Cominciamo dalla fine, dai bilanci.
Da quelli di Arianna Ciccone e Chris Potter, i due organizzatori che anche quest’anno possono tirare un sospiro di sollievo: #ijf14 è finito, ed è stato un successo. C’era da aspettarselo? Sì, visto che — giunto ormai all’ottava edizione — il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia è uno degli appuntamenti che i giornalisti, europei e non solo, segnano in agenda con diversi mesi di anticipo.
Nonostante la pioggia, il pubblico è arrivato in massa. La coda quasi perenne fuori dalla Sala dei Notari, una delle principali location del festival, lo testimonia.
È stato l’anno del crowdfunding (raccolti 115.420 € da 749 donatori) e dei grandi sponsor — Amazon, Enel e Tim, Google, Nestlé e altri — che hanno permesso di finanziare un evento-monstre a livello di numeri e di presenze: 50-60mila persone hanno partecipato a più di 200 incontri, conferenze e workshop ad ingresso gratuito, affollando il centro storico del capoluogo umbro per cinque giorni, da mercoledì 30 aprile a domenica 4 maggio.
In totale, spiegano gli organizzatori, il budget utilizzato per l’edizione 2014 è stato di 500-600mila euro.
Un festival organizzato con grande attenzione e impegno, grazie al lavoro di uno staff di 20 persone e oltre 300 volontari provenienti da tutta Europa.
Quello che rimane, alla fine del Festival 2014, è la sensazione che qualcosa di grande sia stato fatto: una manifestazione internazionale e dallo spirito poco “italiano”, a cominciare da un pubblico proveniente da sei continenti e dalla presenza di più di 500 speaker di rilievo globale.
Come Alan Rusbridger, il direttore del quotidiano britannico Guardian cui recentemente è stato assegnato il Premio Pulitzer per il lavoro effettuato sul caso Snowden, presente insieme a Ezio Mauro di Repubblica nella serata di anteprima dell’evento svoltasi a Roma il 28 aprile. Qui, parlando del lavoro del giornalista, Rusbridger ha detto:
Tanti gli ospiti e i giornalisti stranieri presenti a Perugia per discutere del presente e – soprattutto – del futuro della professione.
Come Felix Salmon, ex di Reuters e oggi senior editor di Fusion, che oltre ad attaccare frontalmente le scuole di giornalismo («Sono una perdita di tempo»), ha spiegato cos’è il giornalismo “nerd” di siti che puntano molto sull’analisi dei dati come The Upshot, FiveThirtyEight o Vox.com. Regalando frasi come questa:
O James Ball, giovane e talentuoso special projects editor del Guardian, che oltre a gustare le prelibatezze locali, ha parlato dell’effetto Snowden sul giornalismo con Carola Frediani di effecinque, Andy Carvin di First Look Media e Dan Gillmor della Walter Cronkite J-School.
O ancora Margaret Sullivan, public editor del New York Times, che ha condiviso la sua esperienza professionale con il pubblico del festival; Wolfgang Blau del Guardian, che ha sottolineato la necessità della fondazione di media pan-europei; eRichard Gingras di Google News, il servizio di aggregazione di notizie che sta plasmando il lavoro nelle redazioni dei giornali. Se un tempo Marshall McLuhan sosteneva che, grazie alla televisione, tutti saremmo diventati famosi per quindici minuti, secondo Gingras con internet, la formula va rivista: «Oggi, tutti possiamo diventare famosi in quindici minuti, che lo vogliamo oppure no».
Internet ha monopolizzato la conversazione, grazie a numerosi approfondimenti sull’utilizzo dei social network, sulla privacy e la sicurezza dei giornalisti, sul mobile, su come il web stia cambiando lo storytelling, sul crowdfunding (con l’esperienza di successo firmata De Correspondent), sul data journalism, “vivisezionato” in appuntamenti quotidiani organizzati in collaborazione con lo European Journalism Center e l’Open Knowledge Foundation.
Tanto spazio, come di consueto, è stato dedicato anche al giornalismo italiano. Gian Antonio Stella e Don Luigi Ciotti hanno parlato di mafia e corruzione, il direttore de Il Post Luca Sofri ha posto 31 domande provocatorie sul giornalismo, Caterina Soffici ha presentato il suo libro Italia Yes, Italia No, in cui racconta gli italiani che — come lei, che vive e lavora a Londra — hanno di lasciare il loro paese d’origine.
Enrico Mentana è stato sottoposto ad una Twitterview (intervista via Twitter) moderata da Arianna Ciccone.
Una delle caratteristiche del festival, anche quest’anno, è stato lo spazio dedicato a realtà più piccole, ma molto interessanti, come l’Investigative Reporting Project Italy (IRPI), un collettivo di giornalisti e giornaliste che si occupano di inchiesta (e che hanno pubblicato il loro lavoro anche sul Guardian) e Zeer News, agenzia che produce notizie e video fondata un anno fa al Cairo, in Egitto, da un gruppo di freelance. Piccole eccellenze italiane che si fanno strada, qui e all’estero.
Diversi giornali e televisioni hanno portato le proprie rappresentanze a Perugia, per seguire #ijf14: i giornalisti del Fatto Quotidiano hanno aggiornato il proprio sito internet direttamente dalla sede del festival, mentre La Stampa è arrivata nel capoluogo umbro a bordo della sua webcar, da cui ha trasmesso interviste quotidiane ai protagonisti della manifestazione.
Ma #ijf14 è stato (anche) politica: gli interventi di Mario Monti (su Euro e Europa), dell’ex ministro Cécile Kyenge (ha presentato il suo libro Ho sognato una strada) e di Laura Boldrini, Presidente della Camera, hanno allargato la discussione a tematiche più ampie del solo giornalismo.
Ma #ijf14 è stato anche cultura: in senso stretto e in senso lato. Nella serata conclusiva, Pif e Lirio Abbate dell’Espresso hanno parlato di mafia davanti a più di mille persone, sfidando i festeggiamenti per la promozione in Serie B del Perugia.
Il Festival di Giornalismo non è solo il luogo dove le notizie si analizzano, è anche il luogo dove le notizie si creano. L’evento stesso è stato, in fondo, una “notizia”: la notizia che in Italia si può ancora pensare in grande.
L’edizione 2014 è stata una festa nella festa, veicolata da un’atmosfera che solo questa città potrebbe offrire. Ve lo immaginate un festival simile a Milano o Roma? Io no. Emily Bell neanche.
E c’è chi (un assetato gruppo di giornalisti inglesi) ha pensato bene di celebrare a dovere.
Quella appena conclusa è stata l’edizione più grande, più bella e più internazionale del Festival dalla sua fondazione. La saluto con una riflessione e un augurio: l’ijf14 ha dimostrato come, una volta arrivati al top, si possa salire ancora. Speriamo di proseguire lungo questa strada.
Intanto, ci sono già alcune certezze: il prossimo festival si farà, si farà a Perugia dal 15 al 19 aprile 2015.
Senza crowdfunding, probabilmente, ma con il supporto delle istituzioni (regione Umbria in primis). E Google e Amazon che, come annunciato da Ciccone e Potter nella conferenza stampa di chiusura, hanno già confermato in modo informale la loro presenza.
Nell’attesa di #ijf15, trovate tutti gli incontri del 2014 sul canale Youtube del Festival.