«Guardi, oggi sono contento tre volte: per l’elezione dell’amico Sergio Mattarella al Quirinale, per poter godere del mare Jonio parlando di grandi meridionalisti come Zanotti Bianco e Giustino Fortunato con i ragazzi delle scuole calabresi, e da vecchio salesiano perché oggi è 31 gennaio, giorno di San Giovanni Bosco, fondatore proprio dei Salesiani, a cui chiedo protezione e conforto per il nostro nuovo grande presidente».
Gerardo Bianco, 83 anni, democristiano in servizio permanente effettivo, irpino (anzi: altoirpino) come De Mita ma non demitiano, più volte deputato, capogruppo e ministro dc, segretario del Ppi, oggi presidente dell’Associazione Ex Parlamentari, con Mattarella ha avuto una lunghissima frequentazione. «Proprio Sergio fu un perno fondamentale della mia esperienza alla guida del Partito popolare, lui fu tra coloro che agevolarono e seguirono la mia segreteria. Abbiamo sempre concordato su tutto, tranne quando ai tempi lui decise di entrare nel Pd e io no, perché non volevo morire socialdemocratico. Proprio in questi giorni di votazioni i leghisti ci hanno fatto sapere che non vogliono morire democristiani: tanti auguri».
Renzi, nel presentare il nome di Mattarella al Colle, ha detto di lui che è stato uno dei pochi democristiani a dimettersi veramente. Fu nel 1990, da ministro della Pubblica Istruzione, governo Andreotti: per protesta contro la legge Mammì pro-Berlusconi i cinque ministri della sinistra dc lasciarono la poltrona. E a sostituire Mattarella fu proprio Bianco: «Sì, è vero, non fu una scelta facile, non volevo accettare, ero già vicepresidente della Camera. A chiedermelo senza tregua fu Arnaldo Forlani, segretario del partito, con ragioni non sbagliate: eravamo a fine luglio, l’Italia era dall’inizio del mese presidente di turno del Consiglio delle Comunità europee, inoltre dal Medio Oriente spiravano venti di guerra, a inizio agosto Saddam Hussein avrebbe invaso il Kuwait e noi stavamo a fianco dell’America per quella che di lì a poco sarebbe stata la Guerra del Golfo. Il Paese non poteva permettersi una crisi di governo, c’erano troppe tensioni. Era giusto che il governo continuasse a lavorare. Lo capì anche la sinistra Dc, che infatti dopo pochi mesi rientrò nell’esecutivo».
A Mattarella, è stato detto da alcuni, Berlusconi non è mai piaciuto. «Ma no, nessuna questione personale. Semplicemente era convinto che Berlusconi non appartenesse alla cultura del popolarismo, e così rifiutammo di ammetterlo al Partito popolare. Berlusconi ritengo oggi abbia sbagliato a non votarlo».
Che tipo di presidente sarà Mattarella, Bianco lo immagina così: «Prudente, misurato: più Einaudi e meno… protagonista. Non sarà un interventista. Tuttavia saprà esercitare il proprio ruolo nel rinnovamento riformatore. Credo che Renzi abbia fatto la scelta migliore per consolidare questo cambio di stagione: io non amo parlare di Terza Repubblica, per me la Repubblica è sempre la stessa, parlerei di terza fase. E Mattarella, che ha aperto la seconda con la sua legge, contribuirà in maniera determinante alla terza, iniziata dall’ascesa di Renzi».
Si fa notare: Renzi, provenienza dc a Palazzo Chigi, il dc Mattarella al Colle… è tornata la Balena Bianca. «Dico quel che ho sempre detto: il personale politico della Dc è stato il migliore che abbia avuto la Repubblica, e gli scandali, le malefatte, le ruberie non esauriscono il giudizio. Quanto a Renzi, certamente ha dei vecchi geni democristiani, ma i metodi, i criteri sono nuovi, e anzi direi che certe nostre procedure, certo nostro protocollo gli sono del tutto estranei, sconosciuti. Credo sia una razza nuova, tutto sommato».
Cosa dirà al nuovo presidente quando vi ritroverete? «Intanto gli porterò i saluti della nostra associazione ex parlamentari. E poi da amico gli dirò: te la sei meritata, rappresenti il Paese migliore. Perché la sua nomina dimostra anche questo: che il Mezzogiorno offre nomi che possono davvero esprimere con dignità e forza l’unità nazionale, che è il valore primario»