All’ala destra, alla destra del palo

All’ala destra, alla destra del palo

Da destra a destra, sempre a destra, dal centrocampo in su. Libero di inventare, di dribblare, avanti e indietro. Con un obiettivo granitico, il cross dal fondo, da raggiungere per vie curve, serpentine e diagonali improvvise. Con un rimpianto nell’animo, quella trequarti dove le direzioni si moltiplicano insieme alle possibilità di creare e stupire, dove il cross lascia il posto alla botta nel sette e al passaggio filtrante. Con un compagno di viaggio, la linea laterale, che limita il movimento ma aiuta a non perdersi, a non eccedere nell’innamoramento della libertà. Con un amico lontano, il pennellone, appostato in mezzo all’area e pronto a spaccarsi la testa e le ginocchia per dare un senso al traversone, meglio se forte e teso, con un bell’effetto a rientrare, bello pronto da spingere in rete.

Il numero sette, l’ala destra, è sempre stato una creatura bizzarra, imprigionata nel paradosso tra la fantasia e l’abnegazione, tra stantuffo e ghirigoro. Almeno fino a quando è esistito. Il 4-4-2 in linea lo esaltava, lo rendeva indispensabile, gli dava una ragione di esistere precisa e immutabile. Il 4-4-2 in linea lo ha coccolato, ha tolto di mezzo lo spocchioso e lento trequartista affidando il compito di inventare a lui, fantasista della fascia. La sua era un’invenzione limitata e incanalata, ma pur sempre invenzione. Poi però il tempo è cambiato come cambia sempre, in un modo troppo confuso per stabilire cause e responsabilità. A metà degli anni novanta il numero sette ha cominciato lentamente a snaturarsi. Qualcuno si è spostato al centro per rivendicare la sua classe e prendersi la luce dei riflettori. Qualcun altro ha fatto dieci passi indietro e si è scoperto terzino. E così la fascia destra ha perso il suo padrone ed è diventata terra di conquista per le galoppate potenti dell’esterno, anonimo e cocciuto in continua sovrapposizione.

L’ala, quando ha trovato il modo di sopravvivere, è stata sottoposta a un supplizio ancora più ingrato del ripiegamento: gli hanno invertito i piedi, gli hanno chiesto di convergere, convergere sempre e comunque per lasciare spazio al suo compagno di fascia sempre più sbruffone e sbuffante, coi capelli lunghi – il vento nei capelli, i capelli lunghi che un tempo erano i suoi – e la barbetta curata. Convergere e lasciare spazio, premiare la sovrapposizione, e pazienza se l’esterno svirgola quasi tutti i cross. Convergere sempre, e nel migliore dei casi provare un tiro a giro sul palo lontano, col piede buono invertito rispetto alla linea laterale. Cosa ne pensi la linea laterale di questo avvicendamento non è dato saperlo. Però si può immaginare che sia un po’ confusa da tanti incroci e che in fondo un po’ si annoi. Niente più serpentine, niente più movimenti imprevedibili in quell’angolo alto, retto e spigoloso eppure confortevole. Niente da segnalare vicino alla bandierina, terra di nessuno che prima era stata terra del sette, il culmine delle sue discese a rotta di collo e delle evoluzioni ubriacanti. Niente da segnalare in fondo a destra, la destra estrema del padre e del palo.

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