Per anni, nella collezione dell’Andy Warhol Museum di Pittsburgh ci sono stati un Amiga 1000, un mouse, una rudimentale fotocamera e dei floppy disk appartenuti a Andy Warhol. Il computer e il resto delle apparecchiature erano stati regalati all’artista da Commodore, l’azienda produttrice dell’Amiga, nel 1985 come parte di un’iniziativa per dimostrare le potenzialità del computer nella grafica.
Per molto tempo, computer e floppy sono stati semplicemente conservati dal museo, senza che a nessuno venisse in mente di guardarci dentro. Poi, nel 2011, l’artista Cory Arcangel (che si autodefinisce «fanatico di Warhol e nerd dei computer») ha visto su YouTube un video di Warhol alle prese con l’Amiga. E si è chiesto se sui dischetti che erano insieme al computer non ci fosse qualche altra opera dell’artista. Dopo una visita al museo e una chiacchierata con la curatrice Tina Kukielski è partito un complicato tentativo di recuperare gli eventuali file salvati sui floppy. L’Amiga 1000, però, è un computer che ha quasi trent’anni e recuperare dei file così vecchi non è cosa facile.
Per fortuna, parecchie persone hanno aiutato Cory nella sua missione. Golan Levin, artista visivo e professore della Carnegie Mellon University, ha sostenuto il progetto con un fondo di ricerca e ha messo Cory in contatto con il Computer club dell’università, un gruppo di appassionati di restaurazione di vecchi computer. Insieme, Cory e i ragazzi del Computer club hanno analizzato i dischetti e subito scoperto un problema: anche solo guardando cosa c’era dentro i dischi — nessuno ancora sapeva nemmeno se sopra ci fosse veramente salvato qualcosa — si correva il rischio di cancellare in modo irreparabile il contenuto.
Ci è voluto quasi un anno di lavoro e di collaborazione tra il Computer club e il Warhol Museum per preparare un’operazione che permettessero di aprire i dischi in modo sicuro. Ma ne è valsa la pena. Appena aperte le directory dei floppy, i ricercatori hanno trovato una lista file con nomi come “campbell.pic” o “marilyn1.pic”. A questo punto, però, si è presentato un nuovo problema: i file erano salvati in un formato completamente sconosciuto e non esistevano programmi in grado di aprirli. E cosa fa un nerd in una situazione come questa? Semplice, crea un nuovo programma in grado di aprire i file. Tramite un processo chiamato ingegneria inversa, gli esperti del Computer club hanno costruito un software in grado di visualizzare per la prima volta in quasi trent’anni i file salvati da Warhol. In tutto, sono state recuperate 28 immagini mai viste dell’artista (per il momento ne sono state pubblicate soltanto tre).
Questi non sono i primi lavori in assoluto di Warhol fatti con l’Amiga che vediamo. Nella clip che ha fatto partire la ricerca di Cory Arcangel c’è un ritratto della cantante punk-rock Debbie Harry dipinto dal vivo col computer. E poi c’è anche you are the one, una specie di videoclip con una sequenza di immagini di Marilyn Monroe con una colonna sonora (il filmato è stato restaurato nel 2006 dal Museum of New Art ma non se ne trovano tracce online). Come dice il direttore del Warhol Museum, l’artista «non aveva limiti nel suo lavoro artistico. Queste immagini generate al computer sottolineano il suo spirito sperimentatore e la sua volontà di usare veramente i nuovi media».
Ma forse le migliori parole su questa scoperta sono proprio quelle di Warhol, che parlando dei suoi lavori digitali, con la sua tipica ironia, diceva: «la cosa che mi piace di più di questo tipo di lavori con l’Amiga è che assomigliano ai miei lavori in altri media».