Di una città, scriveva Italo Calvino, “Non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Con oltre 3.3 miliardi di persone che oggi abitano le città – un numero destinato a raddoppiare nei prossimi anni – è ragionevole porsi il problema dell’aumento progressivo di domande cui dare una risposta. L’infrastruttura urbana, gli assessorati, i servizi dei cittadini dovranno cogliere la sfida del futuro: saper interpellare i dati per migliorare qualitativamente la vita di tutti. Tutto questo evitando gli sprechi. È l’obiettivo di quel che si può racchiudere nella formula smarter city, cioè le città intelligenti che fanno dell’innovazione un punto di forza per risolvere problemi dei cittadini.
Le soluzioni offerte dalla tecnologia non hanno confini: sensori che regolano flussi nella mobilità cittadina, sistemi predittivi che avvertono di un possibile deragliamento ferroviario, edifici che vantano un’efficienza energetica a fronte di una riduzione sensibile dell’inquinamento, per nominarne alcuni. Il business delle smarter city si sviluppa in diversi e ampi settori: sanità, istruzione, mobilità, servizi sociali, sicurezza urbana. Sono zone costitutive di una città e della nostra vita in cui i dati sull’attività umana possono essere raccolti e analizzati dalle amministrazioni per offrire servizi migliori. La città che conosce la domanda che gli poniamo può formulare una risposta efficace.
La discussione sulle città intelligenti viene spesso indirizzata verso settori decisivi per l’economia, ma non sono gli unici importanti per la nostra vita. La tecnologia può essere impiegata nell’assistenza sociale, nell’istruzione e nella prevenzione della criminalità. Come scrive il Guardian, citando il professor Mark Deakin del progetto Smarter Cities dell’Unione europea: “Quando si parla di e-utopie ci si riferisce all’idea di governare bene, rendendo città più inclusive socialmente e con un migliore accesso ai servizi”. È quello che succede in molte zone del mondo, tra cui anche il nostro Paese.
A Bolzano, una delle città più ricche d’Europa e con una popolazione di oltre 100.000 abitanti, per risolvere il problema dell’invecchiamento complessivo della cittadinanza si è pensato a un modo innovativo di mettere a frutto le risorse sociali, aiutando gli anziani a vivere nelle proprie case in piena indipendenza; seppur senza abbandonarli. Il 23.5% della popolazione ha superato i 65 anni e il sindaco, per evitare l’esclusione di una fascia debole dai servizi, ha deciso di adottare soluzioni tecnologicamente all’avanguardia.
Il progetto, in collaborazione con IBM, si chiama Abitare Sicuri, e mira al tele-monitoraggio e alla tele-assistenza degli anziani e di quei soggetti che richiedono un’assistenza presso le proprie abitazioni. Il sistema comunica un senso di sicurezza agli assistiti perché li mette in contatto con assistenti, famigliari e amici, oltre che con i servizi sanitari e sociali.
Infatti, il sistema di sensori registra con continuità i parametri dell’anziano e dell’abitazione. La Centrale viene automaticamente avvisata in caso di valori al di fuori dei limiti. In tal modo l’anziano riceve le cure necessarie e i servizi socio-sanitari possono intervenire in modo mirato. La raccolta ed il monitoraggio dei dati, oltre ad una valutazione obiettiva dell’anziano nel suo contesto, ha consentito di scoprire ed interpretare il significato “nascosto” di determinati flussi di dati, che aprono la strada a nuovi servizi e ad innovative forme di sostegno a distanza. Questo permette di mantenere le persone nelle proprie case anziché costruire strutture dedicate e di ridurre i costi del servizio socio-sanitario.
Calvino scriveva anche, in Le città invisibili, che: “Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure”. Il modo migliore per rassicurare il futuro dei nostri anziani (e il nostro) è esaudire i desideri e ridurre le paure. Una città intelligente è una città che non ti lascia solo.