Portineria MilanoContrada, Ayala: «Il concorso esterno per mafia non fu un errore»

Contrada, Ayala: «Il concorso esterno per mafia non fu un errore»

La sentenza della Corte di Strasburgo riconosce che l’ex numero tre del Sisde Bruno Contrada non andava condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, all’epoca dei fatti (1979-1988) il reato non «era sufficientemente chiaro» si legge nel testo. Nello specifico per la Corte l’Italia ha violato l’articolo 7 della Convenzione europea per i diritti umani che stabilisce che non ci può essere condanna senza che il reato sia chiaramente identificato dai codici di giustizia. Nel caso della fattispecie di reato contestata a Contrada la Corte (qui il link alla sentenza) nota che essa «non era sufficientemente chiara e prevedibile per Contrada ai tempi in cui si sono svolti gli eventi in questione». E quindi ha riconosciuto la violazione in quanto le pene non possono essere applicate in modo retroattivo. La vicenda riapre le polemiche sull’utilizzo di questa fattispecie di reato nella lotta alla mafia. Giuseppe Ayala è stato uno dei primi storici procuratori a Palermo negli anni ’80, quando aveva a fianco colleghi come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. È considerato tutt’ora il padre del concorso esterno in associazione mafiosa. «Ma io sono solo il padre di tre figli» tiene a precisare a Linkiesta, ricordando quegli anni e di come nacque la fattispecie che ora viene contestata dopo la sentenza della Corte di Strasburgo. Anzi, Giuseppe Lipera, avvocato di Contrada, ha spiegato che proprio Ayala si sarebbe pentito di aver creato questa sorta di «mostro giuridico». 

Quindi è pentito? Forse ancora di più dopo la sentenza della Corte di Strasburgo
Non mi pento affatto. Dico semplicemente che riflettendoci dopo aver superato la fase del noviziato, ritengo pragmaticamente molto più opportuno contestare il favoreggiamento perché ci sono processi molto più brevi. 

Eppure Contrada si dichiara sconvolto dopo dieci anni di carcere e chiede la revisione del processo
Quello che scrive la Corte di Strasburgo, con tutto il rispetto, non sta né in cielo né in terra.

I giudici europei hanno sbagliato?
Li capisco anche. All’estero non tutti gli ordinamenti riconoscono i delitti associativi come l’associazione a delinquere, figurarsi la difficoltà di spiegargli il concorso esterno in un delitto associativo.

È una particolarità tutta italiana
Parlerei di peculiarità

Quindi perché secondo lei la Corte prende una cantonata, per parafrasare Antonio Ingroia?
Andiamo con ordine. La Corte spiega che in pratica fino a quando la Cassazione non ha sentenziato nel 1994 con la sentenza Demetri non c’era la legge. Quindi in quel periodo storico contestato a Contrada non c’era la legge: non è così.

Qual è il punto?
La Corte di Strasburgo ha ragione su un punto. Una norma che nell’ordinamento italiano preveda espressamente il concorso esterno in associazione mafiosa non esiste. Però c’è una norma di carattere generale che prevede il concorso in omicidio, rapina e furto. È del 1931, si tratta dell’articolo 110 del codice penale. Poi nel 1982, il 29 settembre per l’esattezza, è arrivato il 416 bis. La mafia entra nel codice penale a quell’epoca. 

E cosa succede?
Il concorso è la combinazione di queste due norme, una generale, concorso di persona nel reato e una specifica, quella per mafia. Come c’è il concorso di furto, il concorso di omicidio, c’è il concorso per mafia. Detto in soldoni si tratta del palo che fa la rapina, cosicché questa norma è stata associata anche al delitto di associazione mafiosa. 

Perché la Corte europea sta sbagliando? 
È vero che la giurisprudenza della Cassazione è stata molto oscillante nel riconoscere questa fattispecie di reato, in particolare sui presupposti con cui questa contestazione si potesse fare, ma si tratta di un problema giurisprudenziale. Noi abbiamo due norme nel codice penale che lo confermano. 

Lei è ritenuto il padre del concorso esterno in associazione mafiosa
Io sono solo il padre di tre figli…Ho spiegato a diversi colleghi che da tempo conviene contestare il favoreggiamento aggravato, la pena che ottiene è la stessa e il procedimento è più spedito.

Lei fu il primo a contestarlo però
Io lo contestai all’inizio perché ci trovammo questo strumento inedito tra le mani. Nel 1982 mi ritrovai questa nuova norma, il 416bis, che prima non c’era. In un caso io non avevo gli elementi per contestare il concorso e il favoreggiamento mi sembrava concettualmente riduttivo. Allora mi sono inventato questa via di mezzo che fu riconosciuta e approvata anche dai giudici istruttori. Io facevo il pubblico ministero e i giudici furono d’accordo. Poi arrivarono altri elementi…

E come finì?
A sentenza con il concorso esterno non ci sono mai arrivato, nè l’ho mai più contestato dopo. Perché prima di arrivare alla fine cambiai il reato in associazione mafiosa piena. 

L’avvocato Lipera la tira in ballo sostenendo che lei si sarebbe pentito di questa invenzione
Non mi pento, ma riflettendoci dopo, quando si supera la fase del noviziato, ritengo pragmaticamente molto più opportuno contestare il favoreggiamento, ci sono processi molto più brevi. Basta guardare le differenze tra il caso Cuffaro e quello Dell’Utri. Cuffaro sta scontando sette anni di galera per favoreggiamento aggravato e il processo è stato molto più veloce. Per Dell’Utri, che sta scontando anche lui sette anni, ci sono voluti decenni. 

Che differenza c’è? 
Durante un processo dipende da quali e quanti elementi hai in mano. L’obiettivo è trovare, come dicono i mafiosi, quelli che sono “a disposizione”. Il neofita Ayala che si ritrova la prima volta il 416bis si inventa il concorso esterno.

Non servirebbe una riforma del codice?
Non servono riforme, il problema è giurisprudenziale. Si tratta di un matrimonio. E come tutti i matrimoni, spesso, non sono felici.

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