Non lo sappiamo ma i nostri selfie valgono oro: i milioni di autoscatti che ogni giorno sono postati sui social network vengono usati sempre più dalle imprese per conoscere meglio i propri clienti, sviluppare prodotti più mirati, scegliere i testimonial più azzeccati. Giganti come Heineken e Adidas stanno già sfruttando i servizi delle società di analisi delle immagini che hanno fiutato per prime l’affare. A fare il punto su quello che gira attorno ai selfie è uno studio di Gaia Rubera, docente del Dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi , pubblicato sulla rivista dell’università Via Sarfatti 25.
«Mentre finora le imprese hanno analizzato il testo dei post su Facebook o dei tweet, l’esplosione dei selfie apre nuovi scenari su come studiare il comportamento del consumatore – si legge nello studio -. Non a caso, Google, Yahoo, Pinterest e Twitter hanno acquistato società impegnate nello sviluppo di tecnologie in grado di riconoscere e analizzare le immagini».
I vantaggi che le imprese possono ottenere dall’analisi dei selfie si capiscono con i quattro esempi che vengono riportati.
In primo luogo, spiega la docente, i selfie permettono di capire in quali situazioni i consumatori utilizzano i prodotti dell’impresa. «Tradizionalmente, questi dati venivano raccolti con la ricerca etnografica che richiede a interi gruppi di lavoro di passare settimane (a volte anche mesi) scattando foto e girando video dei propri clienti. Coi selfie, questi dati vengono forniti direttamente, seppure involontariamente, dai consumatori stessi, permettendo un enorme risparmio in termini di costi e tempi. Per esempio, Ditto Labs, una società specializzata nell’analisi delle immagini, ha scoperto che molte persone postano foto di sé mentre mangiano lo yogurt in macchina. Queste informazioni sono al momento utilizzate da Chobani, una marca statunitense, per sviluppare confezioni specifiche per il consumo di yogurt in automobile».
Il secondo grande vantaggio dei selfie è che fanno scoprire quali altri prodotti sono utilizzati insieme ai propri quali siano i gusti dei propri clienti. «Per esempio – continua l’analisi di Gaia Rubera – analizzando i selfie, Adidas ha scoperto che il 13% dei propri clienti è anche un fan di Justin Bieber, Heineken che i fan dei Metallica preferiscono la propria birra, mentre i fan di Beyonce sono gran bevitori di Smirnoff Ice. Sulla base del contesto raffigurato nei selfie postati su Instagram e Tumbrl, Ditto Labs è in grado di suddividere i consumatori in diverse categorie come, per esempio, “sportivi” o “amanti del cibo”. È facile intuire come queste informazioni possano essere utilizzate per sviluppare nuove partnership o campagne pubblicitarie per un target preciso di consumatori».
Il terzo passaggio è monitorare quanto siano popolari i concorrenti. Ancora una volta la Ditto Labs o società come Piqora Inc. stilano settimanalmente una classifica delle marche più popolari nei selfie, suddivise per categorie di prodotti. «Pensate all’utilità di tale informazione per i direttori marketing – continua l’analisi – che in questo modo possono individuare in tempo reale, senza dover aspettare i dati di vendita, i prodotti concorrenti di maggior successo e predisporre le necessarie contromosse».
Il quarto vantaggio dell’analisi dei selfie è ancora teorico, ma potenzialmente dirompente: identificare i cosiddetti “consumatori evangelici”, vale a dire quei clienti che sono talmente legati ad una marca da essere disposti a tutto pur di promuoverla nel proprio network. «L’identificazione di tali consumatori è da sempre uno dei compiti più ardui per le imprese – commenta Gaia Rubera – : pur riconoscendone l’assoluta importanza, il 48% dei direttori marketing ammette di non essere in grado di fare ciò. Anche se al momento nessuna società fornisce un servizio del genere, è possibile misurare il livello di identificazione di un consumatore con una certa marca analizzando quante volte la marca in questione compare nei selfie del consumatore o la predominanza della marca in questi selfie».