Non lo dice LinkPop. Lo dice Martin Scorsese: «Per me, c’è qualcosa di interessante, in modo particolare, nei film di Hong Sangsoo». Sarà «per la sua immensa abilità nello storytelling. In tutti i suoi film – almeno, quelli che ho visto – tutto comincia in modo improbabile. Ma poi le cose si vanno svolgendo “come un’arancia”».
Non è l’unico ad amare il regista sudcoreano. Alcuni, come spiegano su OpenCulture, lo chiamano “il Woody Allen della Corea”: le sue commedie, come quelle di Woody, sono molto più che semplici commedie. A partire dai temi, dalle implicazioni, dallo humour fno ad arrivare alla sua formulazione: sono film completi, richi, sperimentali.
Per chi non conoscesse Hong Sangsoo, è bene sapere che: a) è sudcoreano, ma ha studiato in America; b) non ha grandi successi al botteghino, ma è uno dei più amati e apprezzati sulla scena internazionale, con presenze ai festival di Cannes e Berlino e decine di altri riconoscimenti; c) ama ottenere dai suoi personaggi una difficoltà espressiva e di articolazione – per il suo ultimo lavoro, Hill of Freedom, ci è riuscito costringendoli a recitare in inglese e non in coreano, mentre prima li obbligava a recitare ubriachi; d) i suoi film, a detta di molti, sono uno sguardo molto attento alla realtà della Corea di oggi. Chi volesse conoscerla, può cominciare da questa piccola antologia:
Il XXI secolo, ci scommettiamo, sarà il secolo coreano. Per chi non fosse d’accordo, appuntamento al 2115.