Non ce ne rendiamo ancora conto ma il petrolio a 50 dollari rivoluzionerà gli assetti economici e le nostre abitudini dei prossimi anni. La discesa del greggio avrà un impatto rilevante anche sul mondo delle energie alternative. Nell’ultimo decennio la green economy ha fatto boom, spinta dagli incentivi per ridurre le emissioni di gas serra e dall’aumento dei prezzi dei combustibili fossili. Secondo il report di Bloomberg New Energy Finance (agenzia che fornisce dati e analisi sul panorama energetico globale), nel 2013 si sono investiti 254 miliardi di dollari. Si tratta del secondo anno di fila in discesa visto che nel 2012 i miliardi investiti erano stati 288,9 mentre nel 2011 si era toccata la cifra record di 317 miliardi. Numeri in calo che però vanno contestualizzati. Veniamo da anni, infatti, di un massiccio sviluppo delle energie alternative. Nel rapporto si legge anche che il Nex Index (The WilderHill New Energy Global Innovation Index) è cresciuto del 50% e il valore delle azioni delle aziende dell’energia pulita in Borsa è più che raddoppiato.
Per la maggior parte degli analisti gli investimenti in energia pulita caleranno ma è difficile dire quanto pesi il crollo dei prezzi del petrolio
La maggior parte degli analisti è convinta che gli investimenti in energia pulita caleranno nei prossimi anni ma è difficile dire quanto a pesare sia il crollo dei prezzi del petrolio. Va considerato che la discesa dell’oro nero ha impatti differenti sui vari segmenti. Riccardo Cirillo, amministratore delegato di Atmos, investitore specializzato nelle energie pulite, ha detto al Sole24 Ore che il prezzo del petrolio non è la causa principale del boom delle rinnovabili. «Piuttosto bisogna considerare che è la sicurezza di approvvigionamento delle rinnovabili a renderle appetibili».
Un altro elemento da considerare è che il petrolio è quasi scomparso dai mix elettrici e che il suo uso è concentrato nei trasporti. Il portale Qualenergia spiega anche che i casi in cui il barile a basso prezzo fa scendere i costi del kilowatt/ora da fonti convenzionali sono limitati ad alcuni contesti particolari. Dipende dal peso del gas nel mix elettrico e da dove e come si compera quel gas. C’è poi la questione degli incentivi per la produzione di energia dalle rinnovabili. Il decennale decennale successo delle rinnovabili è figlio anche di un sistema di incentivi e benefit fiscali ma con questi livello del prezzo del greggio è chiaro che i margini di convenienza si assottigliano. Alberto Clò su Gme (Gestore mercati energetici) ha scritto che una delle conseguenze del barile low-cost «è lo spiazzamento che inevitabilmente ne deriverebbe per lo sviluppo delle risorse rinnovabili». Flora Chang, analista del Bernstein Research ha spiegato all’americana Cnbc che l’elevato costo del petrolio è stato un fattore decisivo per lo sviluppo della green economy. Tuttavia un prezzo del petrolio basso come quello attuale può cancellare certi progetti ma certamente non far deragliare l’intero settore delle rinnovabili. «Stiamo parlando di tecnologia e in un settore tecnologico i costi tendono sempre a scendere. L’energia delle fonti fossili dipende dall’estrazione e i costi dell’estrazioni nella maggior parte dei casi tendono a crescere».
Il crollo delle quotazione del petrolio fa sicuramente piacere agli automobilisti mentre per i produttori di auto si potrebbe aprire una nuova fase. Fino allo scorso anno, l’abbattimento del costo dei combustibili fossili ha fatto da volano al mercato delle auto con alimentazione elettrica e ibrida a benzina. Toyota, leader nella produzione di auto ibride , ha venduto 7 milioni di esemplari ma con questo livello dei prezzi dei carburanti la situazione è destinata a cambiare. Con l’attuale quotazione del petrolio le auto “pulite” progettate per ridurre i consumi sono meno appetibili per i consumatori visto che le ibride hanno un prezzo di listino più alto di quelle tradizionali.
Con l’attuale livello di prezzo dei carburanti i primi effetti sul mercato delle auto ibride si vedono
Con l’attuale livello di prezzo dei carburanti (e con le previsioni di un ulteriore ribasso nel 2015) il recupero della spesa iniziale risulta più lungo e, quindi, meno attrattivo. I primi effetti sul mercato già si intravedono. Negli Stati Uniti a settembre la Chrysler, senza vetture ibride, ha superato le vendite di Toyota. Secondo The Economist, gli americani sono pronti a riscoprire i Suv e ad abbandonare auto piccole ed ecologiche che con la crisi avevano eroso quote di mercato ai competitor “tradizionali”. Ma non è detto che per i produttori di auto a tecnologia pulita stiano arrivando tempi bui. David Whiston, analista del mercato automobilistico ha spiegato a Bloomberg che le persone che hanno acquistato un’auto elettrica non lo hanno fatto solo per risparmiare sul costo della benzina ma perché una Tesla (casa che produce auto elettriche di alta gamma) è soprattutto uno status symbol per chi ha una coscienza ambientalista.