Dal confronto tra i bilanci delle banche italiane su un’arco di quattro anni (2009-2013) si possono trarre interessanti osservazioni sugli effetti che la crisi finanziaria ha determinato sull’attività d’intermediazione svolta dagli istituti di credito. In parte dovuta a necessità, in parte alle misure poste in essere dalle banche per contrastare gli effetti della crisi.
Tra i tanti possibili punti di osservazione ho scelto di valutare l’effetto sulla composizione dei ricavi e provare a capirne le motivazioni mettendo a confronto anche banche diverse. Partendo dalla coppia di testa delle due più grandi banche italiane, Unicredit e IntesaSanPaolo.
Tra il bilancio del 2009 e quello del 2013, entrambi consolidati, è variata la composizione dei ricavi bancari.
Per entrambe le banche il calo degli impieghi e del margine da interesse ha provocato una modifica nella composizione percentuale dei ricavi. Ora le commissioni pesano di più: il 33% per Intesa e il 31% per Unicredit. Il margine da denaro si è ristretto al 56% e 52% rispettivamente, mentre sono salite le componenti straordinarie per entrambi: 1,19 miliardi nel 2013 per Intesa e oltre il doppio per Unicredit (2,6 miliardi).
Osservando le variazioni percentuali intervenute nei 4 esercizi si comprende meglio la natura della ‘mutazione’ del business della banca, imposta dalla crisi e tradotta in:
– calo importante degli impieghi
– aumento della raccolta da clientela, in sostituzione della raccolta obbligazionaria estera
– aumento (per queste due banche) dei prestiti da altre banche
L’erosione del portafoglio impieghi ha provocato un calo significativo di ricavi ricorrenti (spread) provenienti dai finanziamenti concessi alla clientela e in genere dalla forbice raccolta-impieghi (spiegata anche nel post Le forbici affilate delle banche) scesi del 26% per Unicredit e del 12% per Intesa sull’arco dei 4 anni. L’aumento dei depositi ha compensato la raccolta esterna ma probabilmente a tassi elevati nella prima fase, quella critica degli spread esplosi tra Bund e Btp. Interessante anche l’aumento dei debiti verso altre banche che caratterizza i numeri di Intesa.
Molto di questo cambiamento di profilo di ricavi è dovuto, a quanto sembra, al processo di riduzione del credito e della leva, espressa come differenza tra impieghi e raccolta. Oggi i ricavi delle banche dipendono per 1/3 dalle commissioni, sui servizi, sul denaro gestito e sui conti correnti, e da una componente di natura straordinaria che deriva da varie voci tra le quali spicca quella dell’intermediazione su titoli propri, riacquistati a sconto.
Non si può ancora dire che le banche abbiano cambiato pelle e stiano seguendo approcci diversi. Intesa e Unicredit mostrano una direzione di cambiamento molto simile. La risposta alla crisi è stata più difensiva che di contrattacco, che invece dovrebbe avvenire con nuovi servizi e spostamento su attività a maggiore valore aggiunto. L’abbassamento dei tassi operato ieri dalla Bce toglie alle banche la speranza di contare su un rialzo dei tassi per lucrare maggiori margini sulla raccolta, pertanto la salute del conto economico dipenderà moltissimo dalla capacità di fare bene credito (qui non è stata esaminata la componente di accantonamenti esplosa nello stesso periodo) e di aumentare il numero di servizi venduti ai clienti.