C’è un personaggio, coinvolto nell’indagine Dirty Soccer, condotta dalla procura di Catanzaro sulle presunte combine di Serie D e Lega Pro, che vale la pena di raccontare. Si tratta di Mauro Ruga, agente Fifa, procuratore di calciatori di squadre minori, finito nelle carte della procura per aver provato a «combinare» una partita. In questa megaindagine dove emergono le difficoltà economiche delle società semiprofessionistiche, gli accordi sottobanco, le scommesse in Asia e il potere delle cosche di ‘Ndrangheta e Mafia, Ruga è molto di più. Prima di tutto, perché, secondo quanto ipotizzano i giudici, sarebbe legato alla cosca Ruga di Monasterace. E, se non bastasse, perché, anche se non indagato – la sua posizione è ancora al vaglio degli inquirenti – Ruga è uno nome molto conosciuto nel giro di procuratori e giornalisti che seguono la grande giostra del calciomercato italiano. Chi lo conosce bene lo descrive come uno che sogna in grande, che vorrebbe essere come il giornalista «Gianluca Di Marzio» nei suoi commenti su Borussia Dortmund o Juventus, ma che in realtà si ritrova a bazzicare squadre come la Juve Stabia o il Taranto. E poi a gestire calciatori di poca importanza, invece che i giocatori di cui parla in centinaia di interviste sui giornali online facilmente rintracciabili su internet, come Eto’o o Lukaku, fino a Pogba e Cavani.
Ma il peccato di Ruga, capello lungo e stile alla Diego Della Valle, starebbe soprattutto nelle frequentazioni con la malavita organizzata. Non a caso i magistrati gli dedicano questo capitoletto: «Si rappresenta che Ruga Mauro, nel mese di giugno 2009 veniva deferito all’A.G. di Reggio Calabria, per il reato previsto e punito dal D.L. 306/1992 art. 12 quinquies poiché l’azienda a lui intestata, e denominata Mrm di Ruga Mauro, era riconducibile alla cosca Ruga di Monasterace (RC) ed in particolare al boss Benito Vincenzo Antonio Ruga». Del resto, sono chiarissimi i pm di Catanzaro: nell’indagine compaiono con differenti modalità operativa due organizzazioni criminali “che ruotano attorno all’opera di faccendieri, di direttori sportivi infedeli alla loro funzione i quali, facendo leva sul loro ruolo all’interno delle società e sulla rete di relazioni e conoscenze che ne segue, alterano le gare di campionato procurando e promettendo denaro o altre utilità ad allenatori e calciatori militanti nelle squadre partecipanti alle competizioni perché falsino le loro prestazioni alterando i risultati delle gare”.
Non è un caso che l’intera inchiesta abbia preso le prime mosse dalle indagini relative alla cosca di ‘ndrangheta di Lamezia Terme degli Iannazzo
Così come sono altrettanto chiari quando fanno entrare con mani e piedi nell’indagine la ‘ndrangheta e i suoi esponenti, più o meno vicini. Considerato il dominus dell’organizzazione criminale calabrese nella vicenda è Pietro Iannazzo, “personaggio di primo piano della ‘ndrangheta calabrese ed esponente di spicco della cosca Iannazzo di Lamezia Terme con interessi nel settore calcio”, annotano gli inquirenti. Con lui parla Ruga. E lo fa molto spesso. Con Iannazzo ci sono altri due protagonisti dell’inchiesta: Mario Moxedano (già dirigente del Napoli Calcio nei primi anni ’90 e per un brevissimo periodo ne diventerà addirittura presidente, come racconta la Gazzetta dello Sport) e Antonio Ciccarone, il primo Presidente, l’altro Direttore Sportivo del Neapolis Mugnano, compagine militante nel campionato Lega Nazionale Dilettanti, serie D – Girone I. Obiettivo primario è la promozione della Neapolis Mugnano, mentre in seconda battuta stando alle indagini, i tre organizzano frodi sportive anche su gironi diversi “a quelli di appartenenza del Neapolis Mugnano, mosse dal fine di effettuare scommesse sulle gare falsate così da lucrare su facili vincite”.
Insomma non è un caso che l’intera inchiesta abbia preso le prime mosse dalle indagini relative alla cosca di ‘ndrangheta di Lamezia Terme degli Iannazzo. In questo contesto si inseriscono le manovre dell’agente FIFA e Procuratore Sportivo Mauro Ruga (la cui posizione è ancora al vaglio degli inquirenti), che con lo stesso Iannazzo, Antonio Ciccarone e Mario Moxedano avrebbe mediato una combine nella partita tra HinterReggio e Neapolis Mugnano. La combine non riesce nonostante l’impegno in prima persona anche di Fabio Caserta (giocatore che ha militato anche in serie A e che gli inquirenti definiscono “dirigente di fatto della HinterReggio”). Scrivono gli inquirenti: “Il risultato alterato non si realizzava sul campo non perché i complici non si fossero mantenuti agli accordi ma perché evidentemente il tasso tecnico della squadra del Neapolis, per come lo aveva sottolineato lo stesso Iannazzo («una squadra di babbi») era così inferiore a quella dell’avversario che avrebbe avuto bisogno di “comprare” un numero di giocatori superiori a quelli assoldati dal Caserta ”. Tuttavia una parte delle ricompense era già stata messa in circolazione tra Ruga, Ciccarone, Moxedano e Caserta, e le intercettazioni agli atti portano gli inquirenti sulle tracce dei protagonisti della combine a metà.
Ruga è personaggio interessante per la procura, proprio per il deferimento del 2009 e la vicinanza della sua società al boss Benito Vincenzo Antonio Ruga, già condannato nei processi “Stilaro” e “Stilaro 2” per associazione mafiosa e interdetto dai pubblici uffici. Di lui nel 2010 si erano occupati pure Nicola Gratteri e l’allora procuratore capo di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, tra i massimi esperti di ‘ndrangheta che hanno coordinato le operazioni proprio sulla cosca Ruga di Monasterace.