La lettera originale del prof. Katainen doveva essere veramente terribile se il Ministero dell’Economia e Finanze ha deciso di pubblicare la versione finale, addolcita (pare) grazie all’intervento della Preside Merkel. Nonostante la scritta a caratteri cubitali “STRICTLY CONFIDENTIAL”, lo scolaretto Padoan l’ha immediatamente girata ai giornali, quasi a voler dimostrare che è stato bravo: non ha preso un 3, ma solo un bel 5!
Cosa si legge nella lettera? «Scrivo per consultarla in merito alle ragioni per cui l’Italia abbia pianificato di non rispettare il Patto di Stabilità e Crescita per il 2015. Vorrei sapere anche come l’Italia potrà assicurare il pieno rispetto dei propri obblighi di bilancio». Una lettera che lascia poco spazio all’interpretazione. Non è messo in dubbio che l’azione di governo sia non-conforme, si vuole solo sapere quali siano le motivazioni. C’è nella frase in lingua originale una sfumatura di impossibilità, del tipo “vorrei tanto che mi potessi spiegare come …”.
Il tentativo del governo di minimizzare la “bocciatura”, riducendola ad una sfida “scolastica”, è comprensibile e forse anche efficace, se l’obiettivo è orientare l’opinione pubblica interna. Gli analisti, però, dovrebbero fare attenzione a non peccare di ingenuità. Pensiamo veramente che nel Nord Europa la politica si faccia al computer, senza compromessi e valutazioni di convenienza? Pensiamo veramente che i nostri partner siano così ottusi da rischiare la rottura per uno 0.1% di PIL (1,5-2 mld di euro)? Basta ricordare la vicenda dei debiti pregressi della Pubblica Amministrazione – non conteggiati nel deficit – per dimostrare che l’Europa nei nostri confronti non sta certo usando un approccio rigido. Anzi.
I timori della Commissione sono legati più che altro a uno sforamento molto più pesante – nell’ordine dell’1%-1,3% del Pil – che ci porterebbe verso un livello deficit/PIL simile all’obiettivo 2015 per Spagna (4,2%) e Francia (4,3%) e non molto diverso dal vero deficit per cassa che è stato registrato negli anni passati (si vedano le statistiche Banca d’Italia, non quelle Istat/Eurostat). In altre parole, il timore è che quasi l’intera manovra da 36 miliardi sia senza coperture effettive.
Anche senza considerare entrate dubbie come quelle della lotta all’evasione, basti pensare che dalla spending review dovrebbero arrivare 15 miliardi di coperture. Senza toccare sanità, pensioni e pubblico impiego e senza aumentare tasse locali e biglietti del tram, sarebbe già un gran risultato ottenere i 5 miliardi che erano stati previsti fino a pochi giorni fa per questo capitolo della manovra. Le entrate da inasprimento del prelievo su newslot e Vlt (1 mld) possono essere bloccate o dai ricorsi dei concessionari, dal momento che lo Stato ancora nel 2013 si è fatto pagare in anticipo le nuove concessioni (15.000 euro per postazione Vlt) per coprire parte del buco dell’Imu prima casa, o dai tempi necessari per adeguare i software installati su 400.000 apparecchi sparsi su tutto il territorio nazionale. I 3.6 mld previsti dall’aumento della tassazione delle rendite finanziarie (fondi pensione, casse di previdenza, fondazioni) dipendono in parte da variabili “esogene”, come il livello dei tassi d’interesse e l’andamento dei mercati. E’ vero che nella Legge di Stabilità sono previste clausole di salvaguardia, ma il governo potrebbe sempre appellarsi al contesto macroeconomico, come peraltro sta già facendo con la manovra in corso, per evitare che scattino. Con l’aiuto di qualche miliardo di maggiori entrate dal condono legato alla voluntary disclosure, la scommessa del Governo italiano appare abbastanza chiara: se la crescita riparte bene, se non riparte alla meno peggio saremo in buona compagnia con la ribelle Francia e la virtuosa Spagna.
Quale sarà la conclusione della vicenda? È probabile che la Commissione alla fine abbozzerà. Il Nord Europa non è abitato da “ragionieri”, come gli “scolaretti” del Sud vorrebbero far credere. Meglio evitare una punizione adesso, che potrebbe mettere a repentaglio le prospettive di ripresa di una euro zona già in forte difficoltà. Ma non facciamoci troppe illusioni, il conto prima o poi lo pagheremo. Nell’immediato, infatti, il rischio è che Draghi sia costretto all’immobilismo, trasformato in un lame duck dalla ribellione di Italia e Francia, e che tornino in campo i “bond vigilantes”. Il ragionamento che si inizia a sentire è infatti il seguente. La Bce ha eliminato la pressione dei mercati e i governi non hanno utilizzato il tempo che la BCE ha regalato loro per proseguire gli sforzi di risanamento. Anzi, non appena lo spread è tornato (quasi) al livello pre-crisi, sta succedendo l’opposto. Se Francia e Italia si rifiutano di rispettare gli impegni internazionali, perché la Bundesbank dovrebbe?