Da qualche giorno è scoppiato un altro scandalo politico in Abruzzo. E nell’inchiesta è finito anche Gianfranco Marrocchi, fotogiornalista romano già uscito indenne da un’altra indagine, simile a questa, quando fu accusato e indagato per aver filmato un’intervista video dove tale escort “Rachele” affermava di aver avuto una relazione con Gianfranco Fini, al tempo Presidente della Camera dei Deputati. Ora Marrocchi, sessant’anni, editore di Tvpiù, è indagato per tentativo di estorsione. Deve difendersi dalle accuse della Procura della Repubblica di L’Aquila, che lo ha messo sotto indagine con altre persone per tentativo di estorsione ai danni di Gianni Chiodi, ex governatore dell’Abruzzo, e della senatrice del Partito Democratico Stefania Pezzopane, nota alle cronache rosa per la sua relazione con un ex spogliarellista, Simone Coccia.
I giornali parlano di «banda e clan», foto hard e altre taroccate. Sembra di essere tornati ai tempi di Fabrizio Corona e ricattopoli. «Nella mia vita da giornalista ho indagato e attaccato sia la destra sia la sinistra» spiega Marrocchi. «E adesso, evidentemente, visto che non ho mai pensato di procurarmi delle coperture o dei Santi in Paradiso, è giunta l’ora di farmela pagare. Io non ho niente da nascondere, ho sempre fatto, così come anche nelle circostanze che mi vedono indagato, solo il mio lavoro. Posso garantirvi che ho letto le carte e non c’è nulla a mio carico, anche perchè non mi sono mai macchiato e non ho mai pensato di macchiarmi dei reati che mi si contestano. Nell’inchiesta, se si vanno a leggere bene le carte, ci sono realmente persone che si sono distinte per comportamenti illegali, lo dimostrano alcune intercettazioni, ma non sono state minimamente indagate, e mi chiedo il perchè».
Eppure secondo alcuni giornali, che citano le carte della procura, le accuse parlano chiaro. Lei avrebbe cercato di ricattare l’ex governatore Chiodi, la senatrice Pezzopane e persino il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini
Le carte non dicono questo, basta leggerle con onestà, senza prevenzioni o condizionamento alcuno: io l’ho fatto. Vi assicuro che non c’è nulla di vero, il prosieguo giudiziario di questa vicenda lo dimostrerà senza ombra di dubbio.
Ne è sicuro?
Le dico solo, per quanto riguarda la vicenda Chiodi, che il film-inchiesta che avevo iniziato a realizzare poco prima delle elezioni regionali del 2014, era una vera operazione di verità, e non di diffamazione, come disse Chiodi a suo tempo. Non era neanche hard, come scrisse la giornalista Maria Cattini su L’Aquila Blog, sito dal quale si scatenarono, a suo tempo, attacchi mediatici che definire infanganti è puro eufemismo.
«Non denunciai la giornalista solo perchè, come si dice Abruzzo, “la merda più la maneggi e più puzza”»
Perché non ha querelato?
Non denunciai la giornalista solo perchè, come si dice Abruzzo, “la merda più la maneggi e più puzza”. Denunciandola le avrei regalato più visibilità di quella che godeva fino ad allora.
E i tentativi di estorsione?
Per quanto riguarda le accuse di tentata estorsione, lo stesso ex governatore, intervistato da alcune televisioni locali subito dopo l’esplosione dello scandalo, ha detto di non sapere nulla di questi tentativi ai suoi danni.
Ma poi come è finita con il documentario?
All’epoca decisi di non portare avanti il film, di interromperlo. Non ne potevo più. L’ho detto a Chiodi, spiegandogli con un comunicato che non avrei più fatto niente.
E lui?
Mi ringraziò, fu molto gentile, e mi disse anche che il mio video-comunicato con il quale mettevo al corrente i mass-media e l’opinione pubblica che avevo deciso di interrompere le riprese, rappresentava per lui il miglior spot elettorale che si potesse desiderare. Stesso discorso vale per la Pezzopane.
Ovvero? Anche qui si parla di foto compromettenti
Per quanto riguarda la senatrice Pezzopane, vi dico solo che il giorno che ricevetti, come un fulmine a ciel sereno, la comunicazione giudiziaria, la chiamai in viva voce, davanti a due funzionari della Digos. La senatrice, di fronte alle mie rimostranze mi disse – non sapendo di essere ascoltata da altri – che tale comunicazione giudiziaria era senz’altro frutto di un equivoco nato da una conversazione da lei fatta con la sua amica, responsabile della Digos aquilana. Di più, mi disse che mi reputava un amico, un vero amico che l’aveva solo aiutata in varie circostanze, senza nulla pretendere. Mi avvertì che di questo ne avrebbe informato il magistrato che aveva aperto l’inchiesta, perché così io ne potessi uscire fuori. Di questa conversazione dovrebbe esistere intercettazione telefonica.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Il procedimento giudiziario però è andato avanti
Visto quanto sta succedendo, devo riscontrare che le dichiarazioni della senatrice Pezzopane erano solo bugie. Non si è evidentemente mai degnata di andare dal magistrato per discolparmi, ma, anzi, mi ha anche ingiustamente accusato di averle chiesto un finanziamento per un progetto sociale che intendevo realizzare. Accuse totalmente false. La documentazione cartacea da me consegnata agli inquirenti dimostra ampiamente che non le chiesi alcun finanziamento, ma solo di prendersi a cuore delle cause sociali che necessitavano di un appoggio politico, per le quali mi sarei però attivato io per reperire sponsor di vario genere o eventuali finanziamenti nazionali ed europei.
«Il vicepresidente del Csm? Venni a sapere che esisteva l’intenzione di diffamarlo da parte di una frangia di estrema destra»
Nell’inchiesta si parla pure di ricatti contro il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini
Per quanto riguarda Legnini, che gli inquirenti e i mass-media dicono che fu al centro di un tentativo di ricatto, posso dire che venni a sapere che esisteva, da parte di una frangia di estrema destra, l’intenzione di diffamarlo.
Davvero?
Appena ho avuto la possibilità di farlo – stavo indagando per capire chi realmente ci fosse dietro questa operazione – ne informai prontamente dapprima Simone Coccia Colaiuta, fidanzato della Pezzopane. Di questo colloquio esiste una registrazione telefonica della Digos, perché riferisse tali mie rivelazioni alla senatrice. Poi gliele riferii anche, un paio di giorni dopo, all’interno di un bar del centro storico.
Verrà fuori dell’altro in questa storia?
In alcune intercettazioni la Digos di L’Aquila ha scoperto un tentativo di truffa, ordito ai danni di un signore che non conosco, da parte di un agente di spettacolo e del suo assistito, molto ma molto vicino alla senatrice Pezzopane. Ma di questo non ne ha parlato nessun mezzo di informazione, come se tali organi di stampa fossero stati messi sull’attenti da qualcuno molto in alto, capace di condizionarli sia con la sudditanza psicologica sia con altri mezzi.