Renzi contro Letta, fratelli coltelli alla sfida finale

Avanti col premier o tocca al sindaco?

Due pareri a confronto sul perché il momento della staffetta fra Letta e Renzi debba essere questo o, viceversa, l’alternarsi fra i due sarebbe un errore.

Perché Sì – L’opinone di Salvatore Merlo

Si può vivere o si può sopravvivere, e Matteo Renzi è uno che vive. È nato mordendo la carne un po’ frolla della sinistra italiana, si è buttato in politica con idee e modi incandescenti: ha strappato coi denti la poltrona di sindaco di Firenze contro la volontà del suo partito, poi ha azzannato quella di segretario del Pd contro la volontà di chi quel partito a Roma lo ha sempre posseduto. E dunque Renzi esiste perché sempre infrange il muro del potere costituito con un elemento forte di novità, con irruenza mocciosa, e anche con molta umoralità personale.

Adesso gli è naturale strappare a morsi anche la presidenza del Consiglio: è l’unico modo che ha per vivere, cioè per essere sé stesso. Ed è vero, gli sarebbe più comodo e forse conveniente aspettare, galleggiare placidamente accanto al corpo inerte di Enrico Letta, pazientare, attendere, macerarsi un po’, ottenere la riforma elettorale, poi le elezioni. Ma Renzi non è Casini, né Letta e nemmeno Berlusconi. Coloro i quali hanno sempre vissuto alla giornata ignorano la temperanza e la lungimiranza, virtù dei ricchi, virtù dei bennati.

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Perché No – L’opinione di Luca Telese

“La staffetta tra Matteo Renzi ed Enrico Letta è, prima di tutto, un errore. Andiamo subito al sodo: se il Pd riesce di nuovo, con un brillante colpo di reni a suicidarsi per la quinta volta in vent’anni (Occhetto 1994, D’Alema 1998, Unione 2006, Monti 2011, Renzi 2014) questo rissoso gruppo dirigente che si è formato per faide sotterranee e unanimismi ipocriti, dovranno studiarlo nelle università come caso rarissimo di decadenza collettiva, transgenerazionale in qualche modo fatale, se non addirittura biblica. 
Non ci vuole molto a capire che la detronizzazione più o meno violenta (o anche concordata in extremis) di Letta per far posto all’ambizione scalpitante e postmoderna di Renzi avrebbe questo effetto: non un premier eletto, ma un eletto in cerca di premiership che rischia di smarrire se stesso, e il suo popolo, nella ricerca, e che tradisce l’ultima chanche di alternativa per impazienza e incapacità di attendere”.

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