Giorni movimentati in via Monzambano a Roma, sede legale di Anas. La società partecipata al 100% dal ministero dell’Economia che gestisce la rete stradale italiana, 25.000 chilometri e 6.000 dipendenti, è attraversata dalla scure della spending review. Dopo segnalazioni e articoli di stampa, il presidente Ciucci ha emanato una circolare interna con cui limita l’uso delle autoblu ai top manager, stroncando l’utilizzo personale delle auto istituzionali e vietando «l’accompagno a casa». L’esigenza, si legge nella nota presidenziale, è motivata «dalla politica aziendale di contenimento e razionalizzazione dei costi e l’efficientamento dell’utilizzo delle risorse interne». Wikispesa, l’enciclopedia sugli sprechi di Stato edita dall’Istituto Bruno Leoni, rivela comunque che uno dei dirigenti rimasti senz’auto, il direttore centrale delle Relazioni Esterne Giuseppe Scanni, avrebbe a disposizione dei buoni taxi per gli spostamenti.
Sulla situazione di Anas, la più grande stazione appaltante d’Italia, si muove il commissario governativo della spending review Carlo Cottarelli. «Ci stiamo lavorando», fanno sapere a Linkiesta gli uffici dell’ex dirigente Fmi. Massimo riserbo sulle misure da adottare, ma le segnalazioni e l’impegno sul dossier non sono appannaggio delle ultime ore: «Abbiamo persone che conoscono la questione». Pare che anche il premier Matteo Renzi sia rimasto «turbato» dalla querelle sulle autoblu aziendali proprio nel periodo in cui il governo ha avviato la campagna politico-mediatica per la rottamazione dei simboli della casta.
Intanto l’8 aprile è stata depositata la relazione della Corte dei Conti sulla gestione di Anas durante l’esercizio finanziario del 2012. «Con il bilancio integrato 2012 (l’ultimo reso pubblico online, ndr) Anas ha ottenuto per la prima volta il livello massimo di accreditamento A+ da parte del Global Reporting Initiative a conferma del processo virtuoso di cambiamento delle politiche intraprese da Anas negli ultimi anni». Le 131 pagine redatte dalla magistratura contabile suonano come una promozione per il gestore delle strade italiane: «Per il quinto anno consecutivo la gestione economico-patrimoniale della Società si è chiusa con un risultato positivo pari a 2,16 milioni di euro». Rispetto all’esercizio precedente aumentano di 1.646,11 milioni di euro (+9,3%) gli investimenti nella realizzazione di strade e autostrade. Nella disamina viene dato spazio anche alle attività di comunicazione: ufficio relazioni con il pubblico, settore eventi, servizio stampa, Ccis viaggiare informati, web tv, sito internet e house organ. L’intenzione è quella di «presidiare le funzioni che avessero un impatto con l’esterno e valorizzare gli asset storici dell’azienda».
Né dal bilancio né dalla relazione della Corte dei Conti si evincono le cifre destinate alla comunicazione gestita dalla direzione Relazioni esterne, un dipartimento di sessanta persone che, secondo i calcoli di Wikispesa, solo di risorse umane costa due milioni di euro annui cui vanno aggiunti il budget per le attività di ufficio, incentivi, consulenze ed eventi. Un apparato imponente per un’azienda pubblica chiamata a gestire manutenzione e investimenti nella ragnatela stradale italiana. Dal documento della Corte si nota pure che in Anas il rapporto dirigenti-dipendenti è di 1 a 33 ma nella struttura centrale diventa 1 a 11. A margine della lettura e a microfoni spenti, fonti vicine ad Anas aggiungono un dettaglio: «Al contrario delle amministrazioni pubbliche, qui non esiste un concorso per la nomina a dirigente, si tratta di scelta fiduciaria del management con casi di dirigenti che occupano posizioni senza avere titoli qualificanti».
Quanto al documento della Corte dei Conti, sfogliando le pagine si legge pure che nel 2012 sono state assunte 324 persone (di cui 317 a tempo determinato) e riassunte altre 88 in virtù di procedimenti giudiziari di primo grado. Nel corso degli anni il costo dei dirigenti si è impennato: dai 28,5 milioni del 2006 ai 42,7 del 2011, poi scesi a 36,8 nel 2012. Nel medesimo anno è stato ridotto anche l’uso delle carte di credito aziendali in godimento «ai dirigenti titolari di alte responsabilità amministrative e manageriali». Il conto del 2012 si attesta infatti a 32.000 euro (nell’esercizio precedente erano 49.000) mentre le spese sostenute per le attività internazionali, sempre con carta di credito, ammontano a 37.305,61 euro.
La promozione arrivata da viale Mazzini, sede della Corte dei Conti, rappresenta una delle due facce del rapporto tra Anas e magistratura contabile. L’altro lato si materializza nell’interrogazione parlamentare presentata a gennaio dai deputati di Sel Arturo Scotto e Stefano Quaranta. Nel testo indirizzato al ministro dell’Economia e a quello delle Infrastrutture si legge: «Recentemente la procura della Corte dei Conti ha comminato una multa per danno erariale da 35,5 milioni di euro al presidente dell’Anas, dottor Pietro Ciucci, ed ai suoi principali dirigenti». Non si è ancora arrivati a sentenza e Wikispesa parla di rinvio a giudizio. Ai top manager viene contestata la responsabilità di un accordo bonario con l’impresa Comeri (Astaldi) «dopo l’ennesimo sforamento dei costi della strada statale 106 dello Jonio». La procura regionale, scrive il magistrato Angelo Raffaele De Dominicis nella memoria redatta in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014, ha ritenuto che dai comportamenti di Anas «sia derivato un danno alle finanze pubbliche, sotto forma di riconoscimento al contraente generale Comeri di somme non dovute». Ciucci e i dirigenti chiamati in causa hanno presentato ricorso in Cassazione per difetto di giurisdizione.
La tesi di Anas, ricostruita da L’Espresso, è che la Corte dei Conti non avrebbe voce in capitolo perché, benché controllata al 100% dallo Stato, non è una società pubblica ma una s.p.a. di diritto privato. Dunque i manager del colosso stradale non possono essere chiamati a compensare il danno di tasca propria. In attesa della pronuncia della Cassazione, la vicenda, pur passata mediaticamente in sordina, ha creato polemiche tra gli addetti ai lavori e da più parti si chiede a Governo o Parlamento di mettere nero su bianco con una legge che il controllo sulle società pubbliche sia materia dei magistrati contabili. A fine febbraio è piovuto lo sfogo del presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Lazio Ivan De Musso, impegnato nella battaglia per riportare milioni di euro nelle casse dello Stato in una circoscrizione, quella laziale, dove ha sede la maggior parte delle aziende pubbliche. «Gli amministratori delle grandi società partecipate – denuncia De Musso – corrono da mamma Cassazione lamentandosi che la Corte dei Conti vorrebbe giudicarli. Vogliono andare davanti al giudice ordinario, sapendo perfettamente che mai nessuno li chiamerà a rispondere del danno causato al pubblico erario». Nessun riferimento ad un’azienda in particolare, ma l’interpretazione sembra chiara.
Oggi dagli uffici della Corte la risposta è garbata ma secca: «No comment». Mentre a via Monzambano le possibili conseguenze della controversia insistono anche sulla tenuta delle poltrone. Anas è tra le società ad aver introdotto in statuto la direttiva del Ministero dell’Economia con i nuovi criteri per i requisiti di onorabilità degli amministratori pubblici. Quali cause di decadenza per giusta causa ci sono il rinvio a giudizio, la pronuncia di una sentenza di condanna anche non definitiva, il patteggiamento. La lista dei delitti annovera gravi violazioni delle norme sull’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa, in materia di mercati e valori mobiliari, le violazioni penali in materia di società e consorzi e della legge fallimentare, i delitti contro la p.a., la fede pubblica, il patrimonio, l’ordine pubblico, l’economia pubblica ovvero in materia tributaria. Nel testo si legge che «gli amministratori che nel corso del mandato dovessero ricevere la notifica del decreto che dispone il giudizio (per i reati sopracitati, ndr) o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale, devono darne immediata comunicazione all’organo di amministrazione». Il quale sarà poi chiamato a deliberare sulla permanenza in carica dell’amministratore incriminato.