Portineria MilanoColle, da Berlusconi a Cassese ecco chi ci spera ancora

Colle, da Berlusconi a Cassese ecco chi ci spera ancora

«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Vale la battuta di Nanni Moretti in Ecce Bombo per raccontare gli animi degli aspiranti presidenti della Repubblica italiana. C’è chi non parla da settimane, chi scrive periodicamente sui quotidiani nazionali, chi presenta libri e chi, si vocifera, chiede a parenti e amici di partecipare ai sondaggi online per perorare la propria causa. Tra i più speranzosi di occupare il Colle c’è di sicuro Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, già ministro della Funzione Pubblica del governo Ciampi, giurista che ha posto le basi del diritto amministrativo in Italia. Di Cassese non si è sentito parlare per anni, né si ricordano suoi interventi sui quotidiani. Sarà un caso ma dopo le prime indiscrezioni sull’addio di Napolitano, era l’inizio di novembre, Cassese ha iniziato a scrivere a ripetizione editoriali sul Corriere della Sera e sul Sole 24 Ore: non lo faceva dal luglio del 2013. Basta fare una ricerca veloce per notare come l’illustre giurista, dal 2 novembre a oggi abbia scritto con una certa frequenza quasi un articolo a settimana, spaziando su qualsiasi argomento, persino sul profilo esatto del prossimo Capo dello Stato, che se si legge bene è proprio lui «equilibrato, einaudiano», fino alle rivolte di Ferguson negli Stati Uniti. 

Se Cassese fa scuola tra i giuristi che sognano di arrivare al Quirinale, appena dietro è lunga la lista di pretendenti anche tra le toghe. Sul Fatto quotidiano di Marco Travaglio e Antonio Padellaro da alcune settimane circola un sondaggio, le Quirinarie, dove compaiono a più riprese diversi magistrati che a quanto pare non disdegnerebbero l’elezione a presidente della Repubblica: tra questi ci sono il pm Antonino Di Matteo, Gian Carlo Caselli, persino Nicola Gratteri che deve ancora superare la delusione per non essere diventato ministro della Giustizia. Spesso non sono neppure i diretti interessati a perorare la causa, ma fantomatici comitati che spuntano come funghi nei giorni che precedono le votazioni. Pagine facebook o twitter vengono aggiornate di continuo. C’è chi vorrebbe Gino Strada, fondatore di Emergency, e chi invece preferirebbe Umberto Eco o Umberto Veronesi. Chi parteggia per il giudice emerito della Consulta Gustavo Zagrebelsky, chi ancora per Milena Gabanelli. E poi c’è soprattutto il professore Stefano Rodotà, da tempo impegnato in interviste a tutto campo su diversi quotidiani. Solo ieri ha presentato alla Camera dei deputati il suo ultimo libro sulla solidarietà. Nelle stesse sale, due anni fa, invano i grillini provarono a spingerlo sul Colle.

E poi c’è Pierferdinando Casini. Leader dell’Udc, presidente della commissione Affari esteri della Camera. Il sogno di salire al Colle lo coltiva da tempo, non c’è dubbio. E lo ha dimostrato nelle ultime settimane. Fine conoscitore delle consuetudini parlamentari, l’ex presidente della Camera ha seguito alla lettera una delle principali regole della partita quirinalizia: essere discreti. Autocandidarsi è un autogol. I nomi che iniziano a circolare nelle settimane prima del voto sono i primi ad essere bruciati. Casini lo sa, e per questo sta bene attento a non esporsi troppo. Rifiuta interviste, evita troppe comparsate in televisione. Cerca di tenere un profilo basso, almeno mediaticamente. La sua speranza si concretizza attorno a una certezza: se il Parlamento in seduta comune dovesse incartarsi, se i candidati più accreditati dovessero venire impallinati uno dopo l’altro, a spuntarla potrebbe essere lui. Dalla sua Casini può contare su due ottime carte. I buoni rapporti con entrambi i contraenti del patto del Nazareno, anzitutto. Non a caso, forse, pochi giorni fa è stato citato come possibile presidente anche da Francesca Pascale, la compagna di Silvio Berlusconi. E poi c’è la vecchia provenienza democristiana.

Lo scudo crociato è il punto di forza anche di un altro spettatore interessato. Un altro sognatore ad occhi aperti. È Pierluigi Castagnetti, già segretario popolare (l’ultimo), esponente della Margherita e parlamentare del Partito democratico. Nel Palazzo qualcuno è convinto che il prossimo presidente sarà un cattolico. Profilo da tempo assente sul Colle più alto. Ecco allora che anche Castagnetti ha iniziato a sperare. Il suo nome è stato inserito nelle rose di papabili che più o meno realisticamente girano da qualche settimana nei corridoi di Montecitorio. A differenza di Casini, peraltro, Castagnetti può vantare un legame diretto con il Pd. Un particolare decisivo, qualora Renzi decidesse di puntare su un nome “interno”.

Quasi obbligato il sogno ad occhi aperti dei presidenti di Camera e Senato. Specialmente quello di Pietro Grasso. L’ex magistrato siciliano, procuratore capo dell’Antimafia, in un certo senso parte in pole position. In questi giorni è lui a sostituire Giorgio Napolitano da Palazzo Giustiniani (per l’occasione scortato a vista dai corazzieri in trasferta). Dalla nomina a Palazzo Madama a inizio legislatura, poi, il nome di Grasso è stato avvicinato più volte – chissà quanto a sproposito – sia al Quirinale che a Palazzo Chigi. Destino segnato, per chi ricopre un incarico di tale prestigio. E se questa fosse la volta buona? Certo, negli ultimi due anni le polemiche non sono mancate. Grasso è stato spesso accusato di mancata imparzialità per la gestione dell’Aula, tanto dai banchi di Forza Italia che dal Movimento Cinque Stelle. Ma la speranza, si sa, è l’ultima a morire.

La stessa speranza che potrebbe legittimamente coltivare la presidente della Camera Laura Boldrini. Altra personalità di rilievo nel firmamento istituzionale italiano. L’unica, tra i sognatori fin qui citati, a poter giocare sul tavolo quirinalizio una carta in più. È una donna. Nelle scorse settimane in molti – a partire dal premier Renzi – hanno auspicato un prossimo capo dello Stato al femminile. Particolare non secondario: da questo punto di vista Laura Boldrini dovrebbe fare i conti con una concorrenza molto più limitata. Oltre alla presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro e alla ministra della Difesa Roberta Pinotti, è suo il nome più gettonato. Infine c’è Silvio Berlusconi. L’ex Cavaliere, leader di Forza Italia, lo ha ripetuto come battuta spesso e volentieri: il Quirinale è sempre stato il suo pallino. Un sogno che a quanto pare, anche stavolta, dovrà rimanere solo sulla carta. 

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