EcologiaSorpresa, il made in Italy è l’economia più “verde” d’Europa

Meno rifiuti, emissioni, risorse utilizzate: i nostri processi produttivi sono i più green del Vecchio Continente. Secondo il rapporto “Green Italy” di Symbola e Unioncamere, sugli scudi le grandi città e le piccole imprese

Sgomberiamo il campo dai piagnistei e dai luoghi comuni, per una volta. Perché nonostante tutto – le mafie, le ruberie, le terre dei fuochi, o tumorifici come l’Ilva di Taranto – quella italiana è una delle economie sviluppate più verdi del Pianeta, sicuramente d’Europa

A dirlo sono i numeri di Eurostat e del Centro Studi Unioncamere, pubblicati sul rapporto Green Italy di Fondazione Symbola, presentato il 30 ottobre a Roma. Qualche esempio? Ogni 1000 euro di beni prodotti, usiamo 337,1 kg di materie, contro i 361,6 kg dell’Unione Europea, in media, e i 460,8 kg della Germania. Lo stesso vale per le emissioni: noi bruciamo 14,7 tonnellate di olio equivalente, mentre in Europa, in media, se ne bruciano 18,4. E ancora, ogni milione di euro prodotto, creiamo 40,1 tonnellate di rifiuti e 113,3 tonnellate di rifiuti, contro le 88,7 e le 150,6 della media europea.

Sono fatti incontrovertibili, questi, che fanno dell’Italia la seconda economia del Vecchio Continente per eco-efficienza, seconda solo al Lussemburgo, davanti a Regno Unito, Danimarca e Irlanda, con un numero indice pari a 152,7 (dove 100 è la media dell’Unione Europea a 27). Numeri in crescita, peraltro, visto che siamo anche il secondo paese a più alto livello di eco-tendenza, anche in questo caso secondo solo al piccolo granducato, che fa gara a sé.

«Puntando sul green non solo il made in Italy ha coniugato qualità, tradizioni, innovazione e competitività, ma ha aperto la via dell’economia circolare. Un’economia in cui un’Italia che fa l’Italia è già in campo, che è strategica anche per il Pianeta e può rappresentare il nostro contributo alla Cop21 di Parigi».


Ermete Realacci, Fondazione Symbola

«Puntando sul green non solo il made in Italy ha coniugato qualità, tradizioni, innovazione e competitività, ma ha aperto la via dell’economia circolare – ha dichiarato Ermete Realacci alla presentazione del rapporto – Un nuovo modello di sviluppo che somiglia molto a quell’economia a misura d’uomo, che rifiuta lo scarto, attenta alla custodia della casa comune di cui parla Papa Francesco. Un’economia in cui un’Italia che fa l’Italia è già in campo, che è strategica anche per il Pianeta e può rappresentare il nostro contributo alla Cop21 di Parigi».

Alfieri di questa tendenza sono soprattutto i settori classici del made in Italy come la moda e il sistema alimentare, ma anche settori tradizionalmente inquinanti come quello farmaceutico o quello delle produzioni di gomma, plastiche e minerali non metalliferi, in cui si denota una forte crescita tendenziale di processi produttivi eco-compatibili.

Non si tratta, beninteso di beneficenza, né di ecosostenibilità fine a se stessa: «L’evoluzione ecosostenibile di una buona parte del nostro sistema produttivo è stata funzionale alla crescita della qualità delle nostre produzioni e della loro capacità competitiva – ha evidenzia il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello -. È importante fare emergere con queste analisi l’Italia dell’innovazione che scommette sul futuro. Continuare a far crescere questo volto “verde” della nostra economia vuol dire anche adoperarsi per creare un contesto più innovativo e competitivo»

«L’evoluzione ecosostenibile di una buona parte del nostro sistema produttivo è stata funzionale alla crescita della qualità delle nostre produzioni e della loro capacità competitiva»


Ivan Lo Bello, Presidente Unioncamere

Più sorprendente ancora, tuttavia, è constatare come siano le grandi città e le piccole imprese a trainare questa evoluzione. Relativamente agli eco-investimenti, ad esempio, le città che in assoluto e in percentuale, ospitano più imprese green sono Milano, Roma, Napoli, Torino e Bari, con la Lombardia che, tra le regioni, doppia il Veneto secondo classificato. Mentre riguardo alla dimensione d’impresa, è singolare notare come le realtà che assumano più figure “green” – “ciascun lavoratore che applica competenze verdi nello svolgimento di tutte o di una parte delle proprie mansioni lavorative”, secondo la classificazione dell’Eurobarometro – sono quelle con meno di dieci dipendenti. Forse piccolo non sarà più così bello, ma di sicuro è “verde”.