Nell’irpina Morra De Sanctis, se la Ema guadagna i giusti elogi (gli ultimi, dal premier Matteo Renzi in visita in azienda due settimane fa) per il suo lavoro nell’industria dell’aerospazio, c’è un altro sorprendente esempio di imprenditorialità orientata alla ricerca e all’innovazione che si fa strada con successo. Proprio accanto agli stabilimenti dell’azienda Rolls-Royce c’è la Altergon, attiva nel settore farmaceutico, che l’anno prossimo diventerà il primo centro europeo farmaceutico per tecnologie su prodotti transdermali e sublinguali: solo in Giappone e Stati Uniti esistono strutture analoghe. “E’ nel nostro dna esplorare l’innovazione: per noi la ricerca è venuta prima del progetto industriale” ci dice Salvatore Cincotti, fondatore e capoazienda.
In principio fu il cerotto. Il cerotto che rilascia il farmaco assorbito dalla pelle in caso di dolori e contratture. La Altergon è nata per produrre cerotti, da un’intuizione di Cincotti, originario di quest’Alta Irpinia lasciata prima per studiare alla Luiss a Roma e poi per la Svizzera. Qui comincia a lavorare per multinazionali, va in Cina già nel 1985, assistendo ai primi cambiamenti di un Paese ancora lontano dall’essere il gigante d’oggi ma pieno di potenzialità enormi. Cincotti fa il manager per quindici anni in mezzo mondo. Agli inizi del 2002 si trova in vacanza nel paese d’origine, a Montella, e viene a sapere che ci sono delle possibilità di impiantare un’impresa grazie al contratto d’area per il completamento del post-terremoto. Ha in ballo alcuni progetti in Estremo Oriente. Cosa scegliere tra Cina, Corea del Sud e Morra De Sanctis? Con una decisione dettata dal cuore, ritorna in Irpinia.
L’industria farmaceutica a sud di Roma è in gran parte formata da stabilimenti di multinazionali, che nel tempo si concentrano sempre più sul commerciale. La ricerca e sviluppo quasi non esiste. La Altergon va in controtendenza. Allaccia rapporti con le università, grazie anche al supporto dell’allora assessore alla Ricerca scientifica della Regione Campania, Luigi Nicolais, poi ministro dell’Innovazione del secondo governo Prodi e oggi presidente del Cnr. Si lavora sui prodotti, si imposta l’azienda su questa costante relazione con i dipartimenti. Oggi la Altergon conta 170 dipendenti, quasi la metà con laurea o dottorati: “Molti hanno partecipato ai nostri progetti quando erano ancora in università, poi hanno realizzato gli impianti e oggi lavorano con noi in pianta stabile”.
La qualità e il perfezionamento prima di tutto, dandosi come prospettiva il mondo. La Altergon lavora dall’America all’Oriente, vecchia passione del capoazienda. “Sin da subito, visti anche i rapporti che avevo allacciato nel tempo, la Cina è stata un nostro riferimento, soprattutto per le materie prime. Ma oggi il tipo di relazione con quel Paese va cambiando profondamente. Se per esempio prima il rapporto per il costo del lavoro tra loro e l’Italia era 1 a 10, oggi è 1 a 2: la Cina non è dunque più un’opportunità per risparmiare, ma per aprire il proprio mercato. Nei prossimi anni diventerà il primo mercato al mondo per il settore diagnostico ed è in questa prospettiva che noi guardiamo a Pechino”.
Uno dei campi di ricerca su cui Altergon sta realizzando gli sforzi maggiori è l’acido ialuronico. Ampiamente usato nella cosmetica, sta diventando una frontiera della farmaceutica: “Costituisce il 70% della nostra pelle, deve immaginarlo come un’alternativa naturale del botox. Gli sviluppi cui stiamo lavorando vanno nella produzione di fiale per uso intrarticolare per ricostruire una sorta di pellicola che sostituisca la cartilagine consumata”.
Scienza e tecnologia. E’ naturale che occorra un personale sempre al passo: “Noi dedichiamo grande attenzione alla formazione, in genere ci mettiamo 2-3 anni per formare un nostro dipendente. Preferiamo persone della regione che magari abbiano fatto esperienza fuori e vogliano rientrare nella loro terra, questo crea una stabilità, raramente perdiamo un dipendente, anche perché per il tempo che ci mettiamo a formarlo sarebbe un danno: lo consideriamo un patrimonio”.
L’anno prossimo si concluderà la fase di investimenti, che in dodici anni sono stati di circa 60 milioni di euro. “Non nascondo che spesso, specie nei primi tempi, è stato solo per la passione e l’idea di fare qualcosa per la mia terra se non ho mollato. Il presidente Renzi quando è venuto a fine novembre in visita alla Ema ci diceva: ‘siete degli eroi a fare impresa qui’. Magari eroi no, ma certo di coraggio ce n’è voluto molto e ce ne vuole…”.
Cincotti si divide tra Morra De Sanctis e una miriade di altri luoghi dove ha interessi: Svizzera, Lombardia, Asia. “La mia settimana inizia il lunedì mattina a Ginevra, dove vivo con la mia famiglia, e finisce a Ginevra il venerdì sera. In mezzo ci sono diverse località del mondo, 4-5 giorni al mese in Irpinia, 3-4 volte l’anno in Cina… Non cambierei mai residenza, Ginevra è al centro dell’Europa, ha un aeroporto internazionale collegato con tutto il mondo, un bambino cresce imparando 3 lingue. Dopodiché sarei felicissimo se i miei figli volessero occuparsi della Altergon…”.
Ritorna il legame con questo punto dislocato del Meridione. “Ci tengo moltissimo, ma non nascondo le difficoltà. Per noi imprenditori è grave innanzitutto il deficit infrastrutturale. Non immagina quanto ci sia voluto a convincere due manager tedeschi a venire in azienda: l’aeroporto di Napoli è lontano due ore, i chilometri non sono neanche tanti ma i collegamenti non vanno: uscendo dall’autostrada c’è solo la Ofantina, una strada nata già vecchia, fu iniziata che ero bambino ed è stata aperta pochi anni fa… Sarebbe un grande aiuto il tracciato diretto e veloce con la Napoli-Bari attraverso la strada Grottaminarda-Lioni-Contursi, di cui si parla da tempo, vanamente… Meglio per fortuna i collegamenti col porto di Salerno, dove carichiamo i container che poi vanno ovunque… L’altro punto che chiederei alla politica di sviluppare è stringere sempre di più il legame tra università e aziende: è il modo più sicuro e conveniente per fare industria di qualità”.
I problemi non mancano, ma Cincotti è ottimista: “Dopotutto un imprenditore ha il dovere di essere ottimista. Se non si è ottimisti non si è imprenditori. E se non si usano soldi propri, non lo si è due volte. I fondi pubblici, se arrivano, devono servire solo a puntare all’eccellenza, non possono essere l’unico ossigeno. Altrimenti, è meglio che i progetti rimangano nel cassetto, ne abbiamo avuti fin troppi di sprechi”.