Il Senato salva Silvio Berlusconi per poche ore, perché Piero Grasso, il presidente, in serata smentisce il voto e annuncia che palazzo Madama si costituirà parte civile contro il Cavaliere. Il presidente ha ritenuto che l’identificazione – prima da parte del Pubblico Ministero poi del Giudice, del Senato della Repubblica italiana quale “persona offesa” di fatti asseritamente avvenuti all’interno del Senato, e comunque relativi alla dignità dell’Istituzione – ponga un ineludibile dovere morale di partecipazione all’accertamento della verità, in base alle regole processuali e seguendo il naturale andamento del dibattimento. Solo due mesi fa Palazzo Madama approvava a scrutinio palese la decadenza del Cavaliere. Oggi il Consiglio di Presidenza aveva stabilito che il Senato non si sarebbe costituito parte civile nel processo di Napoli sulla compravendita di parlamentari nella XV legislatura. Ma l’ultima parola spettava al presidente Grasso. E alla fine è arrivata: «Ne va della dignità delle istituzioni».
Nel centrodestra c’era ottimismo, ma gli azzurri sono stati smentiti a breve. Nel primo pomeriggio i 18 componenti dell’organismo parlamentare avevano espresso la propria posizione in merito alla vicenda. La maggioranza – 10 senatori a 8 – si è schierata a favore del Cavaliere, contro la costituzione in giudizio di Palazzo Madama. «Confido molto nell’ascolto del presidente – rivelava nel secondo pomeriggio il berlusconiano Maurizio Gasparri uscendo dalla riunione – In Consiglio di Presidenza abbiamo avuto una discussione in punta di diritto, credo proprio che la consultazione avrà un suo valore». Era troppo presto per cantare vittoria.
Rispetto allo scorso novembre sono comunque cambiati i rapporti di forza . Due mesi fa la Giunta per le immunità di Palazzo Madama aveva deciso a maggioranza di votare la decadenza di Berlusconi a scrutinio palese, condannando di fatto l’ex premier all’allontanamento dal Parlamento. Nel primo pomerigigo di oggi l’avevano spuntata i difensori del Cavaliere, chiamato in causa al processo di Napoli per la presunta compravendita di alcuni senatori durante l’ultimo governo Prodi. Poi è arrivata la doccia gelata di Graso.
Curiosamente, in ufficio di presidenza, l’ago della bilancia è stata ancora una volta la senatrice di Scelta Civica Linda Lanzillotta, già decisiva lo scorso 27 novembre. Hanno votato contro la costituzione in giudizio di Palazzo Madama – ipotesi senza precedenti – gli esponenti di Forza Italia, Lega Nord, Grandi autonomie e Libertà e Nuovo Centrodestra. Più due parlamentari considerati in bilico fino all’ultimo. La montiana Lanzillotta, appunto. E il senatore del gruppo Per l’Italia Antonio De Poli (vicino al leader Udc Pierferdinando Casini, da poco rientrato nel centrodestra berlusconiano). Favorevoli i rappresentanti di Pd, Sel, Autonomie e Cinque Stelle.
Poche sorprese sull’esito della votazione. A differenza del braccio di ferro sulla decadenza, stavolta la maggioranza ha preferito non alzare troppo l’attenzione sulla vicenda. Il motivo è fin troppo evidente. Curiosamente, il processo di Napoli si aprirà martedì prossimo 11 febbraio. Lo stesso giorno in cui la legge elettorale frutto dell’intesa tra Renzi e Berlusconi inizierà il suo percorso a Montecitorio. Non sarà decisivo per l’esito del procedimento di Napoli, ma il voto di oggi assume un particolare significato sotto il profilo politico. Con ogni probabilità Forza Italia vivrebbe la costituzione in giudizio come un ulteriore accanimento nei confronti del Cavaliere. Con il rischio di un’interruzione del processo legislativo sulla riforma elettorale. Se Grasso si fosse uniformato alla decisione del Consiglio di Presidenza, dalla prossima settimana la Camera sarebbero potute iniziare le votazioni sull’Italicum senza troppi timori di franchi tiratori. Ora cambia tutto. E adesso cosa faranno Berlusconi e i suoi?