Marcello Albergoni è il country manager per l’Italia di LinkedIn, il social network che si rivolge ai professionisti e che nel nostro Paese, dice, sta avendo un grande sviluppo. Ha spiegato in che cosa consiste il suo lavoro e quali sono gli obbiettivi che si dà la piattaforma per il prossimo futuro.
Quanti sono gli italiani iscritti a Linkedin? Come si presentano i giovani?
Attualmente gli iscritti sono 8 milioni (dati italiani), il numero sale a 360 milioni se ragioniamo a livello globale. Nel nostro Paese le iscrizioni crescono a un ritmo di 2 al secondo, il che significa che nella mezzora della nostra conversazione avremo circa 3.600 persone in più sul network. Dati impressionanti, che testimoniano l’apprezzamento di questo sistema. I giovani sono il segmento che aumenta più velocemente, anche perché lavoriamo con le maggiori università. La Sapienza di Roma e il Politecnico di Milano hanno il maggior numero di studenti iscritti, in più le posso dire che i volumi maggiori di laureati iscritti da noi negli ultimi 12 mesi si concentrano a Roma, Milano e Torino e sono in particolare nei settori: information technology, marketing advertising, architecture and planning.
Ci spieghi per bene qual è il vostro mestiere?
Gli iscritti italiani sono 8 milioni, 360 milioni a livello globale
Lavoriamo nell’ambito delle relazioni, costruiamo reti con il mondo dello studio e del lavoro. In più stiamo lavorando per un progetto a largo respiro della durata di dieci anni, Economic Graph, in cui vogliamo arrivare a essere l’unico contenitore del lavoro: intercettare i 3,3 miliardi di lavoratori presenti, spingere tutte le aziende ad aprire una pagina Linkedin, ospitare tutte le offerte di lavoro, presentare le skill utili e presentare anche le organizzazioni che possono fartele apprendere. Per questo motivo abbiamo investito in tecnologia perché i giovani oggi sono molto più sul mobile e dall’ultima survey effettuata si nota che il traffico su mobile è arrivato al 49%: da qui la necessità di creare piattaforme e app dedicate.
Avete fatto una ricognizione generale sulle skill necessarie nel contesto italiano? Come consigliate di presentarvi su Linkedin?
Una buona foto che ti permette di essere trovato 7 volte di più
Sono state categorizzate da tempo e continuano a essere aggiornate in diverse lingue; abbiamo catalogato le posizioni che interessano alle aziende: sales, engineering, resource, healthcare service, media and communication. Per costruire un buon profilo si parte da una buona foto che ti permette di essere trovato 7 volte di più: scordarsi quella in costume al mare con la birra e l’anguria e optare per una professionale che rappresenti la nostra attitudine. Poi scrivere un buon titolo in linea con chi sono e dove voglio andare, preparare un sommario chiaro di quel che ho già fatto e dare prova della propria istruzione con voti e punteggi.
Che tipo di lavoro fate con le aziende?
Proponiamo due strade. La prima prevede un processo di costruzione della propria identità di employer che noi chiamiamo “build”, una pagina che dica dell’azienda perché potrebbe essere interessante lavorarci, successivamente c’è la fase di “engage”, il primo indicatore per un buon potenziale candidato, mettere insieme un bacino di potenziali candidati, la terza è il “recruit”, dove le contatto direttamente. La seconda strada, invece, è il sistema tradizionale con cui siamo nati e si chiama “recruiter”, attraverso tale processo il responsabile delle risorse umane inserendo delle tag può reperire il lavoratore di suo interesse.
Prospettive dei prossimi anni: avete interesse a coinvolgere prima dell’età universitaria i giovani italiani per metterli in contatto con il mondo del lavoro?
Negli Stati Uniti succede da qualche anno, ma lì il sistema è differente. Ad ogni modo il segmento che deve crescere di più per noi in Italia è quello, è un altro dei pezzi che dobbiamo mettere sul tavolo, abbiamo cominciato a collaborare con alcuni esperti per far comprendere alle famiglie che prima i giovani cominciano ad avvicinarsi al mondo del lavoro prima evitiamo che escano da percorsi di istruzione e formazione e si sentano come dei pesci fuor d’acqua. C’è un bel libro sull’argomento che si intitola La ricreazione è finita ed è scritto da Abravanel e D’Agnese, ne consiglio la lettura.