I libri arrivano fino al soffitto. Gli scaffali si confondono con le pareti e le pagine sfumano dal bianco più brillante al giallo tenue. La libreria Dante & Discartes è una piccola oasi tra i pietroni e i marmi di Mezzocannone, la via dell’Università di Napoli. Piccola, stipata in un paio di locali, stracolma di testi e di libricini.
C’è un piccolo comitato di accoglienza che aspetta Erri De Luca: amici, studenti, attivisti. Fuori piove. È una pioggia grossa, rumorosa, che si infrange contro i finestrini delle auto e gli ombrelli aperti. Sono le cinque meno venti. Alle 18 ci sarà un incontro tra lo scrittore e i ragazzi di Mezzocannone Occupato, un centro sociale; alle 21, invece, un evento pubblico in San Domenico Maggiore.
Quando arriva Erri comincia una carovana di saluti, abbracci e baci. È da un po’ che non è a Napoli. Gli vado incontro e gli stringo la mano. Ha una stretta forte, decisa, le dita rigide e la presa impenetrabile. Ci sediamo dietro la scrivania della libreria, dalla parte di chi riceve e vende. Lui vicino al telefono, io in un cantuccio di libri, carta e scaffali.
Una ragnatela di rughe e due occhi azzurri più scuri al centro e più chiari all’esterno. Erri De Luca si pizzica i pantaloni mentre parla. Veniamo interrotti un paio di volte: la prima da una telefonata che si trascina diversi minuti (gli chiedono dell’Everest e del Nepal e di un parere, da esperto, sui soccorsi); la seconda da altri saluti. Prende respiri profondi ogni volta che sta per cominciare a parlare, e non si ferma finché non ha finito il suo discorso. La sua voce è calma, limpida. Gli guardo il viso, poi le mani, una che si ostina a tormentare i pantaloni beige e l’altra ancora al bracciolo della sedia.
Quando venne pubblicato Non ora, non qui, il suo primo libro, insistette perché insieme a “scrittore” Raffaele La Capria, che curò la presentazione in quarta di copertina, scrivesse anche “napoletano”.
La prima domanda che gli faccio riguarda le ultime notizie sulla TAV: alcuni operai, come ha riportato l’Huffington Post, hanno scritto un appello rivolgendosi a lui. Non faccio in tempo a finire che vengo interrotto.
«Di questo non se ne parla proprio», mormora seccamente. «Questo non esiste. È una cosa che non esiste. Cioè, è una notizia che non esiste. Non esiste proprio. È una balla. È una lettera anonima, e non è nemmeno rivolta direttamente a me. È proprio una cosa di cui non posso parlare. Non mi riguarda affatto. Respinta dal mittente. Anzi: sconosciuto il mittente». Passo a chiedergli della sua “preghiera laica”, come l’hanno ribattezzata i media.
“Questi sono profughi, non migranti. Il migrante è chi cerca una vita migliore, un lavoro. Questi, invece, sono profughi, è gente che scappa e che non ha scelta”
Una preghiera in cui appare piuttosto chiaramente che i migranti non avessero alcuna scelta: o partire o morire.
Questi sono profughi, che è una definizione diversa di migrante. Il migrante è anche qualcuno che cerca di trovare una sistemazione in un mondo migliore, di andare a trovare lavoro all’estero. Questi, invece, sono profughi. Cioè di persone che sono state scaraventate fuori dalla loro casa. Come dice l’ONU, l’UNHCR, la stragrande maggioranza dei profughi si accampa nelle frontiere vicine perché vuole sempre sperare di poter rientrare il più presto possibile a casa loro. Quindi quelli che si muovono verso di noi sono una piccolissima minoranza di profughi e sono persone che non possono tornare indietro. Non è umanità “trattabile”, è “intrattabile” nei suoi diritti e nelle sue urgenze.
“Stanno costruendo un muro di 160 km tra Bulgaria e Turchia che poi è il passaggio principale. Il flusso migratorio vero avviene via terra e non via mare”
Il mare che è più giusto, come hai avuto di dire altre volte, della terra e di chi la abita?
Be’, è più giusto della terraferma. Perché anche quando solleva onde a muraglia poi le abbassa a tappeto. Mentre invece la terraferma, la nostra terraferma, pretende di essere terra chiusa, di alzare muraglie che non si abbassano successivamente, che restano sollevate. Si sta costruendo un muro di 160 km lungo il confine tra la Bulgaria e la Turchia che poi è il passaggio principale. Il flusso migratorio principale avviene via terra e non via mare.
“L’artista non è tenuto a ribellarsi. L’artista è tenuto a fare bene la sua arte. Non è un portavoce della sua comunità”
Qualche tempo fa, in un intervento pubblico, definisti la bellezza come “la forza di opporsi alla forza di gravità”, e l’artista come chi la cerca. Opporsi, ribellarsi. Esistono ancora artisti in Italia?
L’artista non è tenuto a ribellarsi. L’artista è tenuto a fare bene la sua arte. Se poi vuole fare qualcosa di più di questo, insomma, può impegnarsi nel suo piccolo ambito. Ma no, non è un portavoce della comunità. Riguarda la sua coscienza di cittadino e non la sua funzione di portavoce pubblico.
Un’altra tragedia ambientale è quella della Terra dei Fuochi, diversa eppure simile a quella che si sta consumando in Val di Susa .
La Terra dei Fuochi è già successo. È questa la differenza con la TAV. La TAV, in Val di Susa, la stanno facendo succedere. Qua è già successa e l’ordine del giorno sarebbe quello di avviare una bonifica e un risarcimento per tutte le famiglie colpite dal danno. Abbiamo visto che l’ILVA di Taranto, pur essendo stata considerata colpevole di spargimento di veleni, è stata esentata dal rimborso, da una legge dello Stato, da una legge del Governo. Quindi non mi fido del fatto che succeda qualcosa di analogo, di buono. Però il da farsi è questo: bonificare, rimborsare e risarcire.
“In Francia esistono i cittadini, delle personalità che si pronunciano sugli affari del mondo e incidono come opinione pubblica sulla politica. Da noi no.”
Ci sono state due reazioni totalmente opposte in Italia dopo i fatti di Parigi e la strage di Charlie Hebdo, e dopo la tua incriminazione per “istigazione a delinquere”. In Francia, invece, no.
Non sono comparabili le due cose. Una riguarda una strage di una redazione intera, l’altra l’incriminazione per delle frasi che ho detto. In Francia esiste un’opinione pubblica. In Francia, cioè, esistono dei cittadini e delle personalità che regolarmente si pronunciano sugli affari del mondo e quindi incidono come opinione pubblica sulle decisioni e sul comportamento della politica. Da noi non c’è questa opinione pubblica. Riassume l’atteggiamento nei confronti del mio caso quello di un intellettuale che in una sua pagina ha scritto e ripetuto che le mie opinioni sulla TAV sono inopportune. Di questo si tratta: di opportunismo. Quelli sanno quali sono le opinioni opportune, cioè quelle che non disturbano nessuno: non rivolgono la parola al conducente, diciamo, e si comportano bene. E poi ci sarebbero delle opinioni non opportune. Se questo è lo stato delle definizioni in Italia è giusto che questi opportunisti stiano rimpannucciati a casa loro e non si impiccino di questi casi.
Dovessi risultare colpevole hai detto che non farai appello.
Ma perché non lo dico due volte. Ho avuto tutte le possibilità per esprimere al di fuori di quell’aula, perché è quello che mi riguarda, perché quella parola in quell’aula è imprigionata ma fuori è libera – ho avuto tutte le possibilità di esprimere le mie opinioni su questa faccenda, quindi non andrò a disturbare una seconda aula di tribunale. Insomma, la Parola Contraria 2 non la facciamo. Buona la prima.
Qual è la tua speranza dopo tutta questa vicenda?
Io penso che in qualunque modo questo processo andrà sarò riuscito a dare sufficientemente fastidio anche da condannato che non ci riproveranno più – ammesso che se ne trovi un altro – a incriminare uno scrittore o una persona per “istigazione” a commettere reati. Un reato che è previsto dal Codice Fascista del 1930.
“Il sentimento del sacro, a Napoli, non proviene dal cielo, ma dal sottosuolo, è un sentimento della terra, del tellurico”
Nei tuoi libri, in particolare in Montedidio, hai sempre parlato di una Napoli religiosa con uno spiccato senso del sacro.
Io credo che il sentimento del sacro, a Napoli, non provenga dal cielo, ma dal sottosuolo. Questo è un sentimento che proviene dalla terra, dal tellurico. Dall’avere a che fare con terremoti e con eruzioni. Perciò il santo patrono Gennaro è specialista in eruzioni, capace di fermare la lava. C’è un culto dei morti che li tieni vicini e che si occupa del sottosuolo dei morti. Napoli poi è una città doppia: ha tutta una seconda superficie, una seconda cubatura sotto. Il sentimento del sacro a noi è nato dalla terra. Risentiamo di questo e perciò è un sentimento antichissimo, sul quale il cristianesimo ha messo la sua coperta e la sua interpretazione. Ma è molto più antico, proprio perché è geologico.