Expo: a Milano si litiga anche per l’isola pedonale

Expo: a Milano si litiga anche per l’isola pedonale

Archiviato il bizzarro episodio della sostituzione di alcuni cartelloni pubblicitari — che raffiguravano la showgirl argentina Belen Rodriguez in lingerie — perché giudicati troppo sexy e causa della distrazione degli automobilisti, in corso Buenos Aires a Milano torna a tenere banco il dibattito sulla questione della pedonalizzazione della via per tutte le domeniche di Expo. L’idea è del consiglio di Zona 3 che presenterà a gennaio una delibera con la richiesta di interdire al traffico veicolare l’intera arteria commerciale, l’ultimo giorno della settimana da maggio a ottobre. Lunga un chilometro e mezzo, con i suoi 350 negozi e un traffico stimato intorno ai sei milioni di persone ogni anno, Baires è considerata la via dello shopping milanese per eccellenza. Già in occasione delle “domeniche a piedi” e della Vogue Fashion night la strada è stata chiusa al traffico, ma stavolta si tratterebbe di una chiusura strutturale per sei mesi, con l’obiettivo di sfruttare l’effetto trainante della manifestazione al via il prossimo primo maggio.

«Come consiglio di Zona — ha spiegato il presidente Roberto Sacristani — avevamo da tempo manifestato la volontà delle chiusure domenicali. Ne abbiamo realizzate diverse nell’ultimo periodo, ma per Expo vorremmo che la chiusura diventasse strutturale a prescindere dalle manifestazioni e dagli eventi». Parole che hanno scatenato reazioni opposte tra commercianti residenti e consorzi di categoria. All’entusiamo del Consorzio Buenos Aires — che da qualche giorno ha avviato il progetto Shoppingdistrict, il cui scopo è quello di rendere corso Buenos Aires un luogo di aggregazione per le famiglie — si contrappone il no secco di Gabriel Meghnagi, consigliere di Confcommercio Milano e presidente di Ascobaires, che tramite un comunicato rilasciato il 10 dicembre scorso ha manifestato l’intenzione di «respingere al mittente l’iniziativa di Sacristani».

«Di fronte ad un evento eccezionale come quello dell’Expo — spiega a Linkiesta Domenico Zimbalatti ad di Consorzio Buenos Aires — credo che bisogna dare delle risposte eccezionali. Stiamo parlando di una zona che è considerata da tutti il “miglio dello shopping”, ecco perché l’unica soluzione razionale sarebbe quella di pedonalizzare tutta la via, evitando così di privilegiare alcune zone a discapito di altre. Altre soluzioni le trovo francamente poco sensate». Sembra poi che il Consorzio abbia già raccolto circa un milione di euro di possibili investimenti per realizzare eventi durante l’Esposizione universale «Non è che la via si chiude e noi rimaniamo con le mani in mano, — ci tiene a sottolineare Zimbalatti — è necessario investire tanti soldi per far sì che si possano realizzare degli eventi importanti. A tal proposito c’è tutto un percorso che stiamo affrontando con i conservatori e le scuole musicali della Lombardia e anche di altre regioni, per permettere che nelle 24 domeniche in questione ci siano delle rappresentazioni musicali d’eccellenza. Un filo conduttore questo che unirà tra loro sei grandi eventi —uno al mese da maggio a ottobre — a cui parteciperanno anche molte voci note della musica italiana.

E sul fronte di una possibile apertura al dialogo con chi la pensa diversamente Zimbalatti ci tiene a precisare: «siamo disponibili a parlare con Ascobaires, ma bisogna anche avere voglia di far qualcosa. Se ci si continua a lamentare semplicemente e non si fa mai nulla, non si va da nessuna parte. Non mi vengono in mente grandi eventi organizzati da Ascobaires da quando io sono a capo di questo Consorzio (un anno, ndr). La disponibilità da parte nostra a collaborare è massima, ma se a nessuno interessa io ho comunque l’obbligo di andare avanti. Il mio obiettivo è quello di valorizzare il corso, e per fare ciò è necessaria una disponibilità economica che non vedo da nessun’altra parte. Inoltre non possiamo accettare dei veti a prescindere. Ho anche cercato un contatto con la controparte, ma mi è stato rifiutato. Se non si vuole dialogare, ne prendo atto e continuo a fare il mio lavoro».

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Un lavoro che sembra non convincere per nulla i vertici di Ascobaires associazione legata a Confcommercio. Raggiunto telefonicamente da Linkiesta Gabriel Meghnagi, presidente dell’associazione, punta i piedi contro l’iniziativa e si interroga sull’effettivo valore del Distretto urbano del commercio «siamo disposti a ragionare su un numero limitato di pedonalizzazioni — racconta Meghnagi — tre nel periodo primavera-estate e tre in quello autunno-inverno, includendo anche il periodo natalizio del 2015. Pensare di chiudere interamente Buenos Aires per 24 domeniche, creerebbe problemi di viabilità generando un confusionario ammasso di persone intente a passeggiare in mezzo alla via invece che sui marciapiedi, penalizzando i negozi e il commercio di tutta la zona. Quello di Buenos Aires è un consorzio di tipo immobiliare e non basta avviare un progetto come Shoppingdistrict per potersi dichiarare dalla parte dei commercianti. Certe decisioni vanno prese e discusse nelle sedi opportune come il Duc, che a questo punto mi chiedo a cosa possa servire». Inoltre Meghnagi ci tiene a sottolineare come da parte di Ascobaires non ci sia nessuna chiusura al dialogo: «non so cosa intenda Zimbalatti quando dice che abbiamo rifiutato il suo contatto, personalmente lo sento più volte al giorno e ci siamo sempre confrontati apertamente. Certo una cosa sono le chiacchiere informali, un’altra i dibattiti all’interno delle sedi istituzionali».

Al di là degli scontri tra le associazioni di categoria, ci è sembrato utile catturare anche il parere di chi corso Buenos Aires lo vive quotidianamente (vedi anche video sopra), come lavoratore, come residente o come semplice cittadino. Il quadro che è venuto fuori girando per qualche giorno su e giù per il corso, è quello di una sostanziale spaccatura a metà tra favorevoli e contrari alla pedonalizzazione. Maurizio Di Natale store manager del negozio di calzature “Vergelio” si dice «contrario alla pedonalizzazione. Il corso si svuota, e nelle mie esperienze passate posso dire di aver notato un calo nell’affluenza di clienti. Nel periodo di Expo mi sembra ancora più disincentivante nei confronti di chi vuole acquistare, che ad un vialone deserto, specialmente nel periodo estivo, potrebbe preferire una gita fuori porta». Di visioni totalmente opposte è invece Pietro cassiere della nota boutique “Boggi Milano”: «parlando a titolo personale posso dire che si lavora decisamente meglio quando Buenos Aires è chiusa al traffico. I clienti si fermano con maggiore frequenza, sono più attenti ai dettagli e non sono presi da quella frenesia che sembra contraddistinguerli quando utilizzano l’auto».

Mario commerciante e residente ne fa invece una questione principalmente salutare: «quando chiudono Baires le vie limitrofe si intasano rendendo l’area irrespirabile. Una volta non ho dovuto tenere le finestre chiuse tutto il gioron per la cappa di smog che si era venuta a creare nelle vie parallele». Tra i passanti c’è chi esagera per un verso «io pedonalizzerei tutta Milano — si lascia sfuggire una donna di corsa mentre sta per salire in sella al suo scooter» e chi per un altro «sono contrario alla pedonalizzazione perché sono contrario a tutto ciò che è legato ad Expo — commenta un signore di mezza età in tutta fretta».

Eppure a guardare la storia delle pedonalizzazioni a Milano, non si può che riscontrare dei casi di successo: corso Vittorio Emanuele e via Dante hanno trasformato in meglio il passeggio e il commercio meneghino, senza considerare il caso più recente di riqualificazione di via Paolo Sarpi di cui vi abbiamo raccontato qualche tempo fa a Linkiesta. Per scoprire quale sarà l’esito della vicenda di corso Buenos Aires invece bisognerà attendere gennaio, quando spetterà al Comune il difficile compito di prendere una decisione che possa non scontentare nessuno.

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