L’Istat ha pubblicato i dati sul commercio estero del dicembre 2014: il saldo commerciale nell’ultimo mese dello scorso anno è stato pari a +5,8 miliardi, in ampliamento rispetto a dicembre 2013 (+3,4 miliardi). Al netto dell’energia, l’attivo è di 8,7 miliardi. Nel 2014 l’avanzo commerciale raggiunge 42,9 miliardi, ed è più che doppio al netto dell’energia (+86 miliardi). Pubblichiamo il commento di Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma.
Nell’ultimo trimestre dello scorso anno il Pil è stato sostenuto dal buon andamento della domanda estera netta. Escludendo la componente di prezzo, si può stimare che le esportazioni di beni sono aumentate in volume di oltre il 2%, mentre le importazioni in volume sono rimaste all’incirca stazionarie, se non in lieve flessione. Poiché il Pil è stato stagnante nel IV trimestre, ciò significa che la domanda interna è risultata ancora in sostanziale arretramento nella parte finale dello scorso anno.
Per quanto riguarda l’intero anno i dati – sia pure provvisori e per questo non del tutto confrontabili con quelli definitivi di un anno prima – segnalano che il surplus commerciale dell’Italia ha continuato a espandersi, portandosi nel 2014 al livello record di 42 miliardi di euro (circa 14 in più rispetto al 2013). A eccezione della Germania, nessun altro Paese euro ha sperimentato un simile miglioramento della bilancia commerciale. Vi ha contribuito il calo delle importazioni in valore (-1,6% sull’anno precedente) e la crescita delle esportazioni (+2% in valore). Quest’ultima è stata inferiore alla Germania (+4%), ma superiore alla Spagna (+1,5%), alla Francia (+0,4%) e ai restanti paesi euro (+0,5%).
I dati sembrano indicare che quella spagnola non è una ripresa da miglioramento competitivo
Considerando invece la Spagna, fra i Paesi euro mediterranei più spesso messi a confronto con l’Italia, il rallentamento dell’export va letto insieme al peggioramento che questo Paese ha registrato nel saldo commerciale. Il disavanzo iberico si è portato a 25 miliardi di euro (7 in più rispetto all’anno precedente). Questi dati sembrano indicare che quella spagnola non è una ripresa da miglioramento competitivo. C’è da domandarsi se essa potrà essere sostenibile secondo i canoni europei.
*capo economista di Nomisma