Pare un libro stampato

LINK YOUNG

Sono due volumi di più di trecento pagine ciascuno, un po’ su carta pergamena, un po’ su carta di canapa. Autore ignoto, più o meno; titolo la Bibbia; editore Gutenberg Verlag, forse finito di stampare dopo un lungo lavoro, il ventidue di marzo dell’anno 1457 nella tipografia di Magonza. Era l’inizio della stampa a caratteri mobili, quella che ha reso il libro un oggetto di uso comune e Johan Gutenberg uno tra gli inventori più importanti della storia.

Il racconto

LEGGIMI UNA STORIA

«Me la leggi una storia?» Chiese il piccolo Johannes dopo essersi lavato i denti, infilato il pigiama e dato il bacio della buona notte al gatto soriano.

«Ti prego, ti prego, – insistette – leggimi una storia!»

La mamma gli rimboccò le coperte, sorrise, e cominciò a raccontare.

«C’era una volta…»

«Ferma, mamma, ferma! – La interruppe subito il pargoletto – Non hai capito…»

«Ti ho chiesto di leggere, – si spiegò meglio – non di raccontare a memoria.» E quanto a significato delle parole aveva ragione da vendere.

Paziente, la mamma sorrise di nuovo e si guardò intorno alla ricerca di un libro, magari di favole, da aprire, sfogliare e leggere, ma sul comò c’era solo un bicchier d’acqua e un mandarino. Sulla sedia c’erano i pantaloni buttati lì, i calzini e la camicia, ma nessun libro. Sulla scrivania una penna d’oca e il calamaio. Per terra c’era di tutto e bisognava fare attenzione a non inciampare, ma di libri nemmeno l’ombra. Sotto il letto era rischioso infilare la mano o la punta del naso.

Diventava difficile leggere una storia a Johannes, che non ne voleva sapere di addormentarsi, senza un libro pur piccolo tra i polpastrelli. La mamma, però, non si perse per nulla d’animo.

«Intanto mettiti a dormire – sussurrò – e sogna tutte le storie che vuoi. Io mi ingegno e ti procuro un bel libro.» Soffiò per spegnere la candela e se ne uscì.

Senza perdere un istante di quella notte, che si preannunciava intensa, accese tutte le candele della sala, estrasse da un cassetto dei preziosi fogli in carta pergamena, qualche pennino, una boccetta di nero di seppia, dei colori e tre pennelli di varie misure. Poi mandò a chiamare un amanuense e un miniaturista, che accorsero trafelati da quella cliente così notturna.

A entrambi offrì una brocca di caffè e due pasticcini, poi cominciò a dettare:

«C’era una volta…»

E l’amanuense scriveva, con grafia curata e arzigogolata.

E il miniaturista dipingeva i capolettera e qualche figura qua e là, a chiudere i capitoli o a intervallare i paragrafi.

Non era una storia lunghissima: poche pagine, sufficienti per far addormentare Johannes in un sonno soave. Un conto, però, era leggerla, un altro scriverla, con le righe lunghe uguali, i caratteri che parevano stampati e tutto il resto. Infatti il lavoro terminò alle prime luci dell’alba, quando il caffè era finito e ne fu preparata un’altra brocca.

Con passo lieve, la mamma entrò nella cameretta di Johannes tenendo il suo nuovissimo libro con entrambe le mani. Anziché la buonanotte gli avrebbe augurato buongiorno e sarebbe stato il modo migliore di cominciare la giornata. Mentre ancora il piccolo dormiva, sottovoce cominciò a leggere:

«C’era una volta…»

Pensa che bello, svegliarsi dal sonno profondo, con la voce cella mamma a raccontare… Tanto bello che Johannes, scambiando la mattina per la sera, si accoccolò ancor di più sul cuscino, si arrotolò ancor meglio tra le coperte, ascoltò la storia fino al vissero felici e contenti, quindi si rimise a dormire che, per quel che ne sapeva lui, la notte era appena cominciata.

Quel mattino – pare – il marmocchio non andò a scuola e la mamma, stanca per la nottata di lavoro, si mise a letto pure lei.

Ma le storie più belle, si sa, accendono i sogni migliori e nei pensieri del piccolo Johannes cominciarono a intrecciarsi idee e visioni fantastiche, trespoli e ingranaggi, macchinari improbabili e diavolerie tecnologiche. In particolare, Johannes sognò l’invenzione straordinaria di una macchina che potesse stampare tutti i libri del mondo, mettendo le lettere maiuscole e minuscole una accanto all’altra, una riga sotto l’altra, una pagina dopo l’altra. Soprattutto, quella macchina avrebbe permesso a tutti gli amanuensi e tutti i miniaturisti del mondo di dormire tranquilli per la notte intera e alle mamme di non dover tribolare così tanto per leggere una storia.

Quando Johannes si svegliò il pranzo era già in tavola. Si accomodò, affamato, e tra il primo e il secondo tracciò sul tovagliolo i primi intricati bozzetti della sua fantastica invenzione della fabbrica dei libri.

La fotografia

Tra le invenzioni più famose della storia c’è senza dubbio la lampadina. Bravo Edison! Anzi no. Ben prima di lui l’elettrotecnico tedesco Heinrich Göbel aveva messo insieme la sua bella lampada a incandescenza con un filamento in bambù all’interno di un bulbo di vetro dal quale era stata tolta l’aria. Bravo Heinrich, allora! Durava pochi minuti, la sua luce, che era una magnificenza, ma un po’ fastidiosa da sostituire mille volte al giorno. L’ingegnoso americano sviluppò quindi quella idea illuminata e illuminante – ne pagò persino i diritti, mica la rubò… – e, utilizzando un filamento in tungsteno, ottenne la luce per sé e per tutti. Bravo Thomas! A volte avere l’idea non basta: bisogna anche farle funzionare e per questo, quando pensiamo alla lampadina, è Edison che ci viene alla mente e non il suo amico Göbel.

Il video

Tra le invenzioni moderne il cinema è senz’altro una delle più spettacolari. E dentro il cinema c’è anche l’invenzione del cinema d’animazione. E quando un personaggio animato del calibro di Paperino si trova a tu per tu con le invenzioni più moderne, ecco che non si sa cosa aspettarsi. È del 1937 questo episodio così moderno e così inventivo e per fortuna che tutti i guai capitano a lui e non a noi, che ce ne stiamo comodi comodi a guardare.

La pagina web

Hai un’idea geniale e non sai che farne? Semplice! Elaborala per bene, in modo che funzioni senza problemi, quindi brevettala e diventerai famoso. Forse. Puoi farlo rivolgendoti a un qualsiasi ufficio brevetti, munito di carta bollata e tutto il resto, oppure cliccando sul sito giusto http://www.italiainventa.com], dedicato agli inventori come te e a chiunque abbia avuto un’idea gagliarda che, chissà, potrebbe essere anche la più bella del secolo!

Ti consiglio un libro

Bruno Munari – Le macchine di Munari – Corraini

Hai un’idea ma ti pare una cavolata? Il tuo ingegno si è ingarbugliato? La tua trovata ha buone possibilità di essere inutile? C’è chi di fronte a queste situazioni non si è mai fatto problemi, anzi, e ne ha tirato fuori un libro, che è comunque sempre una buona idea. Bruno Munari di idee era una vera fucina e ci propone uno scodinzolante agitatore di code per cani pigri, un ovale misuratore automatico del tempo di cottura di un uovo sodo e un bel numero di altre diavolerie. Vien voglia di fare gli inventori, a sfogliare queste pagine, e non è detto che tra le sue righe non si scorga il suggerimento per la soluzione tecnologica a qualsiasi problema.

I nostri eroi

La vita prima della carta igienica deve essere stata un disastro. Davvero. Fu un cinese dell’anno Cinquecento – tale Yan Zhitui – il primo a mettere in chiaro le cose, forse per evitare che, tra tutte le verdi foglie disponibili in natura, qualcuno finisse per utilizzare una fastidiosa ortica, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare sia lì che sul dito. O l’ago di un pino, poco efficace davvero. La carta diventò il mezzo preferito e preferibile per fare una bella pulizia, con la sola avvertenza di utilizzarla da un lato solo e – così scriveva – di evitare scrupolosamente i fogli scritti con testi di filosofia. Diceva davvero così, il cinese letterato e igienista: «È poco opportuno utilizzare, a fini igienici, della carta che rechi stampati degli scritti filosofici.»

Certo, sarebbe stata una mancanza di rispetto verso i saggi di quel tempo, che quelle parole le avevano pronunciate, magari proprio al termine di una seduta pensierosa sulla tazza… Una cosa non mi è chiara, però: passi per la filosofia, ma con la matematica ci si poteva invece pulire? E con una novella o una ricetta di cucina? E se c’è un errore di grammatica va bene lo stesso? Ma soprattutto, prima di pulirmi, quello che c’è scritto sul foglio devo leggerlo e impararlo per bene? Sarà per questo che leggere in bagno è per molti un’attività distensiva e rilassante?

Il signor Egidio aveva – è il caso di dirlo – un chiodo fisso. Probabilmente non aveva idea, il Brugola, che il mondo si sarebbe riempito di mobili componibili, impacchettati sul portapacchi, pronti per essere montati senza troppi problemi: non lo sapeva, né poteva immaginarlo, nemmeno con la più sfrenata fantasia, perché nel 1926, se ti serviva un comò, un letto o una sedia andavi dal falegname, sceglievi il tipo di legno più adatto al colore di tendaggi e tappeti, ti accordavi sul prezzo e, se tutto andava bene, in un mesetto lui ti consegnava il manufatto, con i fronzoli e i ghirigori dello stile prescelto.

Un tal dì, assemblando non so cosa, forse aveva smarrito il cacciavite. Gli balzò allora in testa l’idea di un pezzo di metallo piegato a elle, con sezione esagonale, da far combaciare con un foro, esagonale pure lui, praticato sulla testa della vite, per poi girarla verso destra o verso sinistra, a seconda che la si intenda fissare o mollare. Bravo! Brugola aveva inventato la brugola, che però ancora brugola non si chiamava, mentre lui era Brugola sin dalla nascita. E forse non sapeva nemmeno, l’Egidio, che il suo cognome sarebbe passato alla storia come pezzo di utensileria ottimo per montare mobilia, ma anche per fissare le ruote delle biciclette.

E chissà se in qualche parte del mondo sia mai vissuto tal Peppino Cacciavite, Jean-François Tournevis, Franz Schraubendreher o Jimmy Screwdriver. Non credo, mentre il Brugola Egidio ed il suo chiodo fisso sì!

Capita che un’idea tiri l’altra, un po’ come le ciliegie. Senza la bella trovata del signor Nicolas-Jacques Conté, infatti, il signor Bernard Lassimone mai se ne sarebbe uscito con la sua, di trovata. Il primo, ufficiale dell’esercito francese, si inventò nientemeno che la matita, con il legno tutto intorno e l’anima di grafite. Poi le matite colorate e tutto il resto, per la gioia dei disegnatori bravi e anche di quelli scarsi. Bernard, con la sua mente matematica piena di rotelle e ingranaggi, colse la palla al balzo e inventò il suo bellissimo temperamatite, senza il quale anche il Conté, forse, non sarebbe diventato così famoso. Buon per l’uno e buon per l’altro ma, soprattutto, buon per noi e per la nostra fantasia!

Il suo nome originale è Gyro Gearloose, ma tutti noi lo conosciamo con il nome di due geni dell’antichità: Archimede e Pitagora. È tra i più intriganti personaggi della banda Disney, Archimede Pitagorico, in compagnia del suo amico Edi, con la testa a lampadina, come le belle idee che si accendono. C’è un problema a fumetti? C’è un guaio a Paperopoli? Prova a suonare al campanello di Archimede, vedrai che qualche trovata geniale e ingegnosa ti sarà servita all’istante. L’unico problema è che non funziona durante i compiti e le interrogazioni quando, ahimè, tocca arrangiarsi.

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