Miti e realtà sulle auto elettriche

Miti e realtà sulle auto elettriche

A giudicare dagli sviluppi degli ultimi anni pare che i veicoli elettrici siano destinati a sostituire le auto con motore a combustione interna come principale mezzo di mobilità di massa. I motivi principali per questo cambio di tendenza risiedono principalmente nelle considerazioni di impatto ambientale, il go-green movement e, in non piccola parte, anche per trovare soluzioni alternative ai combustibili fossili che si approssimano all’esaurimento.

Ma quanto sono realistiche queste previsioni? Dovremmo, come consumatori, credere a questi motivi? E dovremmo concentrarci, come società, sullo sviluppo di veicoli elettrici che usano batterie per immagazzinare l’energia necessaria ad alimentare il motore o esistono soluzioni migliori?

Osservando il mercato, le più grandi case automobilistiche non sembrano aver intrapreso una direzione unisona a riguardo. Questo inevitabilmente crea una serie di difficoltà. Per cominciare, il più delle volte, quando pensiamo alla mobilità elettrica siamo portati a pensare puramente veicoli alimentati a batteria ricaricabili attraverso il collegamento a prese di corrente. Dovremmo davvero essere persuasi che questo sia il futuro che tutti noi dovremmo desiderare, perché è “comodo” e non inquina? Chiaramente i motori elettrici sono molto più efficienti di un motore a scoppio nell’utilizzo, sia in termini di dispersione energetica che di emissioni di particolato e CO2Ma la vera domanda da porsi è quali siano le condizioni necessarie lo sviluppo, diffusione, utilizzo e smaltimento di un veicolo a motore elettrico.

Andiamo con ordine perché vi sono molte questioni aperte e controverse nel mito dell’auto elettrica ecologica che ci viene raccontato. Innanzitutto, le infrastrutture necessarie a rendere un veicolo a batteria un opzione per la mobilità quotidiana, ossia le famose colonnine di ricarica, sono per lo più concentrate nelle aree urbane. Questo aspetto da solo basterebbe a renderle inadeguate per viaggi di lunga distanza.

Se questo non fosse un deterrente sufficientemente convincente, fino agli inizi del 2013 ogni produttore utilizzava il proprio sistema di ricarica, quindi le prese non erano compatibili fra di loro; bisognava andare in giro con cavi e allacci per ogni possibile eventualità, come ha sottolineato più volte Ivan Hodac, segretario generale dell’associazione dei costruttori europei di automobili.

Fortunatamente, in seguito a una normativa europea questo problema è stato risolto con l’utilizzo della presa “type 2”, ma non per le macchine già esistenti. Inoltre, occorrerà comunque tempo e considerevoli risorse economiche per uniformare tutte le piattaforme di ricarica. Un altro problema è la mancanza di un piano europeo uniforme dedito allo sviluppo omogeneo delle infrastrutture necessarie. Ogni Paese persegue i propri interessi; non sorprende quindi che alcune nazioni siano molto più avanti di altre.

Quello che più stupisce, tenendo presente le rivendicazioni fatte per “spingerci” verso l’elettrico (a batteria), è che nessun produttore ha ancora fornito informazioni e dati concreti sul reale impatto ambientale delle vetture a partire dalla produzione allo smaltimento.

È troppo facile parlare di emissioni zero durante l’utilizzo delle vetture, è necessario tener conto anche dell’inquinamento generato dalla produzione della vettura, la produzione dell’energia elettrica per ricaricare le batterie e dallo smaltimento di quest’ultime al termine della loro vita, che i produttori stimano tra i 6 e gli 8 anni a seconda dell’utilizzo e dei metodi di ricarica. Fra l’altro, non è ancora chiaro se e come le batterie possano essere riciclate per ridurre l’impatto ambientale e, ad oggi, queste non sono esattamente un rifiuto eco-friendly.

In aggiunta rimane un importante problema di fondo: come viene generata l’energia per ricaricare le batterie? Chi la produce? In Europa e nel mondo, solo una frazione dell’energia prodotta è generata con metodi eco-compatibili. Per questo, è inevitabile chiedersi  chi abbia da guadagnare dal passaggio a vetture a alimentazione elettrica e se questo si traduca effettivamente in un ambiente più pulito per tutti noi.

Con le auto elettriche potremmo sicuramente ridurre il particolato. Tuttavia per quanto riguarda l’impatto ambientale generato, è lecito domandarsi se il risparmio in emissioni prodotte dai veicoli verrà soppiantato dalle emissioni generate per la produzioni dell’elettricità. Ciò che è sicuro è che le compagnie energetiche vedrebbero salire la domanda e come consumatori, aumenterebbe fortemente la nostra dipendenza verso tali aziende.

Infine, lo sviluppo di tali veicoli è ancora molto arretrato se si confrontano le possibilità di utilizzo con quelle garantite dai motori a combustione. Devono essere migliorate in maniera massiccia alcune aree chiave come il i chilometri di autonomia con una ricarica e i tempi di ricarica. L’autonomia dichiarata per un auto a batteria è di 250km, ma si ridurrà drasticamente considerando l’utilizzo di luci, radio, aria condizionata/ riscaldamento, tutti elementi che contribuiscono a loro volta al consumo la batteria.

Per quanto le stazioni di ricarica veloci abbiano alleviato parzialmente i problemi dei tempi di ricarica, le auto a batteria ancora non reggono il paragone con le vetture tradizionali, considerando i tempi di rifornimento e distanza percorribile raggiungibili con un serbatoio di benzina/diesel. Se infatti con una macchina a benzina è possibile fare un rifornimento di 50 litri in soli 3 minuti e proseguire per 800 km, un veicolo elettrico che utilizza la migliore tecnologia disponibile sul mercato, prodotta solo per la Tesla, può al massimo andare a 130km/h per 20 minuti di ricarica (fra l’altro, questi tempi sono ben 16 volte più rapidi della media dei veicoli a batteria). Se le aziende avessero puntato su una sola idea e lavorato, insieme alle istituzioni, per svilupparla con uno sforzo collettivo, l’avanzamento sarebbe stato sicuramente più rapido e noi come consumatori avremmo potenzialmente potuto trarne maggiori benefici.

Nonostante comunemente si associ il concetto di auto elettrica alle auto a batteria, sono già in commercio, o in fase di sviluppo, alternative elettriche potenzialmente più appetibili ed eco-friendly per i consumatori. La più interessante è probabilmente quella delle celle a combustibile (fuel-cell) alimentate a idrogeno su cui la Honda sta investendo in modo particolare. Simbolo di questo “nuovo” tipo di autovettura è la FCX Clarity.

La mobilità elettrica ad idrogeno rappresenta un’alternativa più appetibile di quella a batteria, per molti motivi. Così come tutti i veicoli con motore elettrico quest’ultima garantisce livelli di emissioni inquinanti pari a zero (infatti emette semplicemente acqua), un’efficienza di gran lunga superiore ai motori a scoppio in termini di dispersione energetica ed un’affidabilità meccanica di gran lunga superiore dal momento che vi sono pochissime parti mobili.  Ma, il fatto che la vettura sia alimentata ad idrogeno implica un utilizzo molto più simile a quella di un’auto convenzionale. Le macchine alimentate ad idrogeno hanno infatti un serbatoio per immagazzinare l’idrogeno, ed un rifornimento, in termini di tempo e autonomia, quasi paragonabile a quello di una vettura a benzina/diesel.

Le infrastrutture per il rifornimento sono già in parte presenti ed in forte via di sviluppo in Europa, Stati Uniti e Giappone, ma data la natura delle auto non richiedono la stessa copertura delle colonnine di ricarica per le batterie.

Stazioni di riformento di idrogeno presenti nel mondo

Essendo l’idrogeno l’elemento più abbondante nell’universo possiamo stare tranquilli che non finirà. Inoltre, non dovrebbe subire le considerevoli variazioni di prezzo ai cui sono soggetti i carburanti fossili, se non forse flessioni verso il basso  causate dagli sviluppi nelle tecnologie per l’estrazione e l’immagazzinaggio di idrogeno in forma liquida. Ad oggi oltre 50 milioni di tonnellate di idrogeno liquido vengono prodotte ogni anno; ciò che significa che è già presente una forte industria  che potrebbe quindi essere pronta ad accogliere la domanda di un numero crescente di consumatori.

Infine, la vettura, non avendo bisogno di batterie per immagazzinare l’energia, sarà più leggera e potenzialmente molto meno dannosa per l’ambiente durante tutto il corso della propria vita incluso lo smaltimento.  Ovviamente, per estrarre l’idrogeno si verifica un dispendio di energia, tuttavia, in futuro, si prevede che l’estrazione dell’idrogeno avverrà in maniera più ecosostenibile e meno dispendiosaIl fatto forse più importante è che l’idrogeno può essere prodotto ovunque nel mondo; di conseguenza ogni paese potrebbe teoricamente diventare indipendente dagli stati che ad oggi controllano il mercato dei carburanti. Il tutto potrebbe comportare anche un risparmio dei costi di trasporto per lo scambio delle risorse come il petrolio ed il carbone ed i rischi ambientali associati a questo come lo scandalo BP nel golfo del Messico e molti altri.

Il mondo della mobilità di massa è destinato ad evolvere rapidamente da come lo conosciamo oggi, tuttavia le direzioni che si possono intraprendere sono molteplici e non tutte sono necessariamente così appetibili quanto possono apparire.