L’inizio dell’Expo 2015 e la manifestazione del primo maggio hanno dato il via alla lunga campagna elettorale per le comunali di Milano nel 2016. Il centrodestra attacca il sindaco in uscita Giuliano Pisapia per le violenze dei black bloc, ma al momento si ritrova solo con la carta leghista Matteo Salvini in mano. Il centrosinistra ripulisce le strade e s’interroga sul da farsi, diviso tra Partito Democratico locale, una fetta di quel che resta della borghesia milanese, la sinistra di Sel coi movimenti. Infine c’è Matteo Renzi, un premier e segretario che potrebbe sparigliare le carte calando una candidatura dall’alto. C’è molta confusione sotto il cielo della politica cittadina, tanto che nelle ultime ore è partita persino l’idea di ricandidare Pisapia nel 2016. È una domanda che tanti “pisapiani” di ferro hanno posto all’avvocato penalista, dopo il corteo pacifico di domenica 3 maggio. «Giuliano ripensaci!». Ma a quanto pare, entusiasmo di queste ore e richieste della cittadinanza a parte, la strada è segnata e l’ex deputato di Rifondazione Comunista non cambierà idea. Certo è invece che l’attuale amministrazione comunale vorrà pesare sulla scelta del prossimo candidato sindaco. Non è un caso che buona parte della giunta stia lavorando per perorare la causa del vicesindaco Ada Lucia De Cesaris o dell’assessore al Lavoro Cristina Tajani, quest’ultima nel caso in cui rinunciasse alla competizione elettorale Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency: una scelta di continuità con l’attuale giunta. Poi c’è il Pd, che invece punta su Piefrancesco Majorino o Emanuele Fiano, con un esterno come Roberto Caputo a sparigliare nel caso in cui siano confermate le primarie di coalizione.
Il centrodestra attacca il sindaco in uscita Giuliano Pisapia per le violenze dei black bloc, ma si ritrova solo con la carta leghista Matteo Salvini in mano. Il centrosinistra ripulisce le strade e s’interroga sul da farsi
Ma la partita sul capoluogo è più grande dei confini della Barona. Nei salotti della borghesia milanese come nelle periferie si è capito che in qualche modo Renzi metterà lo zampino su questa tornata elettorale, soprattutto perché Milano 2016 potrebbe rappresentare un tassello per la costruzione di quella classe dirigente che tutt’ora manca all’ex rottamatore. Non è un caso che continuino a girare i nomi di renziani di ferro per la poltrona di palazzo Marino. Su tutti Andrea Guerra, l’ex manager di Luxottica ora in forza al governo. Ma oltre ai fedelissimi del premier, a circolare sono anche i nomi della società civile, da inserire magari in quel partito della nazione che potrebbe plasmarsi da qui a pochi mesi, magari dopo le prossime elezioni regionali. Per questo nelle ultime settimane si sono fatti i nomi dell’amministratore delegato di Expo 2015 Giuseppe Sala o di Livia Pomodoro, ex presidente del Tribunale di Milano. Oppure ancora quello di Umberto Ambrosoli, attuale consigliere regionale lombardo. Ma il nome che si fa sempre più insistente in queste ore, sull’asse Roma-Milano, è quello dell’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli.
Il nome che si fa sempre più insistente in queste ore, sull’asse Roma-Milano, è quello dell’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli
«Come fa Renzi a candidare uno che gli ha dato del massone?». È la domanda che circola non appena si fa il nome dell’ex numero uno di via Solferino, autore di ben due editoriali contro il segretario del Pd, nell’ultimo lo definì «un giovane caudillo e maledeucato di successo». Eppure l’idea starebbe girando con insistenza, in tutte le sue angolature, anche perché De Bortoli, già in odore di candidatura nel 2011, correrebbe senza partecipare alle primarie e si troverebbe in un groviglio di giochi di potere legati all’attuale situazione politica italiana, specie in zona centrosinistra. Luigi Bisignani, autore insieme a Paolo Madron del libro “I potenti al tempo di Renzi” ne ha scritto sul Tempo la scorsa settimana in un editoriale, il giorno dopo la nomina di Luciano Fontana a direttore del Corriere. E ha raccontato che il sostituto di De Bortoli potrebbe essere il primo passo di un’intesa tra Romano Prodi, Giovanni Bazoli e il presidente Sergio Mattarella in chiave anti Renzi. Senza ricorrere a un eccesso di dietrologia è evidente che De Bortoli sarebbe un candidato che il presidente del Consiglio digerirebbe con difficoltà. Ma c’è chi ricorda che Tito Boeri, attuale numero uno dell’Inps, fu tra i grandi critici del premier prima di essere nominato a capo dell’ente previdenziale. E forse, per lo stesso Renzi, vale la regola che i nemici è meglio farseli amici.