Si è guadagnato l’appellativo di “Signore degli aeroporti”, dopo che la sua Corporacion America è diventata il maggior azionista privato di 51 scali tra l’Europa, il Caucaso e il Sud America. Ma Eduardo Eurnekian non è al centro solo di un network internazionale di aeroporti, quanto di un complesso sistema di affari e relazioni. A 81 anni, l’imprenditore armeno-argentino, il secondo uomo più ricco del suo Paese (Forbes), ha di recente lanciato un’Opa per il controllo dell’Amerigo Vespucci di Firenze e del Galileo Galilei di Pisa, mettendo in seguito nel mirino tutti e 21 gli aeroporti greci. Un’ascesa a prima vista inarrestabile, che dal barrio Palermo di Buenos Aires arriva a perdersi nel piccolo Principato del Liechtenstein.
Poteva diventare un tycoon della televisione, Eurnekian, dopo che nei primi anni Novanta, con il presidente Menem alla Casa Rosada, decide di investire nella tv via cavo, acquistando l’emittente locale Cablevision e le licenze per raggiungere i 13 milioni di abitanti della regione di Buenos Aires. Un’intuizione che si rivelerà quanto mai redditizia. Cresciuta fino ad essere il secondo operatore via cavo nazionale, Cablevision attira le attenzioni dei colossi della tv americana. Ed Eurnekian vende così il 51% delle sue azioni alla Tele-Communications International di Denver, incassando circa 350 milioni di dollari. Un’operazione ripetuta con successo anche nel 1997, quando l’imprenditore armeno cede un ulteriore 39% di Cablevision alla CEI Citicorp Holdings per la cifra di 320 milioni di dollari.
Eurnekian il 9 agosto 2013 con il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon come presidente della International Raoul Wallenberg Foundation, insieme al fondatore Baruch Tenembaum
Nello stesso anno, alla testa del consorzio Aeropuertos Argentina 2000, Eurnekian, da molti considerato vicino all’ultra liberista Menem, decide di partecipare alla gara per la privatizzazione del “Sistema nacional de aeropuertos”. A fianco di Eurnekian, con una partecipazione del 28%, c’è anche la Sea di Giuseppe Bonomi. Ed è proprio il gruppo guidato da Corporacion America, con un’offerta di oltre 171 milioni di dollari, ad assicurarsi nel gennaio 1998 il controllo trentennale sui 33 maggiori aeroporti argentini.
Ma insieme al successo arrivano anche le prime grane giudiziarie. Nel 2001 l’Afip, Administración Federal de Ingresos Públicos (l’equivalente argentino della nostra Agenzia delle Entrate), denuncia Eurnekian per una presunta evasione fiscale. Secondo le ricostruzioni del direttore dell’Agenzia, Alberto Abad, l’imprenditore avrebbe infatti spostato illegalmente all’estero i guadagni ottenuti dalla vendita delle azioni Cablevision, trasferendoli in un fondo fiduciario alle Cayman gestito da Citi Trust Limited ed in uno alle Bahamas, amministrato da Itk Trust Company Limited. Grazie a questo sistema, denuncia Abad, tra il 1995 e il 1997 Eurnekian avrebbe evaso circa 14 milioni di pesos.
È solo l’inizio di un lungo dibattimento, destinato a far scuola nella giurisprudenza argentina. Nel 2003 il giudice Julio Cruciani emette un provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Eurnekian, disponendo anche il sequestro di beni e proprietà per 40 milioni di pesos. Ma prima in appello nel 2004 e poi in terzo grado nel 2010, i giudici della Corte Federale e della Corte Suprema di Giustizia ribaltano la sentenza: Eduardo Eurnekian non è un evasore fiscale, non avendo la disponibilità dei fondi protetti nei trust nonostante abbia la facoltà di revocare i suoi componenti.
A fine dicembre 2011, altre nuvole appaiono però all’orizzonte. Corporacion America, salita quasi al completo controllo di Aeropuertos Argentina 2000, è costretta infatti a cedere il 15% delle sue azioni al Governo argentino a causa del debito accumulato sui mancati pagamenti delle concessioni annuali. Alcune fonti parlano di un pregresso di quasi 200 milioni di dollari; un cable di Wikileaks (molto critico nei confronti della compagnia) arriva addirittura a quantificarli in 387 milioni.
Forse è proprio in previsione di ristrutturare il debito che, tra dicembre 2010 e gennaio 2011, Aeropuertos Argentina decide di emettere un prestito obbligazionario da 300 milioni di dollari. È la seconda emissione a scadenza 2020 dopo quella da 138 milioni del marzo 2010. A curare il collocamento sono Credit Suisse e Morgan Stanley, che nel memorandum di presentazione dell’offerta illustrano la piramide di controllo offshore del Gruppo guidato da Eurnekian. Uno schema sotto il quale vengono ricondotte, direttamente o indirettamente, tutte le partecipazioni negli aeroporti. Anche quelli italiani (e pure quello di Zvartnots in Armenia).
Al 31 dicembre 2009, secondo quanto riporta il prospetto, Aeropuertos Argentina 2000 è controllata da Corporacion America (Casa) con una quota del 54% (alla quale si aggiunge la partecipazione indiretta della Corporacion America Sudamerica, che detiene un ulteriore 35% del capitale). A sua volta, Casa è quasi interamente sotto il controllo di Cedicor (97,5%), una società per azioni incorporata in Uruguay. Il 100% di Cedicor è detenuto dalla America International Airport, con sede sociale in Delaware. E dall’America, per il tramite di Liska Assets International Corporation e della controllante Liska Investments Corporation, si arriva alle British Virgin Islands.
Come se non bastasse, c’è poi ancora un livello da considerare. La Liska Investment Corporaton è sotto la governance della Southern Cone Foundation, una società con domicilio fiscale a Vaduz, creata secondo la legislazione del Principato del Liechtenstein. Potenziali beneficiari di questa fondazione sono «i membri della famiglia Eurnekian ed istituzioni religiose, caritative o dedite all’educazione», ricorda il documento, che conclude poi il paragrafo ribadendo la «significativa influenza» che continua ad esercitare Eduardo Eurnekian sulle sorti della compagnia.
Uruguay, Delaware, British Virgin Islands, Liechtenstein: quello che potrebbe sembrare un complesso sistema di scatole cinesi in Paesi a fiscalità privilegiata calza alla perfezione anche allo schema dell’Opa lanciata da Eurnekian sugli scali di Firenze e Pisa. L’offerta è promossa dalla Corporacion America Italia, una società a responsabilità limitata con sede a Milano costituita il 19 febbraio, pochi giorni prima dell’acquisto del 33,4% delle quote dell’Amerigo Vespucci di Firenze. Amministratore unico è Roberto Naldi, braccio destro di Eurnekian in molte operazioni effettuate sul suolo nazionale. Il capitale sociale, 10 mila euro, è detenuto dalla Dicasa Spain, un’azienda con domicilio legale a Madrid, nella sede della filiale spagnola del gruppo lussemburghese Intertrust, specializzato in corporate management services. E qui, infatti, le tracce svaniscono nel nulla.
È il documento d’offerta, però, ad indicare nuovamente la Corporacion America Italia come «una società di neo-costituzione appartenente al gruppo facente capo ad American International Airports LLC, società controllata, indirettamente, dalla Southern Cone Foundation». Insomma, ancora una volta tutto tiene. Anche se di fondo una domanda rimane: com’è possibile che con 10mila euro di capitale una società riesca a finanziare con mezzi propri (anche «riservandosi di valutare il ricorso a finanziamenti bancari») un’Opa potenzialmente da oltre 80 milioni di euro? Ai quali si aggiungono, esattamente con le stesse modalità, altri 94 milioni per l’offerta pubblica di acquisto delle quote nell’aeroporto di Pisa? Il 24 marzo Corporacion America ha depositato presso la Consob i documenti di offerta relativi alle Opa su Adf e Sat, le società che gestiscono gli aeroporti di Pisa e Firenze. Per Adf, ha scritto l’Ansa, Corporacion America corrisponderà ai soci aderenti 13,42 euro per azione (80,7 mln il controvalore massimo), mentre per Sat corrisponderà 13,15 euro per azione (94,1 mln il controvalore massimo), in entrambi i casi incluse le cedole relative a eventuali futuri dividendi.
Probabilmente la risposta fa parte del segreto del successo di Eduardo Eurnekian. I capitali non mancano, all’uomo d’affari armeno; le relazioni, in Italia, nemmeno. Basta pensare alla rete di contatti attivata per l’ingresso nel capitale sociale dell’aeroporto di Trapani, ricostruita da Giorgio Meletti per Il Fatto quotidiano e da Mario Gerevini per Il Corriere della Sera. Un capolavoro barocco di ingegneria societaria, dove in campo entra anche l’editore del gruppo Class, la famiglia Panerai. La Corporacion di Eurnekian, ai tempi, si fermò al 38,5% di Airgest. Ma in Lussemburgo, per il tramite di Intertrust, era già pronta una holding dal nome evocativo: Catania.
Di questo passo, c’è da chiedersi dove arriverà il “Signore degli aeroporti”. Di certo, dopo le piccole scosse d’assestamento provocate dal Piano nazionale del ministro Lupi, Eurnekian si prepara a dare battaglia nel risiko degli scali italiani. E nei prossimi mesi le sorprese non mancheranno, soprattutto se i cieli d’Argentina dovessero improvvisamente diventare stretti per il magnate che oggi vola indisturbato.