Monedero, l’ideologo di Podemos che parla come Renzi

Monedero, l’ideologo di Podemos che parla come Renzi

«Come diceva Oscar Wilde, il difetto del socialismo è che lascia molti pomeriggi liberi». Juan Carlos Monedero, 52 anni, è stato uno dei fondatori di Podemos, il movimento spagnolo tornato nelle cronache di tutta Europa dopo l’affermazione elettorale alle elezioni locali di maggio.

L’aforisma di Wilde è una delle prime frasi del suo intervento alla Fondazione Feltrinelli di Milano, venerdì 19 giugno, quando Monedero è venuto a presentare il suo nuovo libro, appena pubblicato in Italia con il titolo Corso urgente di politica per gente decente (Feltrinelli, 2015), in un incontro moderato dal giornalista Matteo Pucciarelli di Repubblica e dal sociologo Loris Caruso, ricercatore all’università di Milano-Bicocca.

Davanti al pubblico milanese, Monedero ha mostrato le sue doti di oratore consumato: una battuta per bendisporre l’uditorio, un mix di citazioni colte che spaziano da Woody Allen a Gramsci, elenchi per ribadire i concetti-chiave. È venuto a spiegare che cosa sia la politica di Podemos, quanto di nuovo e quanto di antico stia nella proposta del partito spagnolo che, nato solo un anno e mezzo fa, punta al governo nazionale alle prossime elezioni previste per la fine dell’anno.

«Socialisti e popolari avevano cambiato la Costituzione sotto la pressione della Troika»

Il discorso di Monedero parte proprio dalla ricostruzione della storia che ha portato al successo recente. Descrive una situazione in cui i due partiti di governo della democrazia spagnola, i socialisti e il Partito Popolare «avevano cambiato la costituzione sotto la pressione della Troika»; i post-comunisti di Izquierda Unida si accontentavano del loro modesto aumento dei sondaggi, e i sindacati «erano completamente disorientati».

Quello che ha cambiato tutto, dice Monedero, è stato il cosiddetto Movimento 15-M, più noto da noi come gli Indignados, ovvero la serie di proteste contro l’austerità del maggio 2011. Quel movimento, spiega Monedero, era in realtà «due domande». Una diretta «alla democrazia rappresentativa: perché non mi rappresenti?»; e una seconda «al sistema economico: dopo così tanto tempo di lotta operaia, perché sono ancora trattato come una merce?».

Dal grande fermento degli Indignados è nato il partito Podemos, pochi mesi prima delle elezioni europee: un ottimo tempismo, perché la nuova formazione ha potuto sfruttare un voto «che non importava a nessuno». In quelle elezioni, Podemos ottenne poco meno dell’8 per cento dei voti ed elesse cinque deputati. «In un muro apparentemente incrollabile era comparsa una crepa – che indicava una tendenza».

Il muro, dice Monedero, era quello del bipartitismo spagnolo. Che nelle amministrative di un mese fa «è stato spezzato», con le clamorose vittorie in città come Madrid, Barcellona e Saragozza.

«Nel muro apparentemente incrollabile del bipartitismo spagnolo era comparsa una crepa»

L’ideologo di Podemos è uscito due mesi fa dagli organi direttivi del partito, ma il suo discorso non lascia quasi spazio a critiche alla gestione attuale. Il momento, è chiaro, è propizio, e non c’è spazio per polemiche interne. Monedero sembra molto più interessato a spiegare che cosa Podemos è riuscito a cogliere nel sentimento del tempo, nella Spagna colpita duramente dalla crisi economica.

«Siamo riusciti ad arrivare fin qui perché siamo riusciti a fare una buona diagnosi della situazione europea», dice, e della crisi della sinistra continentale. Monedero non nasconde le sue origini nella tradizionale sinistra marxista e post-marxista – è stato per vent’anni un attivista di Izquierda Unida, la coalizione promossa dal partito comunista spagnolo negli anni Ottanta – e aggiunge che l’esperienza «essenziale per creare Podemos» è stata quella dell’America Latina.

«Non per copiare da lì, come ci hanno attaccato mentendo, ma per imparare da luoghi usciti prima di noi dal modello neoliberale», spiega Monederos, che non ha mai nascosto la sua grande ammirazione per il Venezuela di Chávez. Dall’America Latina, Podemos ha imparato che «parlare di destra e sinistra non serviva più a nulla» e rinchiudeva i partiti marxisti in un recinto ideologico scollegato dalla realtà. «Parlare di destra e sinistra – ribadisce – dava vantaggi solo ai partiti del sistema bipartitico; una narrazione destra/sinistra colloca tutti gli altri ai margini».

E così, la crisi della sinistra tradizionale e il modello dell’America Latina ha aperto la strada a un nuovo esperimento in Europa. Quali siano i suoi contenuti, nel discorso di Monedero, rimane per certi versi sfuggente, ma una cosa sicura è che il bersaglio è grande e grosso: niente di meno del neoliberismo e del sistema capitalistico.

Monedero ripropone l’armamentario classico delle critiche alla società capitalista

«Il capitalismo in crisi genera masse di dannati, di persone che soffrono per le conseguenze del sistema». Persone che non sono solo di sinistra, e che quindi diventava possibile raggiungere, visto che «il modello creato dal neoliberismo è trasversale». La critica all’uomo trasformato in sola merce, un tema ricorrente anche nel Corso urgente di politica, si accompagna all’armamentario classico della crisi al capitalismo, in un distillato di frasi a effetto che riescono sempre a restare un poco sopra il trito luogo comune.

Monedero parla della «costruzione del mondo come se fosse un enorme supermercato, in cui tutto si compra e si vende, compresi noi»; naturalmente della «precarizzazione lavorativa» e del senso di colpa che si accompagna, per molti, alla disoccupazione, perché «abbiamo interiorizzato che la mancanza di lavoro sia colpa nostra e abbiamo paura di essere lasciato a casa; infine dell’«incomunicabilità profonda nella società della comunicazione». Dipinge, con questi argomenti che difficilmente si possono trovare nuovi, una società dominata dalla paura.

Che cosa offre Podemos, davanti a tutto questo? Qui il discorso di Monedero si fa molto più interessante. «L’unico modo di lottare contro il sogno neoliberale del consumismo illimitato è offrire un sogno superiore», dice. «L’America Latina ha inventato, allontanandosi dalla modernità, una nuova emozione». Quale sia, precisamente, questa “nuova emozione”, rimane con maestria nell’indeterminatezza, ma Monedero fa almeno un esempio concreto: «In questa invenzione, Chávez è stato importante. Invece di parlare freddamente, Chávez faceva appello al cuore per uscire dal sogno del neoliberismo». Anche perché, aggiunge, «se smettiamo di fare appello alle emozioni, le lasciamo all’estrema destra».

Il politico spagnolo fa appello alle emozioni, più che al freddo ragionamento. Di questo – di una rivoluzione che è fatta di immagini e citazioni, più che di freddi provvedimenti economici – sembra peraltro del tutto consapevole. L’ambizione di Podemos – e, per inciso, quello che manca in Italia – è «costruire una nuova narrazione sulla democrazia».

Qui Monedero appare per quello che è: un uomo del suo tempo, che sa sfruttare al meglio gli strumenti della comunicazione per lasciar passare un messaggio che è emotivo prima che politico (ma quanto quella comunicazione non è consustanziale, indistinguibile quasi, dalla società consumista e capitalistica?). In questo, lo spagnolo appare vicino agli slogan e alle parole d’ordine del Matteo Renzi di rottamazione e di governo (un paragone che probabilmente troverebbe rivoltante).

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

C’è così tanta distanza tra una delle frasi che apre il Corso urgente, come «esiste un rapporto direttamente proporzionale fra l’adattamento delle canaglie e il disadattamento degli umili» e gli attacchi di Renzi ai «gufi» e ai «professionisti del non ce la farete mai»? Entrambi dividono la società lungo linee non più ideologiche, ma pratiche e universali. Entrambi puntano all’identificazione di tutti nel loro messaggio (nessuno vuol far parte del partito delle “canaglie”, né di quello dei “gufi”).

Anche gli esempi sono trattati con una simile spregiudicatezza, nonostante Monedero sia certo uomo di più ampie letture e di tutt’altra sicurezza culturale. Come Renzi può mettere nel titolo di un libro Dante e Twitter sotto la sfuggente etichetta della «rivoluzione della bellezza», Monedero parla di «leninismo amorevole», ma rifiuta ogni idea di leadership autoritaria e proclama la necessità di una democrazia più diretta e partecipata e un’emersione della classe politica «dal basso».

Quando il pubblico prova a riportarlo su temi più concreti – ad esempio chiedendo quali sarebbero le misure economiche di un governo a guida Podemos, o come si posizionerebbe la Spagna in un mondo così intimamente interconnesso a livello commerciale e finanziario – Monedero aggira con eleganza le questioni troppo terra-terra e ripropone il suo discorso che mira al cuore, più che al cervello.

Ahora falta ganar, «ora manca la vittoria» alle elezioni, conclude Monedero. I difetti del sistema economico e politico in cui viviamo sono chiari a tutti, ma la costruzione di un’alternativa completa e coerente appare di là da venire, in Spagna come nel resto del mondo. L’ideologo di Podemos mostra le domande che ci pone il presente e critica con rara chiarezza le risposte che sono arrivate finora. Per quelle che sarà in grado di dare il suo partito, però, toccherà aspettare ancora.

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