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20 Marzo 2015

Il rischio depressione degli italiani all’estero

Silvia Favasuli

Il rischio depressione degli italiani all'estero

Alessandro traccia una breve linea sul tavolo. «Creatività è ciò che usi per spostarti da A a B». Si attiva anche quando A vuol dire Italia e B è la cool Britannia. Le migrazioni sono processi creativi, spiega una coppia di psicoterapeuti italiani in questo café di Richmond, West London, mentre fuori piove e il cielo inglese dà il peggio di sé. «Usiamo la creatività per adattarci alla realtà», continua Chiara Virgilio, 30 anni e una formazione alla Coirag, scuola di specializzazione in Psicoterapia di Roma. Appartiene a tutti gli animali. Le scimmie, ad esempio, bagnano con la saliva i bastoncini di legno per farci appiccicare le formiche e poi mangiarle.

Solo che a volte questo processo si interrompe. «Le persone arrivano a Londra con un sogno in testa. Ma spesso i tempi per realizzarlo sono più lunghi del previsto. A volte capita che il sogno sfugga di mano, oppure che degli inconvenienti non calcolati ostacolino il piano fatto prima di partire». E si può cadere in depressione.

Per questo Chiara insieme ad Alessandro Secci, 46 anni, psicoterapeuta con esperienze di lavoro anche in Scozia, hanno attivato dei gruppi destinati a chi ha esaurito tutte le energie (questo il loro sito). Si sono conosciuti grazie al network “Psicologi a Londra” e hanno iniziato a lavorare insieme a questo progetto. «Se ti trasferisci in questa città senza lo scudo protettivo di un’azienda che ti ha chiamato dall’Italia, arrivi nudo, vulnerabile». A Londra, continua Chiara, la vita viaggia a un livello diverso che in Italia, tutto è più veloce. Non solo. È una città dura, competitiva». Offre opportunità ma le opportunità sono difficili da raggiungere. E qui si sperimenta la solitudine vera, accentuata da un costo della vita talmente alto che spesso si rinuncia ad uscire.

«Lingua e cultura sono troppo sottovalutate da parte di chi emigra», ricorda Alessandro. «Noi italiani purtroppo siamo chiusi verso il resto del mondo, e non solo non conosciamo bene l’inglese, ma ignoriamo anche le diversità culturali con gli altri». Lavorando in Scozia, lui stesso ha scoperto l’importanza che le regole hanno in Inghilterra. «Mi trovavo in una struttura scozzese come psicoterapeuta. Un giorno in cui sia io che la mia manager eravamo liberi perché tutti i pazienti avevano cancellato i loro appuntamenti, mi sono avvicinato al suo ufficio per scambiare qualche chiacchiera. “Non dovresti stare qui”, mi ha risposto, “Dovresti rimanere nel tuo ufficio”. Mi ha gelato. Ma poi ho capito che le regole, da queste parti, sono più importanti dei rapporti umani e sociali. Se lo sai, lo accetti e riesci a gestire la differenza».

E poi l’alcool. «I rapporti sociali qui sono spesso oliati dall’alcool», spiega Chiara. «Quando ci si trova non si beve un cocktail o un bicchiere di vino, come da noi. Uscire qui significa sempre ubriacarsi. Ma noi italiani facciamo fatica ad accettarlo. Non è nella nostra cultura. Gli inglesi – spiega – ne hanno bisogno perché è l’unico modo con cui riescono a liberarsi delle regole. E anche questo crea ostacoli all’adattamento e alla socializzazione». L’alcool in Inghilterra ha un peso sociale talmente forte che Alessandro racconta di aver assistito ragazzi esclusi dal gruppo perché avevano deciso di smettere di ubriacarsi tutte le sere.

«Con i gruppi cerchiamo di ricreare uno spazio di pensiero, lo chiamiamo così – spiega Alessandro – dove ti incontri con un certo numero di persone (generalmente cinque o sei), sempre alla stessa ora e lo stesso giorno della settimana. E in questo contenitore lavoriamo per riattivare la creatività, la capacità di adattamento».

La depressione, infatti, arriva quando ci si dimentica di quel che si è in grado di fare e ci si butta giù. «Se non raggiungi subito quel che ti eri prefissato di ottenere, finisci per dimenticare le tue potenzialità. Noi offriamo uno spazio in cui lavorare per recuperare la consapevolezza di sé. È un lavoro intenso, che richiede il coraggio di ammettere di avere bisogno di aiuto. Ma è un investimento di energie utile per la propria vita».

I gruppi di Chiara e Alessandro attendono di partire da un momento all’altro. «Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto a gennaio e stiamo raccogliendo ora le adesioni. Stiamo formando i gruppi e ci prepariamo a partire, anche se finora è stato difficile mettere d’accordo gli iscritti sugli orari». «Le richieste arrivate mostrano che c’è davvero bisogno di un supporto di questo tipo», raccontano i due psicoterapeuti. Il percorso è a termine, fatto tra gli otto i dieci incontri, e il costo per ciascun incontro varia dalle 20 alle 30 sterline, in base al numero di partecipanti ad ogni gruppo.

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