Proprio mentre pensavamo che i fattori di rischio che stavano per abbattere il sistema finanziario nel 2008 e nel 2011 fossero stati finalmente debellati, è arrivata la vicenda del Banco Espirito Santo (Bes) a ricordarci che in Europa il fuoco continua ad ardere sotto la cenere. I problemi emersi a livello di alcune società lussemburghesi della banca portoghese hanno riacceso i timori di rischio sistemico per il sistema bancario europeo e internazionale, con una reazione a catena che nel giro di poche ore ha contagiato tutte le borse mondiali.
Fortunatamente, la trasparenza e la collaborazione tra le autorità dei diversi Paesi è aumentata notevolmente e la crisi del Bes ha ripreso rapidamente una dimensione locale, contenendo l’impatto negativo a livello sistemico. Ma la vicenda solleva degli interrogativi importanti: a quanto ammonta l’esposizione del sistema finanziario internazionale ai fattori di rischio sistemico? Il cammino verso la “banking union” sta producendo una riduzione significativa del rischio sistemico in Europa?
Per provare a dare una risposta utilizziamo la metodologia Srisk sviluppata da Robert Engle, premio Nobel dell’Economia nel 2003, e altri. L’esposizione al rischio sistemico viene calcolata in termini di fabbisogno di capitale (capital shortfall) qualora si registrasse una nuova crisi sistemica come quella osservata negli anni scorsi. Il bello della metodologia Srisk è che la misura di rischio risulta facilmente aggregabile e quindi consente di valutare la robustezza delle diverse aree valutarie, dei singoli Paesi all’interno della stessa area e delle singole istituzioni all’interno dello stesso Paese. Sul sito della NYU Stern’s Systemic Risk, i ricercatori calcolano in tempo reale l’Srisk per il sistema finanziario mondiale. Inoltre, sono disponibili le serie storiche che consentono di valutare se il rischio sia variato nel tempo e di quanto.
Concentrando l’attenzione sull’Europa si nota subito, non senza un pizzico di sorpresa, che il Paese messo peggio è la Francia. Seguono Germania e Inghilterra al secondo posto e poi Svizzera e Italia al terzo posto.
Fonte : NYU Stern’s Systemic Risk website, 30 giugno 2014
Se la periferia europea non scoppia di salute, i veri osservati speciali della Bce dovrebbero essere il sistema finanziario francese e quello tedesco
I numeri suggeriscono quindi un quadro molto diverso da quello dipinto dalla stampa internazionale. Se è vero che la periferia europea non scoppia di salute, i veri osservati speciali della Bce dovrebbero essere il sistema finanziario francese e quello tedesco. Detto questo, il Portogallo ha una esposizione relativamente ridotta, ma se disaggreghiamo il dato a livello di Paese, troviamo che il Bes ha l’esposizione maggiore. I circa 3,7 miliardi di euro di fabbisogno di capitale in cui si concretizza la misura di Srisk del Bes sono comunque facilmente gestibili dalle misure di difesa approntate dalle istituzioni europee per affrontare le crisi di natura bancaria e questo forse spiega il motivo per cui i timori “sistemici” della scorsa settimana siano poi rientrati.
Guardando all’evoluzione della serie storica del rischio sistemico in Europa e comparandola con quella degli Usa si nota subito l’impatto negativo delle carenze istituzionali dell’Europa. In Europa, abbiamo avuto un doppio picco nella serie del rischio sistemico riferito al settore finanziario.
Mentre il primo è stato causato dal riverbero della crisi dei mutui sub-prime e del fallimento di Lehman Brothers, il secondo picco è tutto “nostrano”, causato dalla incapacità delle istituzione europee di rispondere con sufficiente rapidità e chiarezza alla crisi del debito sovrano. Negli Usa invece non solo non si è mai raggiunto un livello così elevato di capital shortfall come in Europa, ma si è ritornati dopo poco tempo su livelli non lontani da quelli pre-crisi di 8 anni fa (poco meno del doppio) mentre in Europa siamo ancora oggi siamo su livelli quasi tripli rispetto a quelli pre-crisi.
Fonte: NYU Stern’s Systemic Risk website, 30 giugno 2014
Fonte: NYU Stern’s Systemic Risk website, 30 giugno 2014
L’Italia è entrata (fortunatamente) nella crisi con un sistema finanziario molto robusto (Srisk quasi pari a zero), ma porta ancora visibilissime le cicatrici di quanto avvenuto nel 2011-2012. La normalizzazione dello spread, unitamente all’irrobustimento patrimoniale occorso negli ultimi mesi dovrebbero consentire una ulteriore graduale riduzione della misura Srisk per le nostre banche.
Fonte : NYU Stern’s Systemic Risk website, 30 giugno 2014
Guardando alle singole istituzioni finanziarie italiane, l’istituto maggiormente esposto al rischio sistemico risulta essere Unicredit, seguito ad una certa distanza da Intesa.
Fonte : NYU Stern’s Systemic Risk website, 30 giugno 2014
Infine, uno sguardo al mondo nel suo complesso. Da questa rappresentazione geografica dei dati rinvenibili sul sito della NYU e riferiti a fine giugno 2014, si evince come l’Europa rimanga un punto critico per il sistema finanziario internazionale.
Fonte: NYU Stern’s Systemic Risk website, 30 giugno 2014