Il buon andamento dei mercati finanziari da una parte, il persistente credit crunch dall’altra. Sono le due ragioni che spiegano negli ultimi mesi il decollo dell’Aim Milano, il listino per le Pmi ideato sull’esempio dell’omologo londinese (in controtendenza con la fuga delle imprese dalla Borsa, misurata sull’ultimo decennio, che abbiamo raccontato nella prima puntata della nostra inchiesta, ndr). Oggi sono 41 le società quotate e in preparazione almeno 20 sbarchi entro la fine dell’anno.
Per superare la tradizionale diffidenza dei piccoli imprenditori verso il mercato, Piazza Affari ha messo a punto uno schema che prevede costi e burocrazia ridotti rispetto al Mta (Mercato telematico azionario). Tra le altre cose, in fase di ammissione non è richiesta la pubblicazione di un prospetto informativo (sostituito da un documento semplificato di ammissione) e successivamente non occorre la pubblicazione dei resoconti trimestrali di gestione. A garantire la trasparenza sul mercato è il Nomad, figura tramutata dall’esperienza inglese, responsabile nei confronti di Borsa Italiana di valutare l’appropriatezza delle società che richiedono l’ammissione, e successivamente di assisterle nel corso della loro permanenza sul mercato. Il flottante minimo ammonta al 10%, con l’offerta in sede di Ipo rivolta prevalentemente agli investitori istituzionali.
A fare il punto sullo stato di sviluppo dell’Aim in salsa italiana è stato un convegno organizzato presso Borsa Italiana da Ir Top, società che si occupa di relazioni con gli investitori e comunicazione finanziaria. «La liquidità è in miglioramento», spiega l’ad della società, Anna Lambiase, «nei primi due mesi dell’anno il numero di giorni con scambi è salito al 71% dei giorni di negoziazione contro il 65% rilevato nel 2013. Di pari passo, la volatilità cala dal 64% al 47 per cento». Lo studio presentato nell’occasione rivela che gli investitori istituzionali presenti sull’Aim sono 58 (quindi più delle società quotate), di cui 39 italiani e 19 esteri, per un investimento complessivo di 163 milioni di euro (in pancia agli italiani ci sono 101 milioni), vale a dire l’11% della capitalizzazione complessiva. Il numero delle partecipazioni detenute è 94, con il 41% che si colloca sotto il milione di euro.
Per Barbara Lunghi, responsabile piccole e medie imprese di Borsa Italiana, «questi dati evidenziano che il decollo tanto atteso, è avvenuto. Attualmente siamo a 41 società quotate, con un’altra ventina che ha già avviato colloqui con i consulenti in vista del possibile sbarco». I settori merceologici sono i più disparati, dall’It alla green economy, passando per le investment company, settori poco rappresentati sul mercato principale in quanto caratterizzati per lo più da aziende di piccole dimensioni. I nomi che circolano, tra le società che dovrebbero quotarsi, sono quelli del locale jazz Blue Note, la catena di occhiali a marca privata NAU!, Prodea (comunicazione) e Sunshine (investment company).
Fonte: Methorios Capital
«A fronte delle persistenti difficoltà di accesso al credito bancario, le Pmi guardano con maggiore interesse che in passato a questo mercato, complici i costi di quotazione, che sono intorno al 30% in meno rispetto all’Mta», aggiunge Lunghi. Che auspica la creazione di fondi specializzati nelle small cap per garantire maggiore liquidità alle società quotate e avvicinare ulteriori investitori.
Ernesto Mocci, amministratore delegato di Methorios (presente all’evento nella duplice veste di società quotata e advisor), prova a quantificare l’esborso necessario per lo sbarco sull’Aim. «Premesso che ogni operazione è diversa dalle altre in base all’importo, alla struttura dell’offerta, al flottante e ai consulenti prescelti, si possono individuare tre voci di spesa: quella per il Nomad, che oscilla tra 70mila e 120mila euro; la consulenza legale, che può oscillare tra 60mila e 100mila euro; l’affiancamento dell’advisor, che costa tra i 40mila e i 50mila euro, più le success fee legate al collocamento, che ammontano a qualche punto percentuale della capitalizzazione». Le stime di Mocci sui prossimi sbarchi sono improntate all’ottimismo: «Potremmo arrivare a 30 nuove Ipo entro la fine del 2014. Il sentiment generale del mercato potrà incidere sul numero finale, ma in maniera limitata, considerato che l’Aim ha una correlazione limitata rispetto all’andamento dell’equity in generale. Chi sceglie di approdare a questo mercato lo fa alla ricerca di investitori che credono nel suo progetto di crescita e tendenzialmente sono disposti ad affiancarlo nel medio-lungo periodo».
Fonte: Methorios Capital
L’elevata volatilità tipica delle small cap spiega il peso limitato degli investitori privati («per lo più si tratta di trader online», spiega Mocci), mentre è in crescita la quota degli istituzionali.
Dell’impatto che la quotazione ha avuto sul posizionamento di mercato della società parla Enrico Gasperini, fondatore e presidente di Digital Magics, incubatore di start-up innovative che è sbarcato all’Aim Milano lo scorso luglio. «Il bilancio è ampiamente positivo perché la quotazione ci ha offerto una maggiore visibilità sul mercato, soprattutto agli occhi di coloro che condividono con noi gli investimenti nelle singole startup. Quindi soprattutto aziende e investitori istituzionali. Quanto più cresce la dimestichezza dei piccoli imprenditori con il mercato – conclude- tanto più aumenta la liquidità e si riducono i rischi dell’investimento». (3.continua)
LE PRECEDENTI PUNTATE DELL’INCHIESTA SUI MERCATI FINANZIARI: