L’indiscrezione è destinata a far discutere i salotti della Milano bene e non solo. Perché Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico, avrebbe negli ultimi giorni trovato un possibile candidato per il capoluogo lombardo nel 2016, nel caso in cui Giuliano Pisapia decidesse di non ricandidarsi come ormai filtra da alcuni mesi da palazzo Marino.
Il nome che circola con insistenza – tra i tanti democratici- è quello di Francesco Micheli, il finanziere «rosso» e di successo, melomane, (tanto da avere un pianoforte a coda sul suo veliero di 54 metri ndr), appassionato del teatro alla Scala, fondatore di E-Biscom prima e Fastweb dopo insieme con Silvio Scaglia. Micheli non è un personaggio qualunque, conosce molto bene i consiglieri economici e politici del premier, il suo cosiddetto “giglio magico”, dal ministro per le Riforme Maria Elena Boschi fino a Marco Carrai, dall’avvocato Alberto Bianchi al finanziere Davide Serra.
Per questo motivo lo stesso presidente del Consiglio ci starebbe facendo un pensiero, magari come possibile nome esterno capace di arginare le diatribe meneghine tra il Pd e Pisapia. Anche perché Micheli potrebbe da un lato intercettare un area riformista meneghina, dall’altra quella più a sinistra. Già finanziatore del quotidiano Il Manifesto è stato sposato con Anna Maria Basso, figlia di quel Lelio Basso, storico socialista e studioso della dottrina marxista, nonché fondatore del Mup (Movimento di Unità Proletaria) nel 1943.
Titolare della Micheli & Associati, questo appassionato di lirica (in particolare italiana cosa che lo ha fatto spesso scontrare con l’eccesso di internazionalizzazione portata alla Scala dall’ex sovrintendente Stephan Lissner ndr) è uno che «quando si muove bisogna alzare le antenne», scrisse il giornalista economico Andrea Giacobino. Perché è un uomo di relazioni, di sistema, membro di spicco di quella “Razza Padrona” che ben tratteggiarono all’inizio degli anni ’90 da Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani. Del resto l’abile finanziere di origini parmensi è cresciuto negli anni ’70 alla corte di Eugenio Cefis, all’epoca presidente di Montedison, potente burattinaio del potere. «Quella di Montedison è una storia molto complicata e affascinante dove, ancora una volta, i suoi destini sono segnati, come una forza ineluttabile, dalla sindrome del colpo di mano», disse Micheli in un’intervista al Corriere della Sera nel 2001.
E di colpi di mano lo stesso Micheli se ne intende, tra scalate e rastrellamenti di azioni. Negli ultimi anni è rimasto un po’ in disparte, tanto che, a quanto pare, sarebbe servito proprio l’intervento di Renzi e del ministro della Cultura Dario Franceschini per rientrare a metà febbraio nel consiglio di amministrazione della Scala. Il presidente di Mito ne uscì, dopo una permanenza ininterrotta dal 2000 al 2007, durante «l’inverno di Mario Monti», quando il ministro Lorenzo Ornaghi gli preferì Alessandro Tuzzi, vicedirettore amministrativo della Cattolica di Milano, «un portaborse» suggerirono i maligni.
Ora Micheli è ritornato in sella. E pensa in grande. Nel 2011, dopo che nel 2006 era stato uno dei sostenitori di Letizia Moratti, fu uno dei grandi sponsor di Pisapia, tanto da organizzare incontri per portare avanti la candidatura dell’avvocato penalista, sempre con discrezione e abilità, tipica degli ultimi salotti milanesi rimasti. Mangia spesso al ristorante Il Bolognese e conosce mezzo mondo della politica, della finanza, dell’industria e del giornalismo. Classe 1937, fisico ancora invidiabile, nel 2016 compirà 79 anni. Ma non sarebbe un problema, per le capacità e le conoscenze che in molti tutt’ora gli invidiano.
Il rapporto con Renzi è molto saldo. E dura sin dai tempi in cui era sindaco di Firenze, quando l’attuale presidente del Consiglio nominò Francesca Colombo, ormai ex compagna di Micheli, come sovrintendente del Maggio Fiorentino. I rapporti si sono intensificati negli anni. Il finanziere partecipò alla famosa cena di Davide Serra in corso Italia nell’ottobre del 2012 e uno dei suoi due figli, Carlo, compare tra i finanziatori della Fondazione Big Bang nel 2013 con 10 mila euro. Non solo. È stato tra gli invitati del matrimonio di Marco Carrai, il “richelieu” del presidente del Consiglio, nel settembre dello scorso anno, quando a Firenze sbarcarono pezzi da novanta come Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit o l’ex numero uno di Eni Paolo Scaroni. La razza padrona, insomma, potrebbe continuare.