Dai 12 ai 22 pazienti al giorno, otto turni notturni al mese e oltre 150 ore di straordinario all’anno. Spesso senza essere pagati e senza avere neanche il tempo per fare la pausa pranzo. Con il blocco del turn over e i tagli ai trasferimenti alla sanità che hanno superato i 30 miliardi di euro in quattro anni, medici e infermieri negli ospedali di tutta Italia sono sottoposti a carichi di lavoro eccessivi per coprire la mancanza di personale, costretti a lavorare anche dopo il turno di notte. È quello che hanno raccontato quasi 2mila professionisti interpellati da Anaao Assomed, l’associazione dei medici dirigenti, nel corso di un sondaggio condotto tra ottobre 2014 e febbraio 2015. Tra pronto soccorso al collasso e reparti stracolmi, il risultato è che i medici si dicono stressati, esposti a un peggioramento delle performance cognitive, oltre che alla cosiddetta sindrome da burnout. La condizione di “esaurimento emotivo” che colpisce soprattutto coloro che lavorano in professioni ad alto investimento relazionale, come quelle sanitarie.
Il medico sottoposto a carichi di lavoro e stress eccessivi inizia a perdere l’empatia fino alla cosiddetta “morte professionale” provocando un calo nella qualità del servizio
Il medico o l’infermiere sottoposti a carichi di lavoro e stress eccessivi, spiegano da Anaao, iniziano a perdere progressivamente l’empatia fino alla cosiddetta “morte professionale”. E questo ha effetti negativi anche anche sul piano organizzativo, provocando un calo della qualità del servizio e l’aumento dell’assenteismo. Nel sondaggio sono stati interpellati professionisti del sistema sanitario nazionale sull’intero territorio nazionale, il 42,6 per cento dei quali ha un’età tra i 51 e i 60 anni. Una distribuzione in linea con il primato italiano in Europa per l’incidenza di medici over 50. Agli intervistati è stato chiesto che tipo di contratto avessero, per valutare se le incertezze in ambito lavorativo con rapporti di lavoro a tempo o atipici potessero influire negativamente sulla percezione dei carichi da lavoro. In linea con l’età degli intervistati, la maggior parte ha un contratto a tempo indeterminato da più di 15 anni. Tra i medici di età inferiore a 30 anni, il 92,4% ha un contratto di formazione specialistica e solo il 7,6% ha un contratto a tempo determinato.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Secondo il 73,59 per cento degli intervistati, nella propria unità operativa da almeno due anni non viene assunto alcun medico. Per quasi la metà del campione, invece, non ci sono assunzioni da almeno cinque anni. Ciò si verifica soprattutto nelle regioni sottoposte negli ultimi anni a piani di rientro, con tagli organici fino al 15 per cento che hanno sfruttato i pensionamenti senza compensare la contrazione dei contratti a tempo indeterminato con contratti a tempo.
Come indicatore del carico di lavoro, è stato considerato il numero di pazienti seguiti in media da un singolo medico. Il 54 per cento degli intervistati visita fino a 11 pazienti al giorno, il 20,6 per cento tra 12 e 16, il 25 per cento tra 17 e oltre 22 pazienti. La quasi totalità del campione intervistato, il 91,95 per cento, «reputa di essere sottoposto a un eccessivo carico lavorativo».
Per quanto riguarda i turni notturni, il 33,3 per cento effettua da uno a tre turni mensili, il 25,5 per cento da quattro a cinque turni, il 10,8 per cento tra sei e sette, e il 5 per cento più di otto turni. Ma quasi il 33 per cento continua a lavorare dopo il turno di notte, quindi in assenza di sonno. «L’aumento del numero dei turni notturni incrementa esponenzialmente il rischio di patologie neoplastiche e malattie cardio-vascolari e in assenza di un adeguato periodo di risposo peggiora la performance cognitiva», spiegano da Anaao. Non solo. Quasi il 40 per cento degli intervistati effettua tra 150 e oltre 250 ore di straordinario all’anno. E quasi il 70 per cento dice di essere costretto a fare ore in più per via della carenza di organico. Ma solo il 25 per cento ottiene il pagamento delle ore di straordinario accumulate. Se a questo si aggiunge il blocco degli stipendi, la penalizzazione economica degli ultimi anni nel settore è stata di non poco conto. Senza dimenticare che più della metà degli intervistati non riesce a usufruire di tutti i giorni di ferie previsti durante l’anno.
Oltre a ripercussioni in ambito economico e sulla qualità servizio per i cittadini, la deregulation dell’orario lavorativo ha conseguenze pesanti anche sulla salute del medico. Il 41 per cento degli intervistati è affetto da malattie cardiovascolari e patologie metaboliche. Il 40 per cento riferisce di avere disturbi del sonno. Di questi quasi il 12,2 per cento assume regolarmente sonniferi, il 34,2 per cento presenta una sindrome della fase del sonno ritardata, il 32,7 per cento soffre di insonnia, il 6,2 per cento di narcolessia e quasi il 5 per cento la sindrome delle gambe senza riposo.
La maggioranza degli intervistati ritiene che la propria vita privata sia condizionata negativamente dall’attività lavorativa. La progressione di carriera? Prevale la sfiducia
Quanto alla percezione della propria condizione lavorativa, il 15,9 per cento vive una situazione di mobbing o demansionamento da parte del direttore o dei colleghi e solo il 22,5 per cento reputa la propria attività come “serena e stimolante”. La maggioranza degli intervistati (77,5 per cento) ritiene che la propria vita privata sia condizionata negativamente dall’attività lavorativa e addirittura il 22 per cento non riesce ad avere una vita personale soddisfacente. Infine per la maggior parte degli intervistati (95,35 per cento) la progressione di carriera dovrebbe seguire una logica di meritocrazia e non di anzianità, ma in ben il 51,39 per cento dei casi prevale la sfiducia. Ritenendo che non siano possibili margini di miglioramento.