo, una seconda moglie che si è appena visto dimezzare il suo assegno mensile di mantenimento, dove bisogna far quadrare i conti e accontentare soprattutto le ambizioni dei pargoli. Il rischio, però, è che la famiglia Berlusconi finisca stritolata come molte altre in Italia. Fanno storia gli Agnelli, con diatribe sull’eredità ancora in corso, oppure i Ligresti, finiti in carcere e ormai decaduti dal salotto buono.
In questo spazio costellato da paure per le sorti del padre e timori sullo sfaldamento dell’impero per l’arrivo di una nuova Tangentopoli, si svolge lo scontro che dura ormai da anni tra Marina e Barbara, esponenti di primo piano del clan, rappresentante una del primo l’altra del secondo matrimonio, entrambe ambite dalla politica italiana perché le uniche spendibili per ereditare il marchio elettorale Berlusconi. Le due non hanno mai legato. Non si tollerano a tal punto che Marina preferisce spesso evitare Barbara dal vivo e le darebbe persino fastidio vedere le sue foto sui settimanali Mondadori. Solo nell’ultimo periodo, dopo la sentenza Mediaset che ha messo il padre in un angolo, le due sembrano aver deciso di buttarsi alle spalle i rancori del passato e muoversi in sintonia per salvare la baracca: dopo anni sono ripresi con regolarità i pranzi del lunedì di Arcore.
Del resto, come nelle classiche situazioni famigliari complesse, la maggiore, nata nel 1966, non ha mai digerito fino in fondo la seconda. Tanto più che Carla Dell’Oglio, prima sposa di Silvio, non venne a sapere subito che Veronica Lario era incinta di Barbara nel 1984: non è un caso che il divorzio sia avvenuto l’anno dopo nel 1985. Marina all’epoca non aveva ancora vent’anni. E aveva trascorso parte della sua giovinezza in maniera abbastanza rocambolesca, a cominciare dalle scuole elementari.
C’è infatti una differenza di fondo che divide Marina da Barbara: come sono state educate da piccole. La prima è stata allevata soprattutto in casa, quando negli anni ’70 l’imprenditoria italiana temeva i rapimenti. Basti pensare che nel 1972 il padre delle sorelle Bruni Tedeschi, industriale torinese della Ceat, decise per timore che i bambini venissero rapiti di fare i bagagli per Parigi. Berlusconi rimase qui invece, se non con brevi periodi in Svizzera e Spagna, con tutti i problemi del caso. E con i figli spesso costretti a restare in famiglia piuttosto che frequentare amici all’esterno della villa di Arcore: una vita di clausura insomma, nei gloriosi anni ’70 e ruggenti anni ’80.
Barbara, al contrario, le elementari le ha fatte alla scuola Steiner di via Clericetti a Milano. Le mura il metodo steineriano si prefigge di abbatterle, facendo sfogare i bambini, tra pittura, musica e via discorrendo. E non è un caso che BB sia sta definita per anni la ribelle di famiglia, quella che non voleva passare per «la figlia di…», quella che si vantava sui giornali di tenere testa al padre perfino sulla politica, quella con il piercing di platino alla lingua di cui «papà non si è nemmeno accorto», quella che ha avuto due figli dallo storico fidanzato Giorgio Valaguzza.
Due donne diverse insomma, nate da due madri molto diverse. Se la Dall’Oglio secondo il Cavaliere è «stata una signora e un’ottima madre» – anche perché scomparsa dai radar mediatici ormai da decenni -, per la Lario il discorso è opposto. La madre di Barbara è stata tra quelle che ha fatto esplodere il caso delle «vergini che si offrono al drago» nel 2009 e che ha ottenuto un divorzio con un assegno di mantenimento da 3 milioni di euro al mese, ora ridotto a 1,4.
Secondo la vulgata sarebbe stata Veronica – che oltre alla linea degli avvocati dialoga con Silvio solo attraverso Fedele Confalonieri – in questi mesi a spingere Barbara a rottamare Adriano Galliani dal Milan, per affermare la sua leadership all’interno delle aziende, ma soprattutto per toccare il cuore delle casse dell’impero. Ovvero quella Fininvest, regno incontrastato di Marina che negli ultimi anni ha ripianato tra i malumori i debiti dei rossoneri. C’è chi fa notare che quell’ANSA dove Barbara disse «al Milan non si è speso poco, ma male» poteva essere letta come una critica anche contro la sorella oltre che verso Galliani.
A quanto pare, però, la primogenita, sposata con Maurizio Vanadia, ex primo ballerino della Scala, due figli, avrebbe avuto una sola critica nei confronti delle aspirazioni della sorella che aveva provato (invano) a entrare in Mondadori: Galliani le sarebbe potuto essere utile per capire i ferri del mestiere. D’altra parte Marina ha avuto una gavetta di ferro, da Franco Tatò chiamato “Kaiser Franz” che salvò Fininvest indebitata all’inizio degli anni ’90 fino a Confalonieri. Ma come in tutte le famiglie c’è sempre da dare un’occhiata ai ricorsi storici. Nel 1996 a trent’anni Marina diventava vicepresidente vicario di Fininvest: l’incarico fu anche un regalo del padre. Il prossimo anno Barbara toccherà pure lei la fatidica soglia. È già amministratore delegato del Milan, a cosa potrebbe aspirare? «Non farò torti a nessuno» è la promessa di Silvio.