La stima è provvisoria, ma le conclusioni di una nuova ricerca non lasciano troppi margini di incertezza: gli studi fin qui condotti sull’impatto di Expo 2015 sono stati sovrastimati. La spesa addizionale generata dalll’Esposizione universale sarebbe di soli 1,3 miliardi di euro e non di 4 miliardi come stimato dal Certet Bocconi nel 2010 o di 4,3 miliardi come indicato dalla Sda Bocconi nel 2013. A dirlo è un working paper a cui sta lavorando un ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Jerome Massiani, con la collega Giorgia Pizzali. Anticipato in parte da lavoce.info, è stato letto in anteprima da Linkiesta.
Tutto lo studio si basa su una chiave di volta: bisogna depurare la spesa “addizionale” da quella “sostitutiva”. «La pratica di contabilizzare come beneficio dell’evento la spesa dei visitatori locali appare sbagliata in quanto una notevole parte di tale spesa è sostitutiva», si legge nel paper, che ha il titolo significativo di “Per una stima realistica dell’impatto economico dei visitatori dell’Expo 2015. Insegnamenti di un sondaggio presso i visitatori dell’Expo”.
In pratica, tale spesa sarebbe stata realizzata nell’economia locale anche in assenza dell’evento. Inoltre, «non tutta la spesa dei visitatori stranieri è da considerare come una “iniezione”, in quanto una parte di visitatori stranieri dell’Expo sarebbero venuti in Italia anche in assenza di tale evento». Questa “depurazione” viene raccomandata da varie linee guida di governi o enti locali, come quelle commissionate dalle province autonome del Canada o da un Libro Verde pubblicato nel 2011 in Scozia.
«L’onestà intellettuale di chi ha fatto gli studi della Bocconi non è in discussione» premette Massiani a Linkiesta. «Tuttavia mi è apparso subito chiaro che usciva una cifra molto grande. A tutti piace pensare che si sta collaborando a qualcosa che porta vantaggi a molti. Nei due studi della Bocconi, tuttavia, il concetto di flussi addizionali non era stato proprio considerato. L’assunto è che il 100% della spesa fosse addizionale e questo è un concetto un po’ forte».
«A tutti piace pensare che si sta collaborando a qualcosa che porta vantaggi a molti. Nei due studi della Bocconi, tuttavia, il concetto di flussi addizionali non era stato proprio considerato. L’assunto è che il 100% della spesa fosse addizionale e questo è un concetto un po’ forte»
Come fare a capire a quanto ammonta questa spesa addizionale? Con un sondaggio sul campo. Che, in effetti, ha riservato sorprese. In primo luogo la percentuale di stranieri derivante dal sondaggio è stata di solo il 14,5%, mentre prima delle evento le aspettative la davano tra il 20 e il 30 per cento, si legge sempre nel paper. In secondo luogo le risposte a un questionario hanno indicato che circa la metà degli stranieri sarebbe arrivata in Italia anche senza l’Expo. Solo l’altra metà (52%) è da considerarsi addizionale. La loro spesa è pari a soli 0,65 miliardi di euro. A questa cifra si arriva moltiplicando il numero di visitatori complessivi (conteggiati in 20 milioni) per la frazione degli stranieri ottenuta dal sondaggio, la quota addizionale di stranieri, i giorni medi addizionali di permanenza per straniero addizionale (2,7 giorni secondo il sondaggio), la spesa giornaliera media (che per il Certet Bocconi va stimata in 156 euro e che contiene biglietto, alloggio, ristorazione).
Da un sondaggio è emerso che circa la metà degli stranieri sarebbe arrivata in Italia anche senza l’Expo. E che il 99% della spesa degli italiani non va considerata addizionale
I calcoli però non si fermano qui, perché è stato considerato che gli stranieri che sarebbero venuti comunque in Italia possano aver prolungato la sosta per vedere Expo. Anche in questo caso a una stima si è arrivati dopo il sondaggio. Ne emerge che ogni straniero “non addizionale” ha aggiunto 1,7 giorni alla visita. A conti fatti, si ottengono altri 0,37 miliardi di euro.
E gli italiani? Qui lo studio fa una scelta forte, partendo dal sondaggio. Di fatto si prende come addizionale solo la spesa di chi, invece che andare all’estero, ha deciso di rimanere in Italia a causa dell’Expo. Dal sondaggio emerge che gli italiani da considerare addizionali sono solo l’1 per cento. La stima della spesa addizionale è di soli 0,17 miliardi di euro.
Per arrivare alla spesa di 1,3 miliardi bisogna fare ancora un paio di passaggi matematici. Si prende la somma fin qui ottenuta (1,19 miliardi), si considera la “produzione” totale utilizzando un moltiplicatore di 2,6 basato su matrici usate dal Certet Bocconi e si moltiplica questo per un valore di 0,43. Il risultato è di 1,33 miliardi di euro.
La stima sul valore aggiunto che si ottiene è di 1,3 miliardi di euro, meno di un terzo dell’impatto stimato dagli studi precedenti all’Expo. Anche essendo più generosi sulla stima della spesa degli italiani, non si supererebbero i 2 miliardi
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Ma siamo sicuri che non si possa andare oltre, soprattutto per quanto riguarda la spesa degli italiani? Su questo punto Massiani dice che si stanno facendo degli approfondimenti e che sono stati presi contatti con diversi enti per poter monitorare l’andamento dei consumi di una serie di famiglie campioni. «Gli elementi ora disponibili si pronunciano tuttavia a favore di un effetto molto limitato, per non dire trascurabile di riallocazione fra consumi e risparmi», si legge nel paper. Non è escluso che la stima della spesa non salga di qualcosa. «Se consideriamo che i soldi spesi dagli italiani nell’Expo non sarebbero stati spesi diversamente, e che quindi una porzione più grande della spesa degli italiani sia da considerare addizionale, possiamo arrivare anche a 2 miliardi di euro. Ma si tratterebbe di un elemento fragile nella ricerca».
Anche per quanto riguarda gli effetti nel lungo periodo, il docente di Ca’ Foscari invita a non sopravvalutare l’impatto. In questo caso si citano studi spagnoli, i quali hanno mostrato come l’effetto Expo (o altro grande evento) sia più evidente nei due anni prima che in quelli successivi. «Barcellona 1992 è stato un caso particolare – commenta -: la città aveva un potenziale turistico altissimo ma poca esposizione mediatica internazionale. Milano ha invece un’alta esposizione mediatica internazionale. Gli effetti positivi forse non saranno così forti».
Un sondaggio ha rivelato che la maggior parte delle persone nel sito di Expo non sapevano indicare le sedi delle esposizioni precedenti, come Yeosu o Saragozza
C’è un altro argomento che Massiani usa, ancora una volta sulla base di un sondaggio presso Expo. È stato chiesto, semplicemente “quali Expo precedenti vi ricordate”?. «Pochissimi casi sono stati citati – racconta Massiani -. Se di Shanghai si ricordavano, la città coreana di Yeosu (del 2012, quindi un’Expo internazionale e non universale, ndr) o Saragozza (del 2012, anch’essa internazionale) non sono stati ricordati da quasi nessuno».
Reazioni all’anticipazione dello studio apparsa su Lavoce.info, spiega Massiani, non ci sono state in campo accademico. «Sono disposto a parlarne in un ambiente costruttivo – dice -. Sarei anche a mio agio con chi ha lavorato presso Expo. Dal punto di vista tecnico è un evento riuscito. È stato fatto al meglio che si poteva fare».