Pare che gli irlandesi si siano scoperti di una civiltà superiore per avere approvato un referendum che inserisce nella loro Costituzione il diritto alle unioni civili omosessuali e pare che questo titolo di novelli civilizzatori dell’Europa gli sia stato riconosciuto da più parti e dalle langhe italiche in primo luogo.
Dell’esito positivo del referendum non c’è che da rallegrarsi naturalmente, considerato che vivere in un Paese dove le unioni sentimentali fra persone dello stesso sesso sono prive di alcun riconoscimento giuridico non deve essere proprio una gran bella cosa, come sanno molti cittadini della nostra Repubblica.
La conquista giuridica e civile, dunque, è fuori discussione, ma viene da chiedersi cosa sarebbe accaduto e quali sarebbero state le reazioni se l’esito del referendum fosse stato di segno opposto e se la maggioranza irlandese avesse sancito dentro le urne un sonoro “No”, niente riconoscimento delle unioni civili.
ci sono argomenti e temi sui quali la maggioranza può decidere, e diritti e libertà sulle quali la maggioranza non può decidere alcunché
A quel punto le regole della democrazia avrebbero costretto i favorevoli ad inchinarsi ossequiosi di fronte al volere della maggioranza degli elettori, allo stesso modo di come adesso fanno i contrari, Chiesa cattolica locale in testa. E d’altronde cosa si potrebbe pretendere di diverso? In democrazia decide, e di conseguenza comanda, la maggioranza e la maggioranza può risultare favorevole o contraria a un referendum.
Peccato, però, che nelle democrazie costituzionali ci sono argomenti e temi sui quali la maggioranza può decidere, e diritti e libertà sulle quali la maggioranza non può decidere alcunché nemmeno se fosse plebiscitaria e persino prossima all’unanimità.
Le costituzioni moderne, infatti, servono proprio a questo, a sottrarre all’arbitrio della maggioranza i diritti e le libertà delle minoranze. Gli individui, per quanto soli nella loro diversità, nella loro, appunto, in-dividualità, devono essere protetti da una Costituzione che ne sancisca la titolarità di diritti fondamentali che nessuna volontà maggioritaria deve poter disconoscere.
Il diritto di vedere riconosciuti effetti giuridici alle unioni omosessuali appartiene senza dubbio a questa categoria, in primo luogo perché si tratta di una richiesta di riconoscimento delle identità delle persone e di una delle manifestazioni essenziali della loro personalità, poi perché il riconoscimento delle unioni civili non produce alcuna limitazione delle libertà e dei diritti altrui; ragione per la quale non si comprende perché soggetti esterni alla relazione omosessuale debbano essere chiamati a dire si o no al suo riconoscimento.
non si comprende perché soggetti esterni alla relazione omosessuale debbano essere chiamati a dire si o no al suo riconoscimento
La trovata irlandese di demandare ad un referendum il riconoscimento in costituzione degli effetti giuridici delle relazioni omosessuali si rivela, dunque, per quella che è: la singolare iniziativa di uno strano Paese che può passare per una conquista di civiltà solo grazie agli esiti della consultazione popolare. A rischio di essere tacciati di neo-giusnaturalismo non si può che affermare come il diritto al riconoscimento delle unioni civili è un diritto che esiste a prescindere dall’esito di qualsiasi referendum: è un diritto compiuto che sta lì e aspetta solo di essere riconosciuto e garantito dai parlamenti e dai tribunali. In Italia questo diritto è sancito nell’articolo 2 della nostra Costituzione che impone il riconoscimento di tutti i diritti fondamentali e, secondo l’insegnamento più volte ribadito dalla Corte Costituzionale italiana, aspetta solo di essere declinato in una legge parlamentare che ne descriva le modalità di esercizio per differenziarlo anche dal regime giuridico del matrimonio. Ma come accade spesso il Parlamento italiano fa orecchie da mercante, ha sempre qualcosa di più urgente di cui occuparsi rispetto alla tutela dei diritti dei cittadini.
Rimpiangeremo l’Irlanda ed il suo bizzarro referendum?