Bocciate Mps e Carige, banche italiane ultime in Europa

Bocciate Mps e Carige, banche italiane ultime in Europa

È vero che non c’è limite al peggio, ma domenica 26 ottobre è terminata la fase preparatoria della “Banking Union” e per le banche italiane è stata una Caporetto. Il mercato lo aveva largamente anticipato, con prezzi in picchiata nelle ultime due settimane. Come ha titolato Bloomberg: «Italy banks emerge as biggest losers in Ecb health check». 

Le banche italiane che hanno fallito il test della Bce sono 9 su 25. Cipro e Grecia ci seguono con 3 banche ciascuna, Belgio e Slovenia 2 e poi con una sola banca Portogallo, Austria, Irlanda, Francia e Germania. In virtù delle operazioni effettuate negli ultimi mesi, “solo” Monte Paschi e Carige dovranno procedere a ricapitalizzare o a trovare una soluzione alternativa (fusione, cessione di asset…). Imponente il deficit riscontrato in Monte Paschi: 2,1 miliardi di euro, pari all’aumento netto di capitale effettuato solo tre mesi fa.

La cosa difficile da comprendere è la soddisfazione che Banca d’Italia ha mostrato nel corso della conferenza stampa. «Risultato rassicurante che non ci ha sorpreso. Ne esce la fotografia di un sistema solido e capace di finanziare l’economia» ha dichiarato, stando alla ricostruzione del Sole 24 Ore, il vice DG Panetta.  Se il risultato “non ha sorpreso”, la domanda che sorge spontanea è come sia stato possibile che il Monte Paschi di Siena e Carige abbiano potuto fare un aumento di capitale a giugno 2014 che si è rivelato del tutto insufficiente e adesso le due banche si trovano ad affrontare operazioni di rafforzamento del capitale per ben 2,1 mld e 0,8 mld di euro, rispettivamente. 

Tra l’altro, era solo il 14 maggio 2014 quando MPS comunicava di aver ricevuto l’autorizzazione di Banca d’Italia al riscatto di 3 miliardi di euro di valore nominale di “Nuovi Strumenti Finanziari”, i cd Monti Bond, in virtù dell’aumento di capitale che si accingeva a lanciare. La restituzione dei Monti Bond poteva avvenire in un altro modo, con lo Stato che diventava azionista alle condizioni spiegate su Linkiesta. Questa alternativa avrebbe comportato la partecipazione dello Stato italiano al prossimo aumento di capitale, cosa che ovviamente non accadrà, visto che lo Stato si è visto appunto rimborsare il prestito con i relativi interessi lo scorso giugno.

Uno dei motivi per cui così tanti Istituti italiani non hanno passato l’esame è da attribuire agli stress test elaborati dall’Eba (European Banking Authority). Come noto, il Comprehensive Assesment a cui è stato sottoposto l’intero sistema bancario europeo si articolava in due fasi: la prima  di analisi della qualità degli attivi bancari, l’asset quality review (AQR), e la seconda di verifica della robustezza dei bilanci nel caso di uno scenario avverso, lo stress test. Per qualche ragione, Banca d’Italia ci ha tenuto a sottolineare che le operazioni di irrobustimento del capitale degli ultimi mesi sarebbero state sufficienti a ripianare i gap patrimoniali emersi in sede di Aqr. Forse che a maggio, quando è stata concessa l’autorizzazione a rimborsare i Monti bond, non fossero noti i parametri dello stress test?

In realtà, dal sito dell’Eba si legge che il 4 marzo 2014 l’Eba aveva iniziato la discussione informale con le banche sulla metodologia, rilasciata ufficialmente il 29 aprile. In un mio articolo su LaVoce.info del 9 maggio 2014 mettevo in luce la penalizzazione imposta dall’Eba ai paesi periferici dell’area Euro (rispetto ai paesi europei che hanno ancora la loro valuta) e il trattamento “speciale” riservato ai Btp. Una penalizzazione (haircut) peggiore è stata imposta solo ai titoli di Stato greci. Ora, non sarebbe stato difficile per la Banca d’Italia, un’istituzione autorevole ed alla cui scuola si sono formati sia il Presidente dell’Eba (Andrea Enria, dal 2008 al 2012 responsabile della supervisione bancaria in Banca d’Italia) sia il Presidente della Bce (Mario Draghi), mostrare, dati alla mano, che la volatilità dei Btp, anche nei mesi più bui del 2011 e 2012, è stata inferiore non solo a quella dei titoli di Stato greci, ma anche irlandesi, portoghesi e spagnoli. 

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