“No alla negritudine della Kyenge”. Delle tante follie razzistiche e para-razzistiche sentite sfornate e ideate dalla Lega in questo giorni questo titolo pubblicato dalla Padania il 15 gennaio, è forse il più greve. Ma al pari della ormai celebre “faccia d’orango” di Roberto Calderoli, al pari della “caccia al leprotto” ridancianamente annunciata da Mauro Borghezio alla Zanzara solo ieri, anche questa ingiuria viene velata, malamente giustificata e infine negata.
La Lega, forse spaventata dagli stessi demoni che vuole suscitare, tira il sasso e nasconde il braccio. Borghezio ieri diceva che il riferimento alla caccia era in realtà “un auspicio”, ovvero la speranza che gli appuntamenti della ministra non finissero “nella rubrica dei cacciatori Padani del nostro giornale”. E Aurora Lussana, la pur simpaticissima direttrice del La Padania, intervistata il 15 gennaio fa ha dato questa spiegazione per quel titolo: «No alla negritudine non ha nulla di razzistico». No? «No – spiega la direttrice – noi non abbiamo fatto altro che citare un discorso del senatore Bitonci, che a sua volta faceva riferimento al dibattito storico su una corrente culturale e poetica nata nei paesi coloniali, che si chiama, perlappunto, negritudine».
L’intervento in Aula al Senato di Massimo Bitonci, capogruppo della Lega Nord a Palazzo Madama il 14 gennaio
BITONCI (LN-Aut). Signora Presidente, onorevoli colleghi, «La gente ormai ha paura ad uscire la sera e lei vuole favorire la negritudine come in Francia. Ma noi possiamo farne a meno… Come idea è demente perché è dei paesi sottopopolati che vogliono nuova popolazione: sarebbe l’ultimo colpo per consentire l’accesso a tutti, migranti e clandestini… Io non sono mai stato di destra ma non sto con una sinistra che fa ministro la Kyenge. (Applausi della senatrice Bellot). Leggo che la Kyenge e la sua consigliera Livia Turco vogliono le quote riservate agli immigrati nella società. Siamo alla demenza. La Turco non sa niente di niente.
Quindi, secondo la direttrice della Padania, “no alla negritudine” è un riferimento “alla poesia di Senghor più che al colore della pelle della Kyenge, con cui mi scambio affettuosi messaggi di auguri a Natale”. Cara Aurora, con tutta la simpatia del mondo (e anche questo è un riferimento filosofico al vernacolo romanesco) “ma che cazzo stai a ddì?”.