Portineria MilanoSul rinnovo di Eni, Enel e Finmeccanica decidono i pm

Riassetti & nomine

Non solo Matteo Renzi, segretario del Partito democratico, che vorrebbe mandare a casa tutta la vecchia classe dirigente; neppure il clima da Vietnam parlamentare anti-casta del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo o l’instabilità del governo di Enrico Letta. Sulla grande partita delle nomine, per il rinnovo dei vertici e di 14 consigli di amministrazione delle aziende statali, rischiano di pesare di più le inchieste in mano alla magistratura che toccano colossi come Eni, Finmeccanica o Enel. Il ministero dell’Economia guidato da Fabrizio Saccomanni ha pubblicato la lista degli incarichi che vanno in scadenza. È il segnale che la partita per il grande riassetto del potere italiano entra nel vivo: oltre alle più note e importanti vanno a rinnovo pure Consip, Istituto poligrafico Zecca dello Stato, Italia Lavoro o Enav. Poi ci sono le partecipate. Insomma non sarà una passeggiata, né un pranzo di gala, dal momento che dovranno intrecciarsi le decisioni del premier Letta, quelle del vecchio sistema di potere berlusconiano targato Gianni “Zio” Letta & Luigi Bisignani come appunto quelle del rottamatore di Firenze. A pesare poi sarà il nuovo regolamento (qui il link) che prevede maglie larghe per il numero di mandati, ma «l’ineleggibilità in caso di condanna» o «a seguito del mero rinvio a giudizio». I tempi, del resto, sono cambiati. 

Correva l’anno 2011, giorno 21 febbraio. In una saletta di Mediobanca, in piazzetta Cuccia a Milano, l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti apparecchiò un incontro targato Aspen Institute, l’associazione italiana per eccellenza, il comitato dei potenti, da Giuliano Amato fino a Gianni Letta, da Fedele Confalonieri a Fulvio Conti, da Mario Monti a Romani Prodi. Tremonti è presidente Aspen. E quell’incontro nel febbraio di tre anni fa, a cui parteciparono banchieri e industriali del Belpaese, fu solo la prima delle innumerevoli riunioni, tra Arcore e palazzo Grazioli, che da lì a maggio tennero occupato l’establishment per le “centro poltrone” dei boiardi in Eni, Finmeccanica, Poste, Enel e Terna. Da lì a pochi mesi il governo di Berlusconi sarebbe caduto, le indagini delle procure avrebbero travolto pure il ministro dell’Economia, ma il mondo sarebbe cambiato solo in parte. Perché a distanza di mille giorni quel sistema di potere va adesso a rinnovo, con i vari Paolo Scaroni, Massimo Sarmi, Fulvio Conti, Flavio Cattaneo, semplici consiglieri di amministrazione o boiardi di Stato sulle spine in attesa di sapere del loro futuro. 

Per le prossime settimane di riunioni in Mediobanca non se ne registrano. In piazzetta Cuccia – un tempo cabina di regia del tessuto economico politico – ora ci va invece la Guardia di Finanza. I pm della procura di Milano hanno già messo sotto indagine l’amministratore delegato Alberto Nagel per ostacolo alla vigilanza nell’inchiesta Premafin su Salvatore Ligresti. E proprio la magistratura rischia di essere il vero convitato di pietra alla prossima tornata di nomine pubbliche. Il fantasma non gradito al tavolo dove Letta e Renzi dovranno prendere le decisioni più importanti. Non solo perché tanti politici di quell’epoca sono stati condannati o rinviati a giudizio, ma perché alcuni degli stessi manager in attesa di rinnovo, sono sotto indagine. Oppure perché le aziende che dovranno rinnovare i consigli di amministrazione e i collegi sindacali si ritrovano sotto processo per scandali legati alle vecchie gestioni. 

Il caso più spinoso riguarda l’Eni. È questione di non poco conto, perché sul rinnovo del mandato di Scaroni si gioca la partita politica e di “sistema” più importante. Il manager vicentino, da 9 anni a San Donato, nella scorsa estate mise le mani avanti.  «Le nuove regole non mi impediscono un nuovo mandato». Il riferimento era a quando Scaroni patteggiò nel 1996 una pena di un anno e quattro mesi di reclusione per reati contro la pubblica amministrazione. I reati (tangenti pagate per ottenere appalti) nel 2001 furono dichiarati estinti dal tribunale di Milano. Adesso però Scaroni è indagato dal 7 febbraio 2013 per corruzione internazionale nell’inchiesta del pm Fabrizio De Pasquale sulle presunte tangenti di Saipem in Algeria. I magistrati milanesi proseguono il loro lavoro. Agli atti ci sarebbero già più di 400 pagine di verbali di Pietro Varone, l’ex direttore operativo Saipem arrestato la scorsa estate, ma a quanto pare sarebbero stati sentiti altri dipendenti che avrebbero aggiunto nuovo materiale alle indagini della procura. L’Eni ha sempre respinto ogni accusa. Come lo stesso Scaroni, che a dicembre dello scorso anno spiegò così la vicenda: «Varone ha intascato mazzette, l’ho cacciato, e ora pretende di dire che io sapevo. La Saipem non è l’Eni, neanche la gestiamo».

Non è l’unico fronte giudiziario dove è coinvolto il cane a sei zampe. Si balla pure sull’inchiesta per l’estradizione lampo di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov. La Shalabayeva è stata interrogata dai pm romani che hanno in mano le indagini. E l’Eni, difesa dall’avvocato Carlo Federico Grosso, ha presentato nei mesi scorsi un esposto sulla puntata di Report dove i vertici del colosso petrolifero vengono tirati in ballo nell’operazione di rapimento della donna. Per Eni “è tutto falso”. Il pm Eugenio Albamonte, titolare degli accertamenti, ha acquisito il servizio giornalistico e ha avviato un’indagine. Non solo. Secondo quanto filtra dai corridoi delle procure sarebbe in arrivo un nuovo filone giudiziario, questa volta relativo alla Russia. Insomma tanta carne al fuoco, «tanto che qualcuno potrebbe scottarsi» dicono i più pessimisti. 

Spifferi e veleni. Ne sanno qualcosa in Finmeccanica, dove l’anno scorso è capitolato l’ex presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi, nel 2011 nominato in quota Lega Nord. L’ex numero uno di Agusta Westland è sotto processo a Busto Arsizio per l’inchiesta sulla presunta tangente indiana che sarebbe stata pagata per i 12 elicotteri AW101. L’indagine è di corruzione internazionale. E nelle prossime settimane il manager piacentino dovrà parlare di fronte al pm Eugenio Fusco. L’azienda si difende da mesi, ma la tensione resta alta: lo sarà fino a quando il processo non sarà terminato. Caso vuole che pure Fulvio Conti, attuale amministratore delegato di Enel, sia coinvolto nell’inchiesta del disastro ambientale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Il pm Emanuela Fasolato ha depositato quattro giorni fa le richieste di pena per dieci funzionari dell’azienda, perché accusati di disastro ambientale. Sotto inchiesta c’è anche Scaroni, all’epoca amministratore delegato:  le richieste sono di 5 anni e 3 mesi e interdizione perpetua per quest’ultimo mentre per Conti invece sono stati chiesti 3 anni, più 5 di interdizione.

Proprio grazie allo scandalo Finmeccanica è stata varata il 24 giugno scorso una procedura che dovrebbere rendere più trasparente la selezione dei nuovi manager di Stato. Il testo è molto chiaro: «Si prevede, in particolare, la non inclusione nell’istruttoria di candidati che siano membri delle Camere, del Parlamento europeo, di Consigli regionali e di Consigli di enti locali con popolazione superiore a 15.000 abitanti». Soprattutto: «È inoltre prevista l’ineleggibilità e, nel corso del mandato, la decadenza automatica per giusta causa, senza diritto al risarcimento di danni, in caso di condanna, anche in primo grado, o di patteggiamento per gravi delitti. Sempre con riferimento a gravi fattispecie di reato, si prevede l’ineleggibilità anche a seguito del mero rinvio a giudizio, mentre, qualora il rinvio a giudizio intervenga nel corso del mandato, si attiva un procedimento che vede coinvolta anche l’assemblea della società interessata». Le regole saranno rispettate? Come sono lontane le riunioni ristrette in piazzetta Cuccia o le cene con la pasta tricolore a villa Certosa: magari è cambiato il menù, ma i camerieri almeno per ora restano sempre gli stessi…

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