Cadeva di domenica il quindici di gennaio del 1950 e, come ogni domenica, nel pomeriggio, negli stadi di tutta Italia si giocavano le partite del campionato. A metà pomeriggio, sul campo di Firenze, CLICK! Venne scattata la fotografia più vista della storia del pallone, senz’altro grazie al gesto atletico del calciatore Carlo Parola, immortalato per sempre, ma soprattutto grazie alle figurine, dove ancor oggi la troviamo stampata su tutti i pacchetti.
IL MONDO A TESTA INGIÙ
Carletto era un ragazzino alla rovescia, come ce ne sono tanti, solo che molti si adeguano in qualche modo e, sforzandosi un po’, si raddrizzano al punto da confondersi con tutti gli altri. Lui no. Non sempre, per lo meno e, quando non ci pensava e faceva tranquillamente qualcosa al contrario, il più delle volte si pigliava una lavata di testa, però si divertiva più di chiunque altro.
Certo, proprio tutto alla rovescia era impossibile anche per lui: infilare i calzini sopra le scarpe, per esempio, non solo era assurdo, ma persino scomodo. Andare a scuola quando tutti gli altri uscivano, invece, sarebbe stato bellissimo, ma con la controindicazione di una bocciatura che non sarebbe stata tanto auspicabile.
Altre volte, invece, gli capitava di pranzare cominciando dal dolce, per finire con l’antipasto, che tanto nello stomaco è buio e i cibi si mischiano lo stesso.
Gli amici di Carletto lo guardavano un po’ così, chiedendosi perché, come e chissà, però si vedeva che quasi tutti erano invidiosi di quella sua stranezza, che era anche un piccolo segno di libertà.
E crescendo, Carletto mica migliorò, anzi. Leggeva il giornale dall’ultima pagina alla prima; trovò più facile mettersi a studiare a testa ingiù, forse pensando che con il sangue, alla testa arrivassero anche tutte le idee. E non è detto che non fosse davvero così… Quando la sua fidanzata gli disse che lui le faceva girare la testa non ci trovò nulla di strano, anzi, per lui era una conferma.
Una notte, immerso nel sonno, Carletto fece un sogno a dir poco insolito: sognò di non essere affetto dalla forza di gravità, al contrario del resto del mondo, che continuava a starsene con i piedi ben piantati per terra. Lui, invece, camminava tranquillamente sul soffitto, come se fosse un lampadario, con la piccola differenza che un lampadario, se lo stacchi, cade; lui no.
Quando al mattino si svegliò e si rese conto che il suo era solamente un sogno, un po’ ci rimase male, ma il buonumore che quel sogno gli aveva regalato lo tenne arzillo fino a metà pomeriggio.
Prendere le cose alla rovescia a volte era persino divertente: durante la lezione di matematica le divisioni diventavano moltiplicazioni e viceversa e bisognava solamente ricordarsi di ribaltare di nuovo le cose durante le verifiche e le interrogazioni. Le radici degli alberi sembravano rami infilati nel terreno e un po’ è davvero così. Guardando un film dalla fine, forse ci si perdeva il colpo di scena finale, ma almeno si capiva subito se il film era bello oppure no e, nel caso, lo si guardava una seconda e una terza volta, questa volta dalla prima scena all’ultima.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno, Carletto si fece un regalo e si acquistò un pipistrello. Uno splendido esemplare di pipistrello, che non gli costò nemmeno chissà cosa: chi vuoi che comperi un pipistrello per il compleanno?! Però quello diventò il suo cucciolo a testa in giù, ma siccome a testa ingiù ci stava pure lui, alla fine non lo era né l’uno, né l’altro. In più, un pipistrello non deve essere portato a passeggio ogni mattina alle sei, né al parco, né altrove. Prendilo in considerazione, se mai vorrai procurarti un cucciolo pure tu.
I suoi amici, invece, gli regalarono un pallone. Un bel pallone da calcio, di cuoio, come i palloni veri, perfettamente rotondo, che rimbalzava a meraviglia.
Lui ringraziò sorridendo, poi, per prima, cosa girò il pallone a testa ingiù. Nessuno notò la differenza, perché una sfera è una sfera da qualsiasi parte la guardi, ma lui lo sapeva che era alla rovescia e la cosa gli metteva allegria.
Quella domenica, con il nuovo pallone di Carletto, si organizzò una partita indimenticabile: undici di qua, undici di là, palla al centro e vinca il migliore. Fu proprio durante quella sfida, al minuto ottanta che, vedendo il pallone volare alto verso di sé, anziché saltare per colpire di testa, Carletto saltò alla rovescia, con la testa e le braccia verso il terreno e le gambe sforbicianti tra le nuvole. In quel modo colpì la palla tra lo stupore di tutti e grazie a quel tiro acrobatico e fantasioso fu eletto migliore in campo, anche se i più invidiosi sussurrarono tra loro che era solo perché il pallone era suo e decideva lui. Ma bisogna capirli, il mondo a testa ingiù, loro, non lo avevano mai visto…
Foto © di Corrado Bianchi
Si chiama Corrado Bianchi il giornalista, autore della fotografia della rovesciata più celebre della storia di tutti i palloni. Era ai bordi del campo, appostato con la sua macchina fotografica dietro la porta, quella domenica pomeriggio, quando allo stadio di Firenze i viola della Fiorentina ospitarono i bianconeri della Juventus. A dieci minuti dalla fine – si era ancora sullo zero a zero – la squadra di casa era in attacco: Magli lanciò il pallone in area, verso il suo compagno Pandolfini ma, prima del suo tiro o della parata del portiere, ecco che il difensore Carlo Parola salta più che può e si esibisce in una acrobazia indimenticabile. In quel preciso istante ecco che il Bianchi scatta la fotografia.
È questa l’immagine scelta dai fratelli Panini, qualche anno dopo, per creare il logo inconfondibile delle più famose figurine dei calciatori di tutte le generazioni.
Si chiama Edson Arantes do Nascimento e nella sua carriera ha segnato più di mille goal. Tu forse lo conosci con il nome di Pelé, con il quale è diventato campione dei campioni, vincendo e segnando in qualsiasi angolo del mondo.
Questa galleria mette uno in fila all’altro venti suoi bei goal e chissà quanti altri sarebbero degni di farne parte, ma intanto goditi le immagini del calcio al tempo dei tuoi nonni, quando la tivù era in bianco e nero e le immagini spesso tanto sfocate, quanto piene di fascino.
Si chiama FIFA la federazione che riunisce le federazioni calcistiche di tutte le nazioni del mondo: in francese Fédération Internationale de Football Association.
È la FIFA che organizza il torneo più importante di tutti, il Campionato del Mondo, che la prossima estate si disputerà in Brasile e chissà quante rovesciate vedremo, in mondovisione. Per sapere tutto e qualcosa di più, il sito [http://www.fifa.com] è già pieno di informazioni, per dirti ogni cosa su chi, come, dove, quando e perché.
Carlo Carzan – Il calcio con le dita – Editoriale Scienza
Esiste un modo di giocare a calcio anche da casa, senza bisogno di indossare le scarpe con i tacchetti sotto la suola. Ti basta un bel tavolo sgombro, o anche un tappeto sul pavimento, e qualcuno da sfidare; qualche vecchio tappo di bottiglia e le dita della tua mano. Sto parlando del calcio con le dita, che è un po’ il football fatto in casa, con il quale puoi organizzare tornei in piena regola o anche una semplice amichevole. Come si faccia a fare una rovesciata, con il dito indice o con il mignolo, davvero non lo so, ma forse lo troverai scritto nelle pagine di questo, che più che un libro è uno splendido gioco.
Ci sono altri colpi di magia, nel gioco del calcio, spettacolari quasi come la rovesciata, che lasciano spesso i poveri difensori imbambolati a guardare l’attaccante che se ne va. Il tunnel è forse il più beffardo tra tutti, con la palla che ti passa tra le gambe, come se nulla fosse; oppure il colpo di tacco, che non ti aspetti mai e, se per caso una volta te lo aspetti, probabilmente ti frega lo stesso.
Ovviamente tra i campioni specialisti in questi giochetti ci sono tutti i più famosi, come Diego Armando Maradona, per esempio, che per molti è stato il più grande di tutti i tempi. Una delle sue specialità era la rabona, che pare una cavolata, invece ti frega anche lei. Mancino più che mai, capitava che Dieguito avesse il pallone accanto al piede destro allora, anziché sforzarsi con quello, passava con il sinistro dietro l’altro polpaccio e, in una specie di scucchiaiata, colpiva proprio con il suo piede preferito, passando il pallone a chi voleva, senza che nessuno lo riuscisse a intercettare. E tutti in piedi ad applaudire.
A Manoel Francisco dos Santos in molti avevano sconsigliato di giocare al pallone. Era un po’ strabico, aveva la spina dorsale un po’ sbilanciata, le gambe un po’ storte, una gamba un po’ più corta dell’altra, ma tutti quegli un po’ non riuscirono a trattenerlo e Manoel, con il soprannome di Garrincha, diventò uno dei più bravi calciatori di sempre. Nel suo ruolo, che era l’ala destra, fu forse proprio il migliore e nella sua specialità, che era il dribbling, lo fu di sicuro.
Ecco, il dribbling è un’altra di quelle magie che fanno impazzire sia i difensori, sia i tifosi: i primi di confusione, i secondi di gioia. Come dribblava Garrincha non ha più dribblato nessuno e mi dispiace un po’ non aver vissuto ai suoi tempi. E ogni volta che sento qualcuno sconsigliare a un ragazzo di giocare al pallone, il mio pensiero va a lui e a tutti quei suoi un po’ che ha dribblato agilmente su tutti i campi del mondo.
Non è però il calcio il regno delle acrobazie con il pallone al piede. Non quello che si gioca nel weekend in tutte le città, undici di qua e undici di là. Certo, a volte anche lì non si scherza con lo spettacolo, ma se davvero vuoi lasciarti sbalordire, goditi una partita sulla spiaggia, o addirittura un intero torneo di beach soccer, che si gioca scalzi e più o meno ha le stesse regole del calcio più famoso.
Una cosa già bella è che si gioca sulla sabbia, che fa molto mare e vacanza. Vuoi mettere con le tribune di uno stadio, magari nel freddo dell’inverno?! Il campo è di trenta metri per quaranta e si vede bene da qualsiasi posizione, infine si gioca in cinque contro cinque ed è più facile conoscere i nomi e i ruoli di tutti. Ecco, sulla spiaggia la palla vola che è un piacere, i portieri si tuffano in allegria e, se vuoi provare una rovesciata, poi cadi nella sabbia e non ti fai male, anziché rischiare di sbucciarti le ginocchia sull’erba.
Quest’estate, quindi, trovati altri nove amici e buon divertimento!
Le figurine Panini, con la rovesciata di Carlo Parola stampata su ogni pacchetto, sono senza alcun dubbio le più famose di tutto l’universo e probabilmente anche oltre. Ma senza altre figurine, anche i fratelli Panini forse non avrebbero avuto un’idea così geniale.
Sto parlando delle figurine Nannina, che negli anni Quaranta e Cinquanta rappresentavano i calciatori di Serie A, ma anche i ciclisti del Giro e del Tour e persino gli attori e le attrici del cinema di Hoolywood. Venivano stampate su un cartoncino sottile e si potevano incollare negli album, proprio come quelle di oggi, che in più hanno solo la modernità di essere autoadesive.
Ma non durarono per sempre, le figurine Nannina, e a fine anni Cinquanta erano più quelle che rimanevano invendute di quelle che venivano collezionate, così i fratelli Panini, proprietari di un’edicola a Modena, pensarono di acquistarle in blocco. L’idea geniale, che fece subito il botto, fu di venderle alla cieca, mischiate e riunite in pacchetti, in modo che chi le voleva non sapesse cosa stava comprando e avesse una piccola sorpresa a ogni pacchetto strappato.
Da allora le figurine sono così: tutti le vogliono, ma nessuno, quando compra, lo sa.