“Tutto il potere a Renzi”: il vero nodo che agita il Pd

Oggi la direzione dei democratici

La trattativa sulla legge elettorale tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi ha due effetti di segno opposto sugli equilibri politici, forse solo temporanei, ma si vedrà. Il primo, e più traballante effetto, è quello di aver allontanato dal centro del palcoscenico l’ipotesi di una crisi di governo a breve. Il secondo effetto è di aver offerto nuovo carburante al conflitto mai chiuso all’interno del Pd tra il nuovo corso renziano e la variegata minoranza interna di sinistra. Questa settimana segnerà un passaggio importante con l’approvazione, oggi, da parte della direzione del Pd, della proposta del cosiddetto “modello spagnolo all’italiana” e con il suo arrivo in commissione alla Camera. Renzi ha fretta e vorrebbe imporre tempi rapidi, meno fretta hanno invece i piccoli partiti come quello di Angelino Alfano e – chissà – anche di Silvio Berlusconi (le cui inclinazioni più vere sono sempre incerte e inafferrabili).

I partiti saranno impegnati a dibattere e combattere intorno alla riforma del sistema di voto, e questo, per un po’, raffredderà il clima da campagna elettorale permanente che si era alimentato anche per effetto di una certa vischiosità nell’azione di governo: in mancanza di movimento e novità è quasi inevitabile che le forze politiche – a ridosso di un impegno elettorale come quello delle elezioni europee – cerchino di rendersi vive e visibili in altro modo. Tuttavia la discussione sulla riforma elettorale è destinata ad attorcigliarsi sulle difficoltà del governo presieduto da Enrico Letta: il Nuovo centrodestra di Alfano chiede un rimpasto di governo, lo stesso presidente del Consiglio non sembra escludere l’ipotesi di un reincarico, mentre Renzi si è sempre detto poco interessato se non persino contrario. E non può essere escluso che i nuovi assetti del governo rientrino, collateralmente, come materia di scambio e di pressione, nelle trattative che si stanno aprendo sulla legge elettorale (oggi Renzi incontra Alfano).

Ma oggi è anche il giorno della direzione del Pd. Ed ecco il secondo effetto del patto fra Renzi e Berlusconi. La minoranza sconfitta alle primarie è in stato di agitazione e non solo perché Renzi, con la sua trattativa, ha legittimato il nemico di sempre. Il gruppo che fa riferimento a Gianni Cuperlo (e non solo) teme il sistema elettorale proposto dal giovane e nuovo segretario. Il sistema delle liste bloccate consegna infatti alla segreteria il potere assoluto nella scelta degli eletti: un meccanismo che completa la presa del potere di Matteo Renzi all’interno di un partito che oggi vive un singolare dualismo tra i gruppi parlamentari espressione degli sconfitti (furono nominati da Pier Luigi Bersani) e la nuova dirigenza democratica fedele invece al segretario neo eletto.

E insomma è vero che Stefano Fassina e il gruppo di Bersani criticano Renzi per aver legittimato il Caimano (“da militante del Pd mi sono vergognato”, ha detto Fassina), ma la vera e più profonda ragione del contendere riguarda il metodo di compilazione delle liste: nel sistema del listino bloccato il gruppo dirigente sconfitto (da Massimo D’Alema in giu) e i giovani ex diessini come Matteo Orfini e Gianni Cuperlo vedono il rischio esiziale della propria estinzione politica. Fosse davvero questo il sistema alla fine approvato dal Parlamento, la sopravvivenza della sinistra interna al Pd dipenderebbe soltanto da una magnanima concessione del nuovo Sovrano Renzi. Non è dunque un caso che nei corridoi meglio riparati del Pd alcuni stino tornando a maneggiare senza cautela la parola “scissione”. I rottamati, cioè i vecchi sconfitti (ma dalla grande esperienza), aspettano Renzi al varco e non è escluso che, alle spalle di Fassina, ci sia il profilo baffuto della volpe D’Alema, l’ex presidente del Consiglio che potrebbe anche partecipare oggi alla direzione del partito.

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