Portineria MilanoRenzi vuole svuotare Ncd e Fi per il «Listone della Nazione»

Renzi vuole svuotare Ncd e Fi per il «Listone della Nazione»

C’è un sospetto che si aggira tra le anime della minoranza del Partito Democratico, in queste giornate convulse di discussione sull’approvazione a marce forzate, e con espulsioni di massa, dell’Italicum. Che le intenzioni di Matteo Renzi non siano tanto quelle di capitalizzare l’attivismo sulle riforme in campagna elettorale per le regionali, quanto di delineare nel lungo periodo la nascita del futuro Partito – o meglio Listone – della Nazione schiacciando e rendendo ininfluente la ditta di Enrico Letta e Pier Luigi Bersani, sia a livello parlamentare sia nazionale. Del resto, tra i bersaniani di ferro, c’è chi ha capito che Renzi sia un perfetto conoscitore del Principe del Macchiavelli. Per questo motivo fa un ragionamento diverso e più insinuante, rispetto a quello dell’uso dell’Italicum per solo fini elettorali.

La nuova legge, infatti, (che sconfessa l’accordo del nazareno con Berlusconi perché il premio maggioranza va al primo partito e non alla coalizione ndA) consente di offrire posti in lista, detto in parole povere permette di garantire in un futuro non troppo lontano una sedia nel partito quando si voterà per le prossime politiche. La strategia di Renzi è sotto la luce del sole quindi, trattare con i possibili nuovi in entrata, superare le regionali con successo, assistere alla debacle di Forza Italia e Nuovo Centrodestra e svuotare i rispettivi partiti come accaduto già con Scelta Civica di Mario Monti. Quindi rinforzare la maggioranza parlamentare e garantire continuità al governo.

Eccesso di retroscenismo e dietrologia? Basta come al solito seguire quello che sta succedendo in questi giorni nei salotti della politica italiana e non solo. Silvio Berlusconi ormai non controlla più Forza Italia. Sandro Bondi e Manuela Repetti hanno già lasciato il Cavaliere al suo destino. E giovedì 23 aprile hanno votato il Def, quindi sono già di fatto forze fresche in aiuto dei renziani. In queste ore è sulla bocca di tutti l’attivismo di Denis Verdini, ex coordinatore, che sarebbe pronto a lanciarsi tra le braccia di Renzi, appunto dopo le elezioni regionali.

D’altra parte i sondaggi in giro per l’Italia dicono abbastanza chiaramente che il centrodestra non esiste più. Il partito di Berlusconi rischia una sconfitta pesante, con percentuali che si avvicinano in alcune regioni sotto il dieci per cento. Figuriamoci Ncd, ormai scomparso dai radar. Matteo Salvini, il leader della Lega Nord, va per la sua strada. Le intenzioni del segretario del Carroccio sono quelle di creare un grande partito di destra, dove forza italioti o ex Dc farebbero fatica a ritrovarsi. Perché quindi non buttarsi tra le braccia del Principe fiorentino?

La strada è già segnata: ingresso nei gruppo dem di Senato Camera e poi addirittura l’iscrizione al partito.  Non è un caso che in questi giorni Romano Prodi, il padre dell’Ulivo, continui a sparare a pallettoni contro il futuro Partito della Nazione. Lo ha detto espressamente anche in un’intervista al Messaggero il 20 aprile.

«Partito vuol dire parte, scelta. E io ho sempre scelto il riformismo. Il disegno dell’Ulivo era proprio quello di riunire i diversi riformismi, quello cattolico, quello socialista, quello liberale. Io non ho mai chiesto il voto ai conservatori. Mai. Dunque non ho mai voluto il Partito della Nazione. Sono per il bipolarismo e dunque per due coalizioni che si sfidano».

A questo si aggiungo che le critiche di Bersani e soprattutto l’attivismo di Enrico Letta, l’ex presidente del Consiglio, che nel suo ultimo libro delinea una nuova visione politica, da contrapporre al semplicismo renziano, rimettendo al centro la complessità del sistema italiano, ritrovando canali di comunicazione con i sindacati e con pezzi della sinistra che Renzi ha di fatto escluso dal dialogo. 


Del resto tra alcuni renziani già si profilano teorie su come dovrà essere il futuro partito. Non è casuale che in molti spingano perché la minoranza dem si faccia da parte. L’idea è di creare la nuova Democrazia Cristiana che come negli anni ’70 avrà bisogno di una sinistra pulita, che rimanga intorno al 10% dal punto di vista elettorale. E che magari sia guidata da uno come Pier Luigi Bersani invece che da Maurizio Landini. Renzi ormai, assicurano i suoi, ha deciso. Indietro non si torna. 

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