I grandi artisti e i loro cachet, gli studi scintillanti e le telecamere accese. Ma la realtà dello showbiz italiano passa anche per figure che il telespettatore medio non contempla durante lo zapping. Beppe Caschetto, ad esempio. Classe 1957, liceo scientifico e alcuni esami a Giuriprudenza, ex funzionario della Regione Emilia-Romagna con un passato nella Cgil, da anni è considerato uno degli uomini più potenti della televisione italiana. Agente delle star, ma non solo. La sua Itc 2000 si occupa di management di personaggi dello spettacolo, autori e registi. Organizza eventi, ma soprattutto si muove come casa di produzione televisiva, cinematografica e pubblicitaria. Una macchina da guerra con un giro d’affari che è stato stimato intorno ai 40 milioni di euro. Per molti Caschetto resta un’eminenza grigia. Pochissime interviste, ancor meno le apparizioni pubbliche. «È più facile rintracciare Mina», sorride un autore tv che ha lavorato con lui. «Preferisco stare nascosto e essere considerato autorevole, credo nel teorema Cuccia» ribadiva il diretto interessato a La Stampa, nel lontano 2008.
Intorno a lui un muro di mistero e riservatezza, rigore e timori. Nella scuderia di Caschetto, recinto chic con vago accento di sinistra, si contano quasi tutti i big del piccolo schermo. Maurizio Crozza, Giovanni Floris, Luciana Littizzetto, Fabio Fazio, Luca e Paolo, Fabio Volo, Roberto Saviano, Ilaria D’Amico, Lucia Annunziata, Virginia Raffaele, Pif, Cristina Parodi, Daria Bignardi, Neri Marcorè, Corrado Formigli. E altri. Di loro il boss conosce tutto, li ascolta prima di piazzarli. Ognuno viene seguito non solo nella parte relativa ai contratti e alle trattative con le reti (dicono sia un fenomeno nel contratto quadro). Ma anche nel percorso professionale degli artisti con le scelte da fare, i programmi da tentare, le mosse da evitare. «La mia abilità – spiegava in una conversazione con Salvatore Merlo – consiste nel valorizzare le qualità dei singoli, capire quando è il momento di fare qualcosa, ma anche di cambiare. E gli prolungo la vita artistica. C’è una cosa che ripeto sempre ai miei clienti: non devi diventare il personaggio del momento perché, se lo diventi, sei il personaggio di quel momento. E quel momento, mentre te lo godi, è già passato». Scopritore di talenti, prima di tutto. Chi lo ha frequentato da vicino gli riconosce «generosità» nel lanciare gli artisti. In poche parole: «Sa costruire delle carriere».
Base operativa a Bologna e filiali a Milano. Una figlia, Federica, che lavora con lui. Caschetto ha curato il passaggio di Floris a La7 e il rinnovo di Crozza. Ha piazzato Pif agli spot della Tim e Fabio Volo a quelli della Vodafone, mentre Fazio e Littizzetto con Che Tempo Che Fa rappresentano quella che viene definita «la banca della pubblicità» per Rai Tre. E al Festival di Sanremo capita quasi sempre di vedere artisti della sua scuderia. «Non è invadente e non mette bocca su questioni di palinsesto» assicura il patron di La7 Urbano Cairo. Eppure, da anni, alcuni addetti ai lavori dicono il contrario. L’accusa è che agenti come Beppe Caschetto e Lucio Presta (che gestisce i vari Bonolis, Benigni, Clerici) impongano i propri assistiti alle reti o comunque influiscano sui palinsesti. Secondo il critico tv de L’Espresso Riccardo Bocca è «la solita vecchia storia dei mercanti nel tempio che piazzando i loro divi a carissimo prezzo condizionano le alchimie della televisione pubblica e perché no, anche privata». Carlo Degli Esposti, produttore di Montalbano e Braccialetti Rossi, l’ha messa giù così: «Non voglio bene a Caschetto e agli agenti che fanno anche i produttori, inquinano il mercato ed è grave». E nel 2012 twittava: «Bello Presa Diretta, uno dei pochi programmi di Rai Tre non eterodiretti da Beppe Caschetto».
Lo stesso presidente della Commissione di Vigilanza Rai, il grillino Roberto Fico, parlando della riforma del servizio pubblico ha dichiarato: «Se pago la tassa sulla televisione pretendo non ci sia la pubblicità. Perché quella, con gli ascolti, fa parte di un circolo vizioso per cui nei palinsesti comandano le scuderie dei grandi manager come Beppe Caschetto o Lucio Presta». Il diretto interessato rispedisce le accuse ai vari mittenti. In una delle rare interviste, l’ultima rilasciata al Foglio, spiega: «Sono disposto a scusarmi pubblicamente se lei trova un solo direttore di rete televisiva italiana cui avrei detto: “Ti do questo artista ma tu devi prendere anche quest’altro”. È una cosa che non si fa». E ancora: «Io quando voglio contattare un direttore di rete chiamo la segretaria, aspetto, faccio anticamera, rispetto l’etichetta, la buona educazione, la forma è sostanza e le regole sono importanti».
A microfoni spenti un top manager televisivo di lungo corso racconta a Linkiesta: «Qualche anno fa i palinsesti avevano un’architettura forte, un po’ come quella dei giornali, oggi invece vince il prodotto e Caschetto ha autori e personaggi che creano prodotti forti». In primis i comici, «benzina della sua attività e dispositivo del successo». Nei corridoi dei network televisivi lo conoscono bene. Professionista e stakanovista. Corrado Guzzanti lo ha citato in uno sketch del suo Aniene2, show comico in onda su Sky nel 2012. «Sono dei momenti brutti per tutti ma la vita continua». «Per lei forse, si è alleato con Beppe Caschetto e fa i soldi a palate». Lavora molto, l’agente delle star. Cura i dettagli e dà continuità ai suoi artisti, molti dei quali si sono mossi tra Rai Tre e La7, le due reti intellettuali per eccellenza. Ma da vero uomo «trasversale» come lo definiscono, Caschetto se la gioca anche in Mediaset. È approdato dietro le quinte della tv grazie a un altro deus ex machina del settore, quel Bibi Ballandi che lo volle con lui per il management dell’intrattenimento. Da lì in poi un’irresistibile ascesa che lo ha consacrato tra i personaggi di riferimento del piccolo schermo. Autorevole, rispettato, venerato, invidiato, ascoltato. Gli attribuiscono potere, tanto. Eppure lui evita i riflettori e le macchine fotografiche, diserta le feste e non coltiva hobby di lusso. Devozione per la famiglia e concretezza imprenditoriale.
Fu agente anche di Alba Parietti, che lo racconta così: «Caschetto capì in fretta come trattare a certi tavoli e in quel periodo, con me, entrò nel mondo dello spettacolo dalla porta principale. Fu bravo, si diede un gran daffare e come direbbe Crozza, passò rapidamente a farsi i cazzi suoi. Costruì la sua squadra e contestualmente il suo personaggio. Quasi nessuno degli artisti da lui curati riesce a parlargli al telefono. Il dato sembra secondario ma fa parte dell’attrazione che porta quasi tutti i nomi di punta della tv italiana a stare con lui. La prima volta che non risponde ti infuri e ti chiedi: “Ma come si permette?”. La seconda osservi: “Però se si permette, significa che forse se lo può permettere. Certe stelle maltrattate vanno in estasi». Il re della televisione resta dietro le quinte.