Superamento del modello tradizionale di concorso pubblico; monitoraggio delle competenze con metodologie standardizzate e certificate; tassi differenziati di turnover per le amministrazioni più virtuose. Sono alcune delle proposte lanciate dall’Ocap (Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche della Sda Bocconi) per rilanciare l’efficienza la Pubblica amministrazione, insieme con il nulla-osta alla mobilità verso enti che siano in grado di dimostrare un’effettiva carenza di personale e il passaporto del dirigente rilasciato secondo metodo Epso (l’ufficio europeo di selezione del personale).
A pochi giorni dall’annuncio del premier incaricato Matteo Renzi di voler riformare la Pa entro aprile, i ricercatori della Bocconi hanno messo a punto una serie di soluzioni percorribili. «Non si tratta di misure che necessitano di particolari passaggi, se non quelli previsti per tutte le leggi ordinarie», spiega Nicola Bellè, tra gli autori del paper. «Occorre comunque una forte volontà riformatrice per avvicinare la nostra amministrazione pubblica ai migliori standard internazionali». L’esperto previene anche un’altra possibile obiezione, relativa ai costi che ogni riforma si porta dietro: «Si possono applicare modelli già attivi altrove a costo zero». Un esempio? «L’Unione europea fa le assunzione attraverso un modello concorsuale che non si limita solo alle competenze teoriche dei candidati, ma esamina anche il saper fare, il contributo in termini di azione».
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Italia quarta per costi complessivi
Scorrendo lo studio “La P.A. che vogliamo” curato dall’Ocap si scopre che in realtà la Pa è italiana non è poi così cara. Approfondendo i dati diffusi dalla Corte dei Conti, relativi al 2012, il gruppo di ricerca è arrivato alla conclusione che la spesa complessiva per le retribuzioni nel settore pubblico ammonta a 165,4 miliardi di euro, un dato inferiore a Germania (203,2 miliardi) e Regno Unito (206,2 miliardi), ma soprattutto alla Francia (267,7).
Fonte: Osservatorio Opac – Sda Bocconi
La stretta imposta dal blocco del turn-over e dal congelamento dei contratti ha portato a un calo della spesa per le retribuzioni pubbliche italiane nell’ordine del 2,8% tra il 2008. Meglio (o peggio, a seconda dei punti di osservazione) sono andate le cose in Irlanda (-12,95), Grecia (-15,6%) e Portogallo (-26,8%), tutti Paesi che sono stati investiti dalla crisi molto più di noi. Un discorso che vale anche per la Spagna, che pure è riuscita a ridurre la spesa solo del 2,1 per cento.
Fonte: Osservatorio Opac – Sda Bocconi
Se i Piigs hanno stretto la cinghia, non altrettanto hanno fatto gli altri Paesi del Vecchio Continente, tanto che nel quadriennio considerato le retribuzioni sono cresciute mediamente del 4,1%, con il picco del Belgio (+13,1%), seguito dalla Germania (+10,1%) e dalla Francia (+7,7%). «La riduzione di spesa è stata imposta dalla necessità di mettere un freno alla spesa pubblica in tempi di crisi», sottolinea Bellé, «ma di per sé non è un dato positivo. Infatti, con i tagli lineari si è colpito allo stesso modo le strutture più efficienti della macchina pubblica e quelle in cui dilagano gli sprechi, con ricadute negative anche in termini motivazionali sui dipendenti».
Terzi per popolazione, sesti per costi
Nonostante l’Italia sia il quarto Paese europeo per popolazione (dopo Germania, Francia e Gran Bretagna), l’incidenza pro-capite della spesa per i dipendenti pubblici ci vede al sesto posto. Ogni dipendente dello Stato e delle sue diramazioni ci costa 2.717 euro a testa, poco meno della media europea (2.736 euro) e molto meno del Belgio, che guida la classifica con 4.359 euro pro-capite, seguito da Irlanda (4.092 euro) e Francia (4.087). Il Regno Unito spende più di noi (3.260 euro), mentre la Germania un po’ meno (2.481).
Fonte: Osservatorio Opac – Sda Bocconi
La stretta imposta dalla crisi ha portato a un taglio della spesa media per italiano nell’ordine del 4,2% tra il 2008 e il 2012, mentre l’Europa nel suo insieme ha visto crescere l’ammontare del 3%, con i grandi Paesi tutti in crescita su questo indicatore, a cominciare dalla Germania (10,4%).
Fonte: Osservatorio Opac – Sda Bocconi
Un euro su dieci speso in stipendi pubblici
Un dato particolarmente interessante è relativo all’incidenza delle retribuzioni pubbliche rispetto al Pil, cioè alla ricchezza prodotta nel corso di un anno solare. I tempi delle spese allegre sono lontani in Italia, che nel 2012 ha visto l’indicatore attestarsi al 10,6%, un decimale in meno della media europea.
Fonte: Osservatorio Opac – Sda Bocconi
«Questi dati offrono comunque un quadro parziale della situazione», precisa Bellé, «in quanto andrebbero accompagnati da criteri qualitativi sull’efficienza delle singole strutture, cosa che manca in Italia». La palla ora passa al decisore politico, chiamato a un lavoro che in passato è stato intrapreso a più riprese dagli organi di governo, in genere con scarsi risultati.