Cronache murzianeLa pedofilia è un problema che risiede nella mente, non nel livello del testosterone

Un medico, uno psichiatra e una psicologa spiegano l’inutilità della castrazione chimica. La sessualità non è solo un fatto ormonale, i rischi per le vittime restano

Pedofili e stupratori si possono veramente fermare con la castrazione chimica, come invocano Salvini e la Lega Nord (l’unica proposta di legge a riguardo fu presentata anni fa proprio dal leghista Calderoli), insieme ad altri esponenti del centrodestra come Alessandra Mussolini, spesso fotografata con cartelli che ne chiedono l’introduzione nel sistema giudiziario italiano? Inibire chimicamente soggetti che si sono macchiati di crimini contro bambini e donne, risolve il problema? O sull’argomento regna sovrana la confusione e anche le disgraziate attenzioni subite dalle vittime di pedofilia e violenza di genere, sono soltanto l’ulteriore occasione di parlare alla “pancia” degli italiani per fini politici? Forse è arrivato il momento di fare chiarezza su un “rimedio” che ad ogni nuovo caso di cronaca viene rilanciato come l’unica via d’uscita possibile, una sorta di “soluzione finale” che, come vedremo con l’aiuto di tre esperti (un medico, uno psichiatria e una psicologa, interpellati da Linkiesta) di fatto non contrasterebbe pedofilia e violenza sessuale.

Come funziona la castrazione chimica

«Per attuare la castrazione chimica che mira a provocare atrofia testicolare si ricorre a due ormoni di sintesi, il leuprorelin (enantone) o il depo-provera (medroxyprogesterone), prevalentemente usati il primo per il trattamento del cancro prostatico ed il secondo come anticoncezionale», spiega il professor Giorgio Dobrilla, primario Gastroenterologo Emerito dell’Ospedale Regionale di Bolzano, professore a contratto all’Università di Parma, libero docente in Patologia Speciale Medica e Metodologia Clinica. «Entrambi i farmaci – aggiunge – bloccano la produzione da parte della ghiandola ipofisi dell’LH, ormone luteinizzante, che normalmente stimola la funzione testicolare. Pertanto, in assenza di questo stimolo ormonale ipofisario i testicoli rimpiccioliscono e cessano di produrre il testosterone, con scomparsa del desiderio sessuale». Dobrilla precisa, però, che «uno dei problemi di fondo è che la sessualità dell’uomo non è soltanto un fatto ormonale, permeata com’è da una quota psichica non testosterone-dipendente condizionata dal costume, dalla famiglia in cui il violentatore è vissuto, dalle sollecitazioni ambientali e mediatiche. Esiste pertanto il concreto pericolo che il soggetto in trattamento “si vendichi” della castrazione che la società gli ha imposto e, proprio perché privato del desiderio sessuale, infierisca in altro modo sulle sue vittime». Proprio l’aspetto più importante, la componente psichica, non è tenuta molto in conto dai fautori della castrazione chimica (che, per inciso, non è un rimedio condiviso da tutta la destra europea: i conservatori inglesi la ritengono insufficiente e propongono per pedofili e violentatori unicamente il carcere duro).

«La sessualità dell’uomo non è soltanto un fatto ormonale. Esiste pertanto il concreto pericolo che il soggetto in trattamento “si vendichi” della castrazione che la società gli ha imposto e, proprio perché privato del desiderio sessuale, infierisca in altro modo sulle sue vittime»

I farmaci possono tenere a bada gli impulsi sessuali?

Abbiamo allora posto al professor Marco Cannivacci, psichiatra e criminologo, consulente del ministero della Difesa, la domanda: i farmaci possono tenere a bada gli impulsi sessuali che inducono alcuni uomini ad aggredire e stuprare le donne e altri soggetti ad abusare di bambini? «La castrazione chimica viene da tempo utilizzata negli Stati Uniti contro pedofili e stupratori. In Europa, la Germania, la Svezia, la Danimarca, la Norvegia e la Francia, in presenza di alcuni requisiti, la applicano per impedire che il condannato, una volta libero, ripeta la violenza. Anche se in alcune parti del mondo l’intervento consegue un certo successo, la questione rimane aperta, soprattutto per quanto riguarda la capacità dei farmaci di innescare, di per sé, uno stabile mutamento del comportamento. La somministrazione di sostanze antiandrogene, come il ciproterone acetato o il medrossiprogesterone acetato, quest’ultimo largamente utilizzato negli Stati Uniti, riducendo i livelli di testosterone può indurre un notevole abbassamento della libido e di conseguenza un possibile controllo del comportamento aggressivo o parafiliaco».

Tre questioni che non possono essere taciute

Sono tre, però, secondo lo psichiatra, gli aspetti controversi della questione che non possono essere taciuti. «Innanzitutto – dice Cannivacci – l’assunzione di sostanze per la castrazione chimica, incide negativamente sulla libido fintanto che la cura sussiste, per poi cessare ogni effetto in seguito alla sospensione della terapia. Da qui la necessità di affiancare un trattamento diverso, d’ordine psicologico e psicoterapeutico». Una seconda questione, dice ancora lo psichiatra, «investe proprio gli aspetti psico-motivazionali. Negli Stati Uniti una persona giudicata pericolosa o malata in questo senso può scegliere, in alternativa alla detenzione, un iter di riabilitazione che prevede sia l’intervento farmacologico sia la psicoterapia. La scelta dunque è solo parzialmente libera, poiché potrebbe essere una scelta di comodo, effettuata solo per abbreviare la detenzione. Gli psicologi che effettuano la psicoterapia sanno benissimo quanto conti, ai fini della riuscita della stessa, la motivazione personale al cambiamento che, in questo caso, sarebbe molto debole e solo strumentale all’evitamento del carcere». Infine, spiega Cannivacci, «nei Paesi dove la castrazione chimica è stata introdotta viene applicata come una pratica volontaria, perché oltre al problema di ammettere un trattamento sanitario obbligatorio come pena, c’è anche l’evidenza che la sua efficacia nella diminuzione della recidiva della violenza sessuale è stata rilevata come molto modesta. Pensare di forzare qualcuno alla castrazione chimica è difficilmente concepibile, tanto più che è possibile contrastare gli effetti del farmaco con sostanze antagoniste facilmente reperibili o farmaci che favoriscono l’effetto contrario, come ad esempio il Viagra o il Cialis. L’efficacia del trattamento è quindi difficilmente ipotizzabile in caso di volontà contraria del condannato».

«L’efficacia del trattamento è quindi difficilmente ipotizzabile in caso di volontà contraria del condannato. È possibile contrastare gli effetti del farmaco con sostanze antagoniste facilmente reperibili o farmaci che favoriscono l’effetto contrario, come ad esempio il Viagra o il Cialis»

«I pedofili sono molto difficilmente suscettibili di terapie»

Per rendere ancora più comprensibile la sua teoria, Cannivacci aggiunge: «I pedofili molto difficilmente sono suscettibili di terapie, per cui non “guariscono” mai dal loro disturbo, perché è impossibile cambiare clinicamente le tendenze e le devianze sessuali. La castrazione, inoltre, può avere effetto solo per un periodo determinato e, una volta terminati gli effetti, nessuno garantisce la non recidività del soggetto. Ogni singolo pedofilo che si è reso colpevole di abusi sessuali a danno di bambini indifesi è vittima di gravi e incurabili devianze psicologiche ed egli stesso è vittima di atteggiamenti impossibili da prevenire e modificare, pur dopo una forte terapia ormonale. Esistono poi persone perfettamente coscienti, ma amorali e semplicemente incapaci di resistere ai loro più bassi istinti, che commettono reati sessuali e che non trarrebbero alcun beneficio dal trattamento chimico. Per loro sarebbe come dire che tutti i ladri soffrono di cleptomania, sarebbe come affermare che tutti i distinti uomini d’affari di ritorno dai Paesi dell’est asiatico per i loro sporchi traffici debbano, necessariamente, una volta a casa, abusare anche dei loro figli».

Non vi è alcuna certezza che la castrazione chimica possa avere effetti veramente disincentivanti sulla violenza sessuale. La pedofilia è un problema che nasce nella psiche di una persona, ma non nei suoi livelli di testosterone

Il problema è nella psiche, non nel livello di testosterone

Le teorie di Cannivacci trovano riscontro anche in un lavoro svolto da una équipe di ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano, secondo i quali non vi è alcuna certezza che la castrazione chimica possa avere effetti veramente disincentivanti sulla violenza sessuale. Lo stesso Silvio Garattini, direttore dell’Istituto, notava che questo problema sessuale nasce nella psiche di una persona, ma non nei suoi livelli di testosterone. Chiara Camerani, psicologa, direttrice del Cepic, il Centro europeo psicologia investigazione e criminologia con sede a Roma, è consulente dell’Arma dei carabinieri e ha svolto ricerche proprio sulla pedofilia. Anche per la Camerani, la castrazione chimica non può rappresentare la soluzione: «Nei casi di abusi sessuali su minori quasi mai avviene l’atto della penetrazione, la pedofilia è una perversione che viene esplicitata in diverse modalità. Esiste il pedofilo latente: è attratto dai bambini, verso i quali nutre fantasie erotiche che però non attua. Probabilmente ha ancora un buon sistema di controllo morale che gli impedisce di realizzare i suoi desideri, che avverte con disagio. Questo tipo di pedofilo sentendosi a disagio con le proprie fantasie può giungere all’osservazione clinica di sua volontà. C’è un altro tipo di pedofilo, cosiddetto situazionale/occasionale che sfrutta la situazione favorevole seguendo un impulso occasionale in un momento in cui ha possibilità di circuire un bambino. Agisce in stato di insicurezza emotiva e può limitarsi ad un solo episodio nel corso della vita. Potremmo includere in questa tipologia i turisti sessuali; che si abbandonano a comportamenti sessuali devianti in una situazione facilitata dall’atmosfera esotica, la trasgressività, la facile offerta e la certezza di non essere puniti. Un’altra figura è quella del pedofilo preferenziale: questo soggetto ha un’attrazione precoce e preminente nei confronti dei bambini. Ha tempo di fantasticare e premeditare l’atto, spesso colleziona pornografia infantile e frequenta luoghi di ritrovo per bambini, oppure sceglie un mestiere che gli garantisca la vicinanza all’oggetto desiderato (insegnante, allenatore…). Durante l’adolescenza ha avuto scarsi contatti con i coetanei ed il suo interesse sessuale verso i bambini è precoce. In questa categoria esiste un’ulteriore differenziazione: il pedofilo seduttivo. È colui che ottiene la fiducia del bambino seducendolo con tenerezze, regali, attenzioni. Sa riconoscere i bambini trascurati, con scarso sostegno familiare e ne conquista la fiducia sostituendosi alle mancanze del genitore. Riesce così ad abbassare le resistenze, rendendo il bambino “pronto” all’abuso e disponibile a mantenere il segreto». Renderli impotenti, non li renderebbe meno pericolosi socialmente.

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